Clemens Wenzeslaus Brentano De La Roche

Clemens Wenzeslaus Brentano De La Roche

Clemens Maria Brentano

a cura di Barbara Spadini

 

 

“ Nel lontano reame di Polliburgo, in mezzo a una selvaggia foresta, viveva un nobile signore di nome Cocco, insieme alla moglie Cocca e alla figlia Coccodina.
I tre abitavano in un antico castello dove non c’era nulla di superfluo, per la ragione che mancava tutto, a cominciare dagli usci alle porte e dalle imposte alle finestre. Aria e sole invece abbondavano, perché il tetto era rovinato e la stessa sorte avevano subito scale e soffitti….”

 

«Potevo cantare e chiamare quanto volevo: il vecchio Reno non mi sentiva. Quando mi voltai mestamente e guardai lì dove un tempo sorgeva il mio mulino, vidi mia madre, la bella Loreley, seduta sulla ruota rovesciata del mulino con le sue sette damigelle».

Lureley

Singet leise, leise, leise,

Singt ein flüsternd Wiegenlied,

Von dem Monde Iernt die Wiese,

Der so still am Himmel zieth.

Denn es schlummern in dem Rheine

Jetzt die lieben Kindlein klein,

Ameleya wacht alleine

Weinend in dem Mondenschein.

Singht ein Lied so süß gelinde,

Wie  die Quellen auf  den Kieseln,

Wie die Bienen um die Linde

Summen, murmein,flüstern,rieseln.

 

 

Opere Principali

Godwi oder Das steinerne Bild der Mutter. Ein verwilderter Roman von Maria ,1801

Ponce de Leon, 1804

Des Knaben Wunderhorn, 1805

Die Gründung Prags, 1815

Geschichte vom braven Kesperl und dem schönen Annerl, 1817

Chronika eines fahrenden Schülers, 1818

Das bittere Leiden unseres Herrn Jesu Christi, 1833

Italianische Märchen,1846(postuma)

Rheinmärchen, 1847 ( postuma)

Principali traduzioni italiane

 

Arnim  Achim von; Brentano Clemens: Il corno magico del fanciullo, ( tit. orig. Des Knaben Wunderhorn) (M. Cavalli, D. Del Corno, curatori); Rizzoli ed.

Clemens Brentano, Fiabe del Reno (Rehinmärchen), traduzione di Luisa Coeta, I grandi della letteratura, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1968.

Clemens Maria Brentano, Fiabe del vecchio Reno (Rehinmärchen), traduzione e nota di Rossella Franceschini, Il Rosone, Santi Quaranta, Treviso, 2007.

Clemens Von Brentano, Paggio Cervellofino e altre fiabe, a cura di Rossana Valeri Guarneri, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1976.

Vita della santa Vergine Maria. Testo raccolto da Clemens Brentano Autore: Emmerick Anna K. Curato da Brentano C. Traduttore: Giovetti P. Editore: San Paolo Edizioni Collana: Modello e presenza, 2007

Brentano Clemens, La passione secondo Anna Katharina Hemmerch, Tilopa ed., 1990

Clemens Brentano, poesie, a cura di R. Fertonani, Ed. Guanda 1997

 

Clemens Brentano, Poesie, Mondadori, Milano 1988

 

Critica consigliata

Antologia della poesia tedesca, a cura di R. Fertonani – E. Giobbio Crea, Milano 1977

Brentano Clemens M.,a  cura di R. Fertonani , Collana:  Poeti della Fenice, Guanda Edizioni, 1997

Giovetti P., La monaca e il poeta. Anna Katharina Hemmerich e Clemens Brentano, collana  I protagonisti, S.Paolo edizioni,2000

Links consigliati

 

http://gutenberg.spiegel.de/

www.deutschelyrik.de/…/progetto-poesia-tedesca

www.propheties.it/mystics/emmerich.htm

www.santiebeati.it/dettaglio/92102

http://www.lerotte.net/download/article/articolo-97.pdf

digilander.libero.it/ciapessoni.sandro/1trimestre_08.html

 

Biografia e Poetica

(a cura di Barbara Spadini)

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Nota sulla figura della beata Anna Katharina Emmerick (1774-1824)

La: “Vita di Maria” è il più famoso tra i libri  nati dal sodalizio tra la monaca stigmatizzata tedesca Anna Katharina Emmerick  ed  il poeta romantico Clemens Brentano.

La Emmerick, figlia di poveri contadini, aveva fin da bambina visioni dettagliatissime della vita di Gesù, della Madonna e dei santi e negli ultimi anni della sua vita, quando malatissima – era costretta permanentemente a letto- le raccontò a Clemens  Brentano, che le trascrisse e dopo la morte di lei le strutturò in vari volumi tematici.

