Il mondo nella concezione religiosa dell’Edda – Nove Mondi – Il mondo di Odino – Il mito di Thor

Tratto da Mitologia Nordica di Luigi Lun. Edizioni Settimo Sigillo.

Tutto il mondo viene immaginato, secondo il mito del Nord, sotto la forma dell’ immenso frassino Yggdrasil. Odino  stesso   è  considerato   quale   maggior frutto di quest’albero  che  è il più grande e  nello stesso tempo il più strano : i suoi rami si estendono per tutto il mondo e raggiungono anche il cielo stesso. Tre sono le  radici :  una è  fissata  nella  terra degli dei, l’altra nella terra dei giganti, la terza scende giù nella terra delle nebbie. Vari  animali rosicchiano la gigantesca pianta, chi alle radici e chi ai germogli ; per di più un’aquila che vede e di conseguenza sa molte cose, sta nel fogliame verso la cima del   frassino universale, e uno sparviero le tiene compagnia ; uno scoiattolo  corre su  e giù per  l’enorme fusto. Parte dell’albero incomincia già a marcire — preavviso questo che la fine degli  dei e del  mondo non è più molto lontana — serpi  maliziosi e  velenosissimi girano tra i rami.

Alle radici del frassino eccovi le nome che in-naffiano la pianta e la circondano di concime per mantenerla in vita più a lungo. In quel luogo si trova anche la più chiara di tutte le fonti, la fontana di Urd. Inoltre vi è la sorgente di Mimir, che è un gigante che custodisce la sapienza ivi riposta. Quando vi si recò Odino, dovette lasciarvi in pegno l’occhio destro prima di poter assaggiare la meravigliosa acqua.

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I mondi stessi sono nove, come dice l’Edda ( Voluspa II) :

« Nove mondi conosco — nove rami so io stendersi dal forte albero — nella polvere della terra ».

Sia Wafthrudnir il saggio gigante come Alvis l’onnisciente nano hanno girato per tutt’e nove i mondi e conoscono tutto. E in corrispondenza dei nove mondi si parla talvolta anche di nove cieli (invece di tre) e di dodici sale nella Valhalla. — Vi è un mondo delle nebbie {Niflheim) e un mondo del fuoco (Muspelheim) ; vi è pure il mondo tenebroso e poco simpatico in cui abitano i nani, il mondo dei giganti, il inondo degli uomini e quello dei vani ecc. Il luogo riservato ai mortali è detto Midgard ossia « mondo nel mezzo», vale a dire centro della terra. La sede più ambita dopo la morte è invece Valhalla, la grande sala riservata agli dei ed agli eroi morti in combattimento.

Il Midgard non è piccolo come si potrebbe pensare a prima vista, o come potrebbe immaginarselo chi non ha viaggiato, chi non ha mai lasciato la sua terra nativa: si estende verso tutte le direzioni, fin dove scende il cielo sulla terra e l’Oceano lambisce le rocce. Lì, al confine del mondo, eccovi il grande abisso in cui si precipitano giù le acque con immenso fracasso. In quel luogo si trova anche il bivio: una strada porta giù alla terra dei morti e un’altra, per cui sembra che non sia passato mai nessuno, porta in alto: è la via dell’arcobaleno che arde sempre.

Là al confine del mondo, cioè al confine di Midgard, si trova Utgard, la « terra di fuori », dove tutto è strano e strambo, tutto terribile e non adatto alla vita degli uomini. Giganti, lupi ferocissimi e anime senza pace vagano sempre nel buio e nelle nebbie, tra paludi e ghiacci. Spettri mai immaginati offuscano la mente di chi vi entra, e lo confondono fino a portarlo alla disperazione ; e oggetti inanimati, quali pietre e tronchi d’alberi si trasformano ivi in esseri viventi, orrori e terrori, e non v’ è via d’ uscita per chi una volta vi è entrato. Orribili sono pure le donnacce che abitano nella selva detta « bosco di ferro » : donne colle grinfie e nasi aguzzi come le spade.

L’inglese Beowulf così parla del Midgard ossia del mondo degli uomini : « Un tale che ben conosceva tutte le sorti del genere umano e tutte le vicende del passato, ha detto che l’Onnipotente ha creato la terra e le sue ridenti contrade bagnate dalle acque, e che Dio ha messo il Sole e la Luna quali luci per i popoli della Terra e ha coperto questa stessa con rami e foglie …. » (1). Che contrasto con il mondo degli spiriti e degli spettri, dove le rocce scendono a picco e lasciano aperto soltanto uno stretto sentiero, sconosciuto ed orribile, dal quale può passare un solo uomo e si cammina tra paure e guai di ogni sorta ; costì esiste un bosco cupo che si erge sopra un terreno sassoso e infertile. Serpenti mai veduti altrove guizzano nelle acque, e nani insidiosi stanno all’agguato sui pochi lembi di terra piana.

