Principi e virtù delle SS: «il mio onore si chiama fedeltà»

Tratto da SS-Hauptmat, Die SS, Geschichte und Aufgabe, 1943-44

Solo il sangue nobile, solo la razza vera sono alla lunga in grado di assicurare efficaci realizzazioni! Questa è la constatazione principale con la quale iniziò la sua opera Heinrich Himmler, sin dal suo primo ordine in qualità di Reichsführer delle SS del 20 gennaio 1929. […]

Così il vecchio commilitone e soldato cominciò la sua tenace selezione, consapevole dell’obiettivo da raggiungere, sulla base della quale intratteneva rapporti con ognuno di coloro dei quali sapeva che erano realmente il meglio che la nazione offriva in fatto di sangue e di carattere. Furono soprattutto quattro gli orientamenti e le virtù principali che determinarono la loro scelta.

1. Razza e stirpe.

«Procedemmo come colui che coltiva sementi, che vuole ricondurre alla purezza una specie buona e vecchia che si è mescolata e degradata, andando dapprima sul campo per la cosiddetta “selezione preliminare”, ossia per scremare da un punto di vista puramente esteriore gli uomini che non credevamo potessero servire per la creazione delle SS.

Il tipo della selezione si concentrò sulla scelta di coloro che si approssimavano maggiormente fisicamente all’ideale dell’uomo nordico. Dove giocavano segni esteriori quali l’altezza e un aspetto razzialmente conforme!» Così si espresse una volta il Reichsführer ed è merito suo decisivo aver percorso coraggiosamente e con convinzione questa strada in un’epoca in cui nelle file stesse del movimento la questione della razza era un concetto ancora assai poco chiaro. […] Qui per la prima volta la questione della razza divenne centrale, ben oltre un concetto negativo, derivante dal naturale odio per l’ebreo. Il pensiero rivoluzionario del Führer aveva ricevuto linfa vitale.

È chiaro che con lo svilupparsi delle esperienze in questi campi le prescrizioni per la selezione divennero di anno in anno più dure, più incisive rispetto al vero nodo delle cose […] ciò che è stato conseguito non è e non deve essere che un frammento e nell’imponente programmazione della selezione degli uomini non potrà mai esserci sosta o fine.

Non esiste infatti una SS che risponda a priori alla regola! Ogni generazione di uomini delle SS sarà migliore della precedente. […] Ma non potremmo avere successo alla lunga nella nostra grande opera solo con la selezione razziale e con la costruzione di una compagine di uomini. No, tutte le misure dovrebbero rivelarsi addirittura insensate nel momento in cui trascurassimo le donne degli uomini selezionati, le loro future famiglie, la loro stirpe. […]

Per questo, avvertendo chiaramente ciò, il Reichsführer delle SS emanò, il 31 dicembre 1931, una delle più incisive e più importanti leggi delle SS, l’«Ordine sul matrimonio».

Allora, quell’ordine fece in Germania l’effetto di una bomba. Per un sistema fondato su principi liberali, per molti individui che vivevano alla giornata, passando da un piacere all’altro, nel nostro popolo doveva sembrare addirittura incomprensibile. Per loro rappresentava l’intervento più brutale nella cosiddetta «libertà personale». È comprensibile che la stampa e la propaganda ebraica sottolineassero questo punto di vista con la dovuta energia.

2.            Volontà di libertà e spirito di battaglia.

Seconda virtù e direttiva sono la volontà di battersi e un indomabile impulso di libertà: per questo, secondo leggi non scritte, l’uomo delle SS, dovunque fosse possibile, doveva essere il migliore — in battaglia, nelle piazze, nel campo sportivo, più tardi nella più grande delle guerre di liberazione. Tanto migliore era il nemico, tanto meglio per le SS! Infatti la definizione di formazione d’elite poteva essere portata con pieno diritto; solo le SS erano la migliore forza anche sul piano della resa effettiva. […]

3.            Fedeltà e onore.

La fedeltà vincola le SS dal Reichsführer all’ultimo uomo e li lega tutti come camerati al Führer.

La fedeltà comincia solo quando sia stato assolto il dovere — questa sacra consapevolezza fa sì che l’uomo delle SS sia insuperabile come seguace del Führer. Il Reichsführer l’ha espresso con queste parole: «Uomini delle SS, fate più del vostro dovere!»

Egli proclama la fedeltà come ulteriore virtù fondamentale delle SS, che plasma la loro opera e la loro natura, affermando: «Come insegniamo all’uomo delle SS, molte cose si possono perdonare su questa terra, una però mai, l’infedeltà. Chi viola la fedeltà, si esclude dalla nostra società. Poiché la fedeltà è una questione di cuore, mai dell’intelletto. La ragione può vacillare. Il che è talvolta dannoso, mai incorreggibile. Ma il cuore deve avere sempre lo stesso battito, perché se cessa, l’uomo muore, proprio come accade a un popolo che infranga la fedeltà. Intendiamo la fedeltà di ogni tipo, fedeltà al Führer e pertanto al popolo tedesco, germanico, alla sua coscienza e alla sua specie, fedeltà al sangue, ai nostri avi e nipoti, fedeltà alla nostra stirpe, fedeltà al camerata e alle leggi irrevocabili del decoro, della decenza e della cavalleria. Non si pecca contro la fedeltà e l’onore soltanto se si lascia offendere senza reagire il proprio onore o quello delle SS, ma soprattutto non rispettando l’onore degli altri, deridendo cose che per altri sono sacre o non comportandosi da uomo e con decoro per gli assenti, i deboli e gli inermi».

4.             Obbedienza incondizionata.

È un’obbedienza che è particolarmente gravosa perché è del tutto volontaria e richiede tutti i sacrifici che un uomo può fare in superbia personale, onori esteriori e molte altre cose ancora che gli sono care. Richiede l’impegno incondizionato senza il minimo indugio e l’esecuzione di ogni ordine del Führer anche quando il singolo dovesse credere di non potere intimamente farcela.

In definitiva quest’obbedienza richiede il massimo di controllo e di padronanza; anche nei confronti della più ardente voglia di libertà, quando fosse proibito muovere contro il nemico a onta dell’estrema vigilanza. Il veterano delle SS sa che cosa significa proprio quest’ultimo punto. Non ha dimenticato gli anni della lotta, dell’attesa, quando si sentiva strappare i pugni, quando ogni camerata non era sostenuto che dall’odio sconfinato: «Abbasso con questo maledetto sistema!»

[…]. Ma l’ordine del Führer non venne. Ed essi rimasero in silenzio ad attendere.

La SS è fiera in tutti questi anni di aver guardato soltanto a lui, di avere ubbidito soltanto a lui e di avere creduto incondizionatamente alla sua vittoria. Essa ha assolto alla richiesta di incondizionata obbedienza come nessun’altra formazione prima di lei.

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