Anna Katharina Emmerick nacque nel 1774 a Flamske (o Flamschen), presso Münster, in Germania, e fin da giovane manifestò una particolare devozione alla passione del Signore.

Entrata nel 1802 fra le agostiniane di Agnetenberg, subì non pochi contrasti a motivo degli speciali doni soprannaturali di cui era favorita.

Quando, nel 1811, le leggi napoleoniche soppressero il convento, venne accolta in una casa privata a Dülmen.

Nel 1812 ricevette le stimmate ai piedi e alle mani. Costretta sempre a letto dalle malattie e da una debolezza continua, conobbe nel 1818 Clemens Brentano, che prese a registrare le visioni e le contemplazioni della passione del Signore, di cui la Emmerick, in mezzo a gravi sofferenze, fu a lungo favorita. Morì il 9 febbraio 1824.(nota a commento del libro: La monaca e il poeta. Anna Katharina Hemmerich e Clemens Brentano, op. cit.)

 

 

Segue, dopo la sezione “scelta di poesie” , un articolo di grande interesse riguardo il rapporto umano e cristiano fra la Emmerich e Brentano ( in : www.digilander.libero.it/ciapessoni.sandro/1trimestre_08.html)

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Nota su Bettina Brentano

“La bellezza è il nutrimento dell’anima”

Bettina von Arnim

“Amico mio! Sono sola: tutto riposa e il pensiero che sia passato tanto tempo da quando ero con voi mi tiene sveglia. Forse, questo è stato il più grande avvenimento della mia vita; forse è stato il momento più intenso, più beato momento, non ci saranno più giorni altrettanto luminosi, li rifiuterei.”
Bettina Brentano von Arnim,
Lettera a Goethe del 1 agosto 1807

Sorella di Clemens Brentano e moglie di Achim von Arnim, autorevoli poeti romantici tedeschi, Bettina Brentano von Arnim fu amica di Johann Wolfgang von Goethe con il quale tenne una fitta corrispondenza realistica ma a volte trasfigurata (Carteggio di Goethe con una bimba, 1835) che oggi ha quella struggente ed evidente espressività conducibile involontariamente al Romanticismo, a quei momenti di grazia che seguirono la nascita e la diffusione in Germania del movimento letterario, artistico e filosofico che trasformò la mentalità del mondo intellettuale precedente. Lei stessa incarnò lo spirito romantico in opere come La corona primaverile e La Gunderode permeate di quella riflessione surreale ma intimistica che l’allontaneranno dalle poetiche contemplative e filosofiche del fratello e del marito ma che le permetteranno comunque di conquistare un posto di rilievo nella storia letteraria tedesca di quegli anni.

Nata a Francoforte nel 1785 da Pietro Antonio Brentano appartenente ad una famiglia di mercanti italiani e da Massimiliana Laroche figlia della romanziera Sofia, Bettina Brentano von Arnim trascorse la prima parte della sua giovinezza presso la nonna che le presentò Goethe essendo lei stessa sua grande amica. Suo fratello Clemens fu il suo mentore e l’appassionò con la poesia dell’epoca, soprattutto del già citato Goethe. Nel 1818 sposò Achim von Arnim, amico e collaboratore di suo fratello Clemens, e divenne madre di sette figli. Alla morte di suo marito (1831) Bettina continuò la sua opera versatile. La morte la colse a Berlino nel 1859 quando il Romanticismo stava lasciando il posto alle idee che sarebbero convogliate nel Realismo di metà secolo.

Bettina von Arnim non si dedicò esclusivamente alla scrittura, ma anche all’arte visuale come illustratrice e alla musica come compositrice e cantante avendo studiato canto, composizione e pianoforte a Monaco dal 1808 al 1809 e fu la prima a musicare l’opera del poeta Hölderlin. Una personalità dunque eclettica ed esuberante che la separava dal resto e dal contesto, grazie alla sua nascita in una famiglia poliedrica e antidogmatica che permise ai suoi illustri membri di esprimersi creativamente con risultati eterni grazie anche al cenobio di artisti con i quali le vecchie e nuove generazioni entrarono in contatto: il già citato Goethe, Beethoven, i fratelli Grimm e altri. I grandi della musica come Robert Schumann, Franz Liszt e Johannes Brahms l’ammirarono per il suo spirito comunicativo e per il suo stile anticonformista caratterizzato da armonie insolite e creazioni estemporanee.