Ma il Midgard non appartiene sempre agli uomini: solo di giorno. Quando il sole scende dietro le montagne e la gente si ritira nelle case, anche il « mondo degli uomini » è in balia di feroci e selvaggi elementi; l’aspetto della terra infatti non è uguale di giorno e di notte. Specie tutti gli orrori, imprigionati di giorno dalla luce del sole, ridiventano vivi di notte e girano spaventando la gente, e Tutti i morti  dice un proverbio scandinavo « hanno più potere di notte che non durante il chiaro giorno ».

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Odino nel Nord, Wodan nel Sud è  il  nome  potente del più potente degli dei nordici : è il demone della tempesta e condottiero della caccia notturna, il psicopompo delle anime dei defunti ; il nome stesso significa il « furibondo », l’anima senza posa e senza pace, il soffio vitale di quanto vediamo e sentiamo; diventa in seguito il padrone della vita e della morte degli eroi, il giudice supremo su ogni campo di battaglia; più tardi, è ritenuto anche il più saggio e più sciente di tutti gli dei. Ad Odino sono sacrati infatti tutti gli impiccati, e le sue valchirie raccolgono i combattenti morti per portarli alla Valhalla. E il tenebroso Odino gira per i nove mondi, o a piedi o sul suo cavallo dalle otto gambe, col largo cappellone in testa, con un solo occhio, coperto da un ampio mantello che svolazza nel vento. L’aquila e il corvo sono i suoi uccelli caratteristici e il lupo gli è il più caro tra i quadrupedi (2).

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I cantastorie della penisola scandinava cantarono ben presto Odino quale capo degli dei della Valhalla, e Tyr e Thor suoi figli. Ad Odino gli altri dei devono obbedienza come ad un re. Nelle di lui mani è l’asta infrangibile che dà o toglie la vittoria ; sul capo porta un elmo d’oro e due corvi che lo accompagnano sempre, gli sussurrano all’orecchio tutte le novità. Odino è bello e terribile a vedersi nello stesso tempo, con l’unico occhio, seduto sul seggio nel cielo. Chi viene « segnato » dalla lancia di Odino è condannato a morte ; Eirik, re degli svedesi, getta la propria lancia sulle schiere nemiche dicendo : « Vi sacrifico tutti ad Odino ». Odino è pure il testimonio  per le vendette di sangue, è il nocchiero che trasporta le anime dei defunti nell’ai di là, è il capo stipite di tutti i re e di tutti gli eroi, è il protettore dei coraggiosi ed è invocato dai marinai quando si alza la tempesta. In genere gli si immola una vita umana : un re o un grande eroe di preferenza.

Odino e i suoi eroi, gli einheriar, stanno nella Valhalla pensata come un grande anfiteatro romano con 540 porte ; attraverso la « porta dei morti » vi si accede, accompagnati per lo più da una valchiria. Odino si nutre solo di vino, mentre i suoi eletti ban-chettano e giostrano. Certi mortali sono accolti con particolari onori nella Valhalla (almeno secondo la tradizione degli skaldi) : così re Eirik e re Hakon.

Ma Odino è pure il signore della poesia e della magia, come vedremo  più  in là ; e  per apprendere fante cose, si sacrificò a se stesso, come dicel’ Edda, «Odino ad Odino», per nove notti. Si trasformò in serpe per acquistare la bevanda dei poeti che, sotto forma di aquila, portò agli dei ed ai veri poeti. Talvolta Odino — secondo Giove — ha pure delle avventure amorose ; anzi si vanta di  conoscere un rimedio per conquistare l’amore di ogni donna, fosse anche la più restia alle sue tentazioni.

Accanto al  concetto  nordico del potente e brillante «re» Odino sta quello germanico che conservò di più le caratteristiche  originali  del  dio dei  morti che risiede nel  cavo di  una  montagna  donde ogni tanto esce e rientra. Odino comanda sulle messi, sul vento e sul  raccolto in  generale; egli  stesso  dà il nome e la vittoria ai longobardi; è lui che conosce le rune magiche,  che  può curare  e  far ammalare, che decide sulla vita e sulla morte degli eroi e degli uomini. — Un antico proverbio tedesco dice :

Wode, hale dinem rosse nu Voder,

nu Distel unde Dorn,

thom andren Jahr beter Korn !

(«Odino, prenditi ora il mangime per il tuo cavallo, cardi e spine, e l’anno venturo dacci un pò di grano migliore ! »).

Il culto di Odino, originario probabilmente nella Baviera o comunque nella Germania superiore, si estese lentamente verso il Nord: i sassoni si recano in Gran Bretagna (nel quinto secolo) invocando Odino; e verso Sud, i longobardi portarono seco il suo culto, quando, pure nel quinto secolo dopo Cristo, si diressero in Italia. Nella Svezia la denominazione Saxa god per Odino (cioè  «dio dei sassoni») palesa la sua origine dal centro della Germania; presso Tacito lo troviamo identificato col romano Mercurio.