La sua opera più famosa resta in ogni caso il carteggio con Goethe. Gli originali delle lettere furono trovati dopo la sua morte e fu espressa l’ipotesi di una rielaborazione della corrispondenza. Fu dunque eseguita un’accurata comparazione fra le lettere autografie con quelle pubblicate e si notò che l’ipotesi fosse priva di fondamento poiché le lettere di entrambi erano visibilmente più confidenziali rispetto alle presunte lettere formali e prive di un qualsiasi coinvolgimento emotivo. Tuttavia, Bettina aggiunse comunque del suo in modo da renderla un’opera letteraria che incarnasse lo spirito del tempo ma dopotutto questo lo fanno tutti gli scrittori, dare alle proprie opere il colore della loro epoca.( testo di Sabrina Bottaro in www.viaggio-in-germania.de/bettina-brentano-arnim.html)

 

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Nota: “Il circolo di Heidelberg” e “Achim von arnim”

Un secondo gruppo romantico importante si costituì a Heidelberg nel 1804-06 intorno a C. Brentano e A. von Arnim, che pubblicarono la celebre raccolta di antichi canti popolari tedeschi Il corno magico del fanciullo (1806-08), esempio paradigmatico dell’interesse del romanticismo per il Medioevo e per le tradizioni popolari nazionali. Il clima romantico a Heidelberg, coltivato da F. Creuzer, J. Görres, i fratelli J. e W. Grimm, fu molto particolare: oltre all’amore per la poesia popolare (Arnim), per le saghe germaniche e per le fiabe (Grimm), per il mondo simbolico arcaico (Creuzer), si diffuse lo studio della natura in opposizione al newtonianesimo e al meccanicismo settecentesco. Già a Jena, sulla scorta dell’ispirazione di Goethe e delle nuove scoperte di L. Galvani sul magnetismo animale, aveva preso avvio un’interpretazione finalistica, spiritualistica e qualitativa della natura, che vagheggiava la nascita di una “biosofia” come scienza unitaria della vita soggettiva e oggettiva. Queste tendenze fantasiose e mistiche si accentuarono a Heidelberg, soprattutto con Görres, e poi a Monaco con F. von Baader, mettendo capo a intuizioni analogiche che riprendono la sapienza magica e alchemica precedente la nascita delle scienze moderne.

Achim von Arnim

Achim (Ludwig Joachim) von Arnim (Berlino 1781 – Wiepersdorf, Dahme, 1831) studiò giurisprudenza e fisica a Halle, pubblicando nel 1799 un saggio sui fenomeni elettrici. Dal 1801 si dedicò alla letteratura, anche sotto lo stimolo di C. Brentano, in collaborazione con il quale pubblicò la celebre raccolta di antichi canti popolari tedeschi Il corno magico del fanciullo (Des Knaben Wunderhorn, 1806-08). Fu autore di due ampi romanzi: Povertà, ricchezza, colpa ed espiazione della contessa Dolores (Armut, Reichtum, Schuld und Buße der Gräfin Dolores, 1810), che narra la minaccia condotta a un matrimonio nel quale la protagonista si lascia sorprendere dai soprassalti della passione; e l’opera forse più impegnata, l’incompiuto I custodi della corona (Die Kronenwächter), nel quale prende di mira la celebrazione dell’impero tedesco medievale. Arnim spicca in particolare però per gli splendidi racconti Isabella d’Egitto (Isabella von Ägypten, 1811), Il pazzo invalido di Fort Ratonneau (Der tolle Invalide auf dem Fort Ratonneau, 1818) e I signori dei maggioraschi (Die Majoratsherren, 1820). In essi una prepotente fantasia altera il realismo di fondo generando scenari ora surreali ora grotteschi. Si caratterizzò anche per una vasta produzione lirica variamente accolta successivamente dalla critica.( nota in www.deagostiniedicola.it)

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Parlare di Clemens Brentano significa avvicinarsi ad un poeta e scrittore veramente particolare: giramondo, narratore, Peter Pan perduto nel mondo dell’infanzia ed alla ricerca dell’infanzia perduta, colto, gioviale e triste insieme, profondo e nello stesso tempo giocoso e divertente. Eppure  per sei anni con pazienza e Fede, rimase ad ascoltare e a raccogliere scrivendo le visioni mistiche della beata Emmerich, come vedremo poi.

Grande conoscitore di leggende e tradizioni tedesche,  reinventore di tutti i generi della letteratrura tedesca in ognuno dei quali egli sperimentò e si cimentò con entusiasmo, sfortunato negli affetti e inventore meraviglioso di storie per bambini, che non volle pubblicare in vita, col senso del pudore di trovarle solo “divertimenti privati”, che leggeva ed interpretava davanti agli amici,   fu il più noto dei romantici tedeschi e di  personalità originale e poliedrica come le sue favole, che possono essere lette  nel modo più vario, quindi autobiografico, mitologico, storico,metaforico, letterario.

All’interno delle sue prose, incastonate come gioielli nelle fiabe , affiorano le sue liriche più belle e ancor meglio si gustano, in un’enfasi descrittiva, tra frase e verso,  che sembra un’improvvisata cascata di parole, dove – da una storia- nasce un’altra storia .

Clemens Brentano nasce a Ehrenbreitstein ( vicino a Coblenza, sulla sponda destra del Reno ), il  9 settembre 1778 .

Il padre, mercante  italiano, Peter Anton della famiglia  Brentano di Tremezzo, sul lago di Como, aveva sposato Maximiliane de la Roche, amica d’infanzia di Goethe. Dal matrimonio nascono, tra gli altri,  Bettina e poi Clemens, che fin da giovanissimo appare negato per intraprendere la professione del padre.

Fino al 1784 tutta la sua famiglia vive nella casa paterna a Francoforte, ma da quell’anno- morta prematuramente la madre-  Clemens è affidato ad una zia molto rigida e severa, a Coblenza,ove frequenta- tra il 1787 e il 1790- il locale ginnasio retto dai Gesuiti.

Estremamente inquieto,incline alla malinconia ed alla fantasticheria,  si dedica alle scienze camerali ( economia)ad Halle, soggiorna fra il 1798 e il 1800 a Jena, ove  si iscrive alla Facltà di Medicina e stringe amicizia con i poeti dell’omonimo circolo, frequentando casa Schlegel, il poeta Tieck  ed  il giovane Achim von Arnim( + 1831), che sposa poi sua sorella Bettina nel 1818.

Del 1801 è la sua prima opera, il romanzo:” Godwi , ovvero il ritratto lapideo della madre”,  testo  bizzarro e influenzato dal “Wilhelm Meister” di Goethe , che comprende anche alcune sue liriche famose come la “ballata della Loreley”, un romanzo  fondamentale per conoscere l’uomo Brentano, la sua personalità e il suo pensiero, poco incline alla teoria ed alla speculazione filosofica.

Del 1804 è  invece la commedia :”Ponce de Leon” di ambiente spagnolo, piena di arguzia e di disincantata ironia , rivelatasi però un insuccesso.
Si sposa  nel 1803 dopo vari anni di fidanzamento, con la scrittrice Sophie Mereau, che ama con tutto se stesso, pur legato a lei da una burrascosa passione,  dalla quale ha tre figli, tutti morti nella prima infanzia. La moglie muore di parto nel 1806.

Il nuovo matrimonio- forse un ripiego-  l’anno seguente, 1807, con la giovane Auguste Bussmann fallisce di  lì  a poco.

In questo periodo Brentano frequenta il cenacolo letterario di Heidelberg, sotto la spinta del quale nasce e trova impulso il romanticismo. Ad Heidelberg pubblica , insieme a von Arnim , una raccolta di liriche e ballate popolari tedesche:” Il corno magico del fanciullo” (Des Knaben Wunderhorn, 1805) in tre volumi, dedicate a Goethe. E’ di questo periodo l’amicizia intima con i fratelli Grimm ed anche la discussione letteraria riguardo al Des Knaben Wunderhorn, come riportato in questa nota:

” Nell’ambito del dibattito tra il circolo romantico di Heidelberg e Johann Heinrich Voß, si è discusso a lungo se il presente ciclo di canti popolari potesse rappresentare un’immagine “pura” e “fedele” della tradizione poetica orale tedesca dal medioevo al XVIII secolo. Particolarmente importante a proposito è il dibattito tra i due editori: Brentano criticò ad Arnim il fatto che la sua ricostruzione fosse ben più di una semplice revisione del testo popolare: una versione eccessivamente poeticizzata, lontana dal carattere originario e primitivo della tradizione orale. Questo dibattito sfociò inevitabilmente nella discussione sulla relazione Naturpoesie e Kunstpoesie (poesia naturale e poesia artistica) in cui intervennero anche i fratelli Grimm: Jacob sosteneva una poesia ingenua, vera e nata dal bisogno di fare poesia, mentre Wilhelm propendeva per una poesia più mediata da poter pubblicare e diffondere, come per esempio le traduzioni dei miti di altre culture.

Goethe, a cui è dedicato il primo volume, pubblicò una critica nella quale lodò sia l’intento “naiv”,che l’impianto dotto della raccolta. La raccomandò inoltre per ogni cucina “del semplice volgo” e per ogni pianoforte dei “dotti”.

La pretesa di essere una raccolta [‘Der Anspruch einer Sammlung’] di antichi canti popolari tedeschi è tutt’ora dibattuta.

Un’autorevole edizione storico-critica di Des Knaben Wunderhorn comparve dal 1975 al 1978 in sei volumi, pubblicati da Heinz Rölleke (cfr Bibliografia); questa edizione si basa sui dettagli sviluppati in ricerche decennali e sull’eredità del demologo berlinese Harry Schewe (1885-1963).( da wikipedia)

Insieme a Arnim e a Joseph Görres collabora al «Zeitung für Einsiedler» che tenta di far risorgere la letteratura tedesca. Il gruppo cerca di dare nuovo vigore e riproporre le tradizioni popolari germaniche fino al più oscuro medioevo, per ricostruire in contenuto e forma l’antica ‘anima germanica’, nell’ambito del processo di definizione di una autentica  identità nazionalista. Brentano si dedica alla riscoperta di leggende ma anche di tradizioni, ricette di cucina, usanze e costumi della Germania rurale, dando nuovo impulso alla famosa leggenda renana di Lorelei, che diverrà tema di altri poeti  e musicisti posteriori .

Dopo la fine del suo secondo matrimonio, per Brentano si apre un momento di grande crisi , di continui viaggi e spostamenti, ma anche di floride attività letterarie.

In un primo periodo è a Landshut presso il cognato,poi nel 1809 a Berlino con von Arnim ,von Kleist , A.H. Müller, a far parte del movimento letterario e politico antinapoleonico. Qui conosce la poetessa Luise Hensel, che riavvicina Clemens alla Fede ed al cattolicesimo.

Questo incontro e la frequentazione con un circolo di influenza pietistica “i Risvegliati”, lo convertirà definitivamente alla religione cattolica: nell’ultima parte della sua vita egli si dedicherà prevalentemente a composizioni apologetiche e religiose, nelle quali i critici contemporanei rilevano la fase linguistica più matura ed interessante di Brentano, che sperimenta con originalità una notevole devianza dalla norma e introduce il crittogramma all’interno della struttura lirica ( cfr, critica letteraria di H.M. Enzensberger e L.Zagari).

Nel 1811 è a Bucowan, in Boemia.

Nel 1813 è a Vienna, ove partecipa alla fase conclusiva della lotta con il movimento antinapoleonico.

E’ poi a Coblenza, Francoforte, Ratisbona, Monaco e a Berlino nel 1814, per occuparsi di architettura, di matematica, di pittura senza però trovare mai uno sbocco soddisfacente.

Tra il 1819 e il 1824 vive al capezzale della suora agostiniana , mistica e beata della chiesa cattolica, Katharina Emmerich, esperienza che segna il suo ritorno alla Fede e la composizione della  sua opera apologetica e religiosa più importante :”La dolorosa passione di nostro signore Gesù Cristo nelle meditazioni di Katharina Emmerich” (Das bittere Leiden unseres Herrn Jesu Christi, 1833).( n.d.r. a proposito si legga la nota precedente e l’articolo finale, dopo la sezione “scelta di poesie”)

Dopo questa esperienza Brentano progetta ed inizia un imponente Canto religioso,incompiuto, di cui restano circa sedicimila pagine manoscritte.

Clemens Brentano muore a Aschaffenburg [Baviera] il 28 luglio 1842.

“Tonalità crepuscolari, nostalgia di mondi magici e arcani, sensualità, sentimento religioso, il tutto in un linguaggio musicale e innocente. A differenza di Novalis , Brentano non sovrappone significati simbolico-filosofici, ma dà libero sfogo all’invenzione, seguendo con candore e ironia il fluire delle figure fantastiche. Gli spunti provenienti dalla tradizione orale sono sviluppati in un tessuto lirico-narrativo del tutto nuovo nella produzione let teraria tedesca. Nella fiaba riesce a esprimere meglio la sua fantasia, è per lui mezzo di evasione in mondi di beatitudine perduta, dove trionfa sempre il bene contro il male e la felicità sul dolore. Brentano vi riversa la parte più ingenua di sé stes so, ritenendoli ‘peccati contro la noia’ (di qui il rifiuto in vita di pubblicarle).

Protagonista delle “Fiabe del Reno” è il gran fiume che scorre maestoso e benefico da secoli tra i tedeschi, non più a dividerli con la febbre dell’oro che le sue sabbie nascondono (epopea dei nibelungi) ma a simboleggiare l’unità di una ‘stirpe’. La narra zione è strutturata a cornice: il racconto principale è dato dalla storia d’amore del mugnaio Corrirota per Ameleya principessa di Magonza. Un amore interclassista subito riportato nei binari del ‘lecito’: il mugnaio si rivela un principe di un antico e nobile casato, apparentato con ondine e dee della mitologia cosmico- pastorale germanica. La storia è ricca di trovate e sviluppi. Connessa a questa storia principale sono altre due fiabe, un po’ meno avvincenti, connesse alla fiaba principale da un motivo che doveva produrre una serie virtualmente infinita di altre fiabe (il racconto che deve fare ogni abitante di Magonza per poter riavere indietro il proprio figlio caduto nel Reno). ..( tra queste)è  “Marmottina”, in cui si descrivono i tormenti di una mite fanciulla, una specie di Cenerentola tiranneggiata da sorellastra e matrigna, che poi si scopre figlia di re, ma preferisce ritornare tra l’umile gente di pescatori per vivere la sua vita con il suo amante. “Il sarto Ammazzasette” compie prodezze tra il comico e l’epico per conquistare la figlia del re ma alla fine preferisce sposare una pastora, anche qui riportando alla normalità le divisioni di classe. Quest’ultima fiaba avrebbe potuto essere una simpatica comica spaccona e umoristica se non vi dominasse un’arcigna tematica antisemita (del resto frecciatine antisemite sono presenti anche nel quadro più ampio della fiaba-cornice). Nel complesso, le fiabe di Brentano non hanno il tono dimesso e realistico delle narrazioni dei fratelli Grimm. Nonostante qualche allusione satirica (contro certa prosopopea militaresca; contro il poeta Voss e il suo purismo linguistico nella fiaba di Marmottina), il tono domi nante è quello fantastico e musicale”.

 

Da :”La fiaba della casa dei Montestorno e degli antenati del Mugnaio Corrirota”

Cari cittadini di Magonza, innanzitutto devo raccontarvi dove sono stato così a lungo. Ascoltatemi:

Da parecchi anni ormai, laggiù nel mio mulino, tenevo in gabbia uno stornello che di sua spontanea volontà era volato nella mia stanzetta e mi si era subito affezionato, quasi fossimo stati amici d’infanzia . Quando giravo per il mio mulino, mi seguiva saltellando da un sacco all’altro e quando desinavo mi si metteva vicino sulla tavola. Mai insudiciava, e se la sera non gli chiudevo la gabbia, al mattino me lo trovavo sul letto accanto alla testa. Insomma, era per me un vero amico, molto più comprensivo degli uomini; gli mancava solo una qualità, che peraltro possiedono tutti gli storni: non era ciarliero. Non emetteva il minimo suono e, per quanto io continuassi a discorrere e a fischiettargli delle canzoncine, il suo becco restava chiuso.

[Clemens Brentano, Fiabe del Reno, traduzione di Luisa Coeta, I grandi della letteratura, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1968.]

“Il Reno, il lungo fiume del nord, è il vero protagonista delle fiabe, ricchissime di spunti, satiriche e avvincenti. Racchiudono gli elementi della tradizione nordica, i costumi della società e della realtà del Brentano, che non aveva voluto pubblicarle. Uscirono infatti postume.

Se da una parte in esse sono presenti tutti gli elementi della fiaba, personaggi umili, principesse, viaggi, reami, paesaggi bucolici, dall’altra le Fiabe del Reno rappresentano un apporto nuovo nella letteratura. Il racconto fiabesco unito alla lirica fa assumere alla narrazione un tono musicale che la completa.

Entriamo così in un mondo popolato da allegri personaggi, dal carattere ben delineato, che danno vita a fiabe e storie che fanno sognare, una legata all’altra, ognuna che introduce la successiva”.

“La Fiaba del Reno incarna uno dei suoi momenti più alti, di immediato godimento per i più giovani, compresi i bambini, e di deliziosa lettura per gli adulti. In queste storie affascinanti, che rileggono in chiave colta le molteplici radici folkloriche della fiaba europea, il mondo del Reno, insieme reale e fantastico come ogni sogno sa essere, si popola di animali parlanti, di ondine e di sirene. Troneggia al suo centro la bella Loreley, l’eroina acquatica più famosa e fatale; ma vi compare anche il Vecchio Padre Reno in persona, che favorisce amori e amicizie, ma che sa punire con severità gli empi; e poi, principesse, fanciulle infelici, matrigne e sorellastre, mercanti e imbroglioni, girovaghi e artigiani. In simile, ricchissima cornice, scandita da quattro fiabe-quadro, si muove il protagonista: un mugnaio dal cuore aperto, che sa lasciarsi sorprendere e che è sempre pronto a recuperare una dimensione di armonia tra la natura terrestre, aerea e subacquea: un uomo semplice che ci insegna, in sostanza, a lasciarci catturare dalla fantasia. Brentano raccontava queste fiabe a grandi e piccini davanti al camino, nei diversi salotti che era solito frequentare. Lo scopo principale era quello del godimento condiviso, nella comunità degli amici. Forse per questo non ne patrocinò la pubblicazione, che avvenne solo dopo la sua morte. Clemens le narrava e ne cantava i Lieder, sparsi a piene mani nella narrazione, ricca di toni e di voci. Particolare cura di questa traduzione è infatti restituirne la ricchezza di fiabe d’arte, nell’alternanza dei registri alto e basso, lirico ed epico, e dare spazio alla potenza assoluta delle fantasmagoriche invenzioni di Clemens Brentano”.

Da:”La fiaba del Reno e del mugnaio Corrirota

In Ringavia dove ora è situata Rüdesheim, in tempi remotissimi sorgeva, sulla riva del Reno, un solitario mulino attorniato da un verde prato trapunto di fiori. In questo mulino abitava Corrirota, un giovane mugnaio timorato di Dio.

Corrirota viveva in pace con tutto il mondo. Volentieri regalava ai poveri un misurino di farina e ai pesci e agli uccelli le briciole del suo pane. Ogni sera sedeva sulla diga del mulino e si dilettava a contemplare le belle onde verdi del fiume, le sponde che vi si rispecchiavano, e i pesci che allegri guizzavano fuori dai flutti. Ma prima di coricarsi, soleva intrecciare una bella ghirlanda di fiori e intonare al vecchio Reno una canzone per dimostrargli la sua devozione. Alla fine del canto gettava la ghirlanda nelle onde che, gioiose, la trascinavano nel fondo. Quando non la vedeva più galleggiare, Corrirota se ne ritornava tranquillo al suo mulino, a dormire.

[Clemens Brentano, Fiabe del Reno, traduzione di Luisa Coeta, I grandi della letteratura, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1968.]

 

Scelta di Poesie

Abendständchen

Clemens Brentano

Hör, es klagt die Flöte wieder,

und die kühlen Brunnen rauschen!

Golden weh’n die Töne nieder,

stille, stille, laß uns lauschen!

Holdes Bitten, mild Verlangen,

wie es süß zum Herzen spricht!

Durch die Nacht, die mich umfangen,

blickt zu mir der Töne Licht!

Der Spinnerin Lied

Clemens Brentano

Es sang vor langen Jahren

Wohl auch die Nachtigall,

Das war wohl süßer Schall,

Da wir zusammen waren.

Ich sing’ und kann nicht weinen

Und spinne so allein

Den Faden klar und rein,

So lang der Mond wird scheinen.

Da wir zusammen waren,

Da sang die Nachtigall,

Nun mahnet mich ihr Schall,

Daß du von mir gefahren.

So oft der Mond mag scheinen,

Gedenk ich dein allein,

Mein Herz ist klar und rein,

Gott wolle uns vereinen.

Seit du von mir gefahren,

Singt stets die Nachtigall,

Ich denk bei ihrem Schall,

Wie wir zusammen waren.

Gott wolle uns vereinen,

Hier spinn ich so allein,

Der Mond scheint klar und rein,

Ich sing und möchte weinen!

 

 

 

Wiegenlied

Clemens Brentano

Singet leise, leise, leise,

singt ein flüsternd Wiegenlied;

von dem Monde lernt die Weise,

der so still am Himmel zieht.

Singt ein Lied so süß gelinde,

wie die Quellen auf den Kieseln,

wie die Bienen um die Linde

summen, murmeln, flüstern, rieseln.

 

Zorn und Liebe

O Zorn! du Abgrund des Verderben,

Du unbarmherziger Tyrann,

Du frißt und tötest ohne Sterben

Und brennest stets von Neuem an;

Wer da gerät in deine Haft

Gewinnt der Hölle Eigenschaft.

 

Wo ist, o Liebe, deine Tiefe,

Der Abgrund deiner Wunderkraft?

Oh, wer an deiner Quell entschliefe,

Der hätte Gottes Eigenschaft;

O wer, o Lieb, in deinem Meer

Gleich einem Tropfen sich verlör!

 

 

 

Weihelied zum Ziel und Ende

Herr, Gott, dich will ich preisen,

Solang mein Odem weht,

O hör auf meine Weisen,

O sieh auf mein Gebet.

Bin ich im Himmel oben,

Da lern ich andern Sang,

Da will ich hoch dich loben

Mein ewig Leben lang.

 

Jetzt laß dir wohlgefallen

Mein treu einfältig Lied

Muß doch ein Kindlein lallen,

Wenn es die Mutter sieht.

Nun hab ich auch gesehen,

Wie du so väterlich,

Will nun nichts mehr verstehen

Als dich, mein Vater, dich.

 

Ich saß in meiner Kammer,

Sah trüb ins Leben hin,

Die Seele rang in Jammer,

Voll Sorge war mein Sinn;

Da floß ein heilig Sehnen

Mir in das öde Herz,

Da brach mein Blick in Tränen

Und schaute himmelwärts.

 

Da war dein Himmel offen,

Stern traf in Augenstern,

Mein Glauben, Lieben, Hoffen

Fand Gnade vor dem Herrn.

Das Lied, das ich verschwiegen,

Das Lied, das leis ich sang,

Sah ich die Engel wiegen

In Davids Harfenklang.

 

Und sah, den ich gerühret

Mit meinem Lerchensang,

Zum Herrn von mir geführet

Auf einem Dornengang.

Er sang mit mir zusammen

Mit selgem Flug und Fall,

In Gottes Liebesflammen,

Trotz Lerch, trotz Nachtigall!

 

 

 

Was reif in diesen Zeilen steht

Clemens Brentano

Aus dem Märchen “Gockel,Hinkel und Gackeleia”.(1838)

Was reif in diesen Zeilen steht,

Was lächelnd winkt und sinnend fleht,

Das soll kein Kind betrüben,

Die Einfalt hat es ausgesäet,

Die Schwermut hat hindurchgeweht,

Die Sehnsucht hat’s getrieben;

Und ist das Feld einst abgemäht,

Die Armut durch die Stoppeln geht,

Sucht Ähren, die geblieben,

Sucht Lieb’, die für sie untergeht,

Sucht Lieb’, die mit ihr aufersteht,

Sucht Lieb’, die sie kann lieben,

Und hat sie einsam und verschmäht

Die Nacht durch dankend in Gebet

Die Körner ausgerieben,

Liest sie, als früh der Hahn gekräht,

Was Lieb’ erhielt, was Leid verweht,

Ans Feldkreuz angeschrieben,

O Stern und Blume, Geist und Kleid,

Lieb’, Leid und Zeit und Ewigkeit!

 

 

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Loreley

Zu Bacharach am Rheine
Wohnt eine Zauberin,
Die war so schön und feine
Und riß viel Herzen hin. 

Und machte viel zuschanden
Der Männer rings umher,
Aus ihren Liebesbanden
War keine Rettung mehr.

Der Bischof ließ sie laden
Vor geistliche Gewalt –
Und mußte sie begnaden,
So schön war ihr’ Gestalt.

Er sprach zu ihr gerühret:
“Du arme Lore Lay!
Wer hat dich denn verführet
Zu böser Zauberei?”

“Herr Bischof laßt mich sterben,
Ich bin des Lebens müd,
Weil jeder muß verderben,
Der meine Augen sieht.

Die Augen sind zwei Flammen,
Mein Arm ein Zauberstab –
Schickt mich in die Flammen!
O brechet mir den Stab!”

“Ich kann dich nicht verdammen,
Bis du mir erst bekennt,
Warum in deinen Flammen
Mein eigen Herz schon brennt!

Den Stab kann ich nicht brechen,
Du schöne Lore Lay!
Ich müßte denn zerbrechen
Mein eigen Herz entzwei.”

“Herr Bischof, mit mir Armen
Treibt nicht so bösen Spott,
Und bittet um Erbarmen,
Für mich den lieben Gott.

Ich darf nicht länger leben,
Ich liebe keinen mehr –
Den Tod sollt Ihr mir geben,
Drum kam ich zu Euch her. –

Mein Schatz hat mich betrogen,
Hat sich von mir gewandt,
Ist fort von mir gezogen,
Fort in ein fremdes Land.

Die Augen sanft und wilde,
Die Wangen rot und weiß,
Die Worte still und milde,
Das ist mein Zauberkreis.

Ich selbst muß drin verderben,
Das Herz tut mir so weh,
Vor Schmerzen möcht ich sterben,
Wenn ich mein Bildnis seh’.


Drum laß mein Recht mich finden,
Mich sterben wie ein Christ,
Denn alles muß verschwinden,
Weil es nicht bei mir ist.” 

Drei Ritter läßt er holen:
“Bringt sie ins Kloster hin!
Geh, Lore! – Gott befohlen
Sei dein berückter Sinn.

Du sollst ein Nönnchen werden,
Ein Nönnchen schwarz und weiß,
Bereite dich auf Erden
Zu deines Todes Reis’.”

Zum Kloster sie nun ritten,
Die Ritter alle drei
Und traurig in der Mitten
Die schöne Lore Lay.

“O Ritter, laßt mich gehen
Auf diesen Felsen groß,
Ich will noch einmal sehen
Nach meines Lieben Schloß.

Ich will noch einmal sehen
Wohl in den tiefen Rhein
Und dann ins Kloster gehen
Und Gottes Jungfrau sein!”

Der Felsen ist so jähe,
So steil ist seine Wand,
Doch klimmt sie in die Höhe,
Bis daß sie oben stand.

Es binden die drei Reiter
Die Rosse unten an
Und klettern immer weiter
Zum Felsen auch hinan.

Die Jungfrau sprach: “Da gehet
Ein Schifflein auf dem Rhein,
Der in dem Schifflein stehet,
Der soll mein Liebster sein.

Mein Herz wird mir so munter,
Er muß mein Liebster sein!”
Da lehnt sie sich hinunter
Und stürzet in den Rhein.

Die Ritter mußten sterben,
Sie konnten nicht hinab;
Sie mußten all verderben,
Ohn’ Priester und ohn’ Grab.

Wer hat dies Lied gesungen?
Ein Schiffer auf dem Rhein,
Und immer hat’s geklungen
Von dem Dreiritterstein:

Lore Lay!
Lore Lay!
Lore Lay!
Als wären es meiner drei.

 

Nel 1803 Clemens Maria Brentano (1778-1842) nel periodo più felice della sua fecondità lirica ebbe l’idea di pubblicare insieme alla sua anima gemella Achim von Arnim, una raccolta di poesie