Gli inglesi sono rimasti più fedeli ad Odino che non i tedeschi ; infatti quelli hanno tuttora il  Wednesday, il «giorno di Odino » invece dello scialbo Mittwoch « metà della settimana ».

E come Indra presso gli antichi indiani, Giove presso i greci, così anche Odino e Thor (v. sotto) combattono contro i draghi, come più tardi, nel medio evo cristiano, San Michele e San Giorgio, e nella leggenda eroica il Beowulf inglese, il Sigurd nordico e il Sigfrido olandese,  Teodorico da  Verona ecc.

Più alla portata di tutti, un vero dio delle masse, è invece Thor o Donar, il dio del tuono e del fulmine ; il suo ricordo è rimasto nel giovedì inglese (Thursday) e in quello tedesco (Donnerstag). La sua caratteristica principale sono un’immensa forza e una certa ingenuità. È Ercole e Giove nello stesso tempo; lancia il suo fulmine e colpisce col suo martello, ed era indubbiamente, in origine, una forza della natura, probabilmente il temporale, divinizzato. Gli si sacrificavano animali e si riteneva che i boschi, specie i querceti, gli fossero sacri. La venerazione più grande la ebbe Thor presso i norvegesi : presso quel popolo era rappresentato quale potente re, dalla lunga e rossa barba, con una cintura che gli dava immensa forza, col martello Miolnir in mano e su un carro trascinato attraverso l’aria da due montoni, e sempre in lotta acerrima con i giganti (cioè colle forze dannose della natura).

I neonati  venivano messi  sotto la protezione di Thor (e numerosi nomi composti con esso esistono tuttora nei paesi scandinavi); con un colpo di martello si benediva il matrimonio, con un altro il rogo ove si cremava il morto, e col lancio dello stesso martello si designava la priorità della terra. Thor proteggeva le sedute del tribunale, le navi e le case. E se qualcuno voleva dar molto peso alle proprie affermazioni, aggiungeva: «Per quant’è vero che Thor mi aiuta». I giganti furono l’obiettivo principale della lotta di Thor, ed erano essi a rubargli il suo terribile martello, l’unica sua arma. Per riaverlo si dovette travestire da donna e recarsi nel loro paese. In una avvenuturosissima gita conquistò agli dei un immenso catino che tolse al gigante Hymir. Anche il principe dell’oltretomba, il gigante Geirrodr, venne ucciso dal forte Thor. Un’altra volta invece, durante una sua assenza prolungata, gli fidanzarono la figlia col nano Alvise; al suo ritorno Thor non ne volle sapere, e chiese che il nano gli dimostrasse la propria intelligenza, cosa a cui l’astuto nano, si dichiarò subito pronto; ma il dio fu ancora più scaltro del nano e protrasse le sue domande per tutta la notte fino al mattino seguente quando sorse il sole e sotto i raggi del sole nascente fu trasformato in pietra. Ma l’avventura più interessante di Thor è quella del suo viaggio: Thor si reca ad Utgardalocki. Egli dorme la notte nel guanto di un enorme gigante e viene schernito dal gigante stesso; quindi, colpito dal martello del dio, domanda soltando, svegliandosi, se una foglia o una ghianda fosse caduta dall’albero. Nella reggia dei giganti il dio appare come un nano e non riesce nelle tre prove che gli vengono poste, perché vi è l’inganno sotto.

Tutte queste storie di Thor ebbero la loro origine e la loro diffusione nell’ambiente contadinesco della Norvegia e dell’Islanda. Molte coserelle, specie quelle a sfondo umoristico, sono di data assai recente e non si colleganoo affatto con gli  antichi miti nordici, Di  data  piuttosto   recente  è  anche  il colloquio tra  Odino e Thor, in cui i due dei si offendono a vicenda ; Odino rappresenta in quel caso l’esponente della  cricca   nobile,  desiderosa   di   avventure,   amante di guerre e  lotte  ed  esperta  alquanto  nelle arti, nelle lettere e nelle truffe ; Thor invece il  pacifico contadino, laborioso e tenace, buono e forte nello stesso tempo ;  e   mentre  Odino  è  il   capostipite  presunto della nobiltà, Thor è in continue faccende in mezzo al popolo ed è venerato particolarmente da questo (3). La festa maggiore in onore di Thor la si festeggiava d’inverno, e allora si beveva anche la Donars-Minne. Ancora al tempo del fanatico Bonifazio (750 d. Cr.)  si sa che  sacerdoti  cristiani  veneravano di nascosto questa divinità pagana il cui culto era diffuso anche nel territorio celtico; le Donnerblumen e il  Donnersberg si   sono  conservati  fino  ad oggidì. Nelle tradizioni medievali spesso subentra San Pietro al posto di Thor. Thor tiene come insegna specifica il martello, S. Pietro  le chiavi e  tutt’e due provvedono secondo la credenza  popolare al  buon tempo  per i  campi e  le  messi ;  ed  il  fracasso  del tuono  nasce dalle ruote del carro di Thor o dai birilli buttati giù dalla palla di San Pietro.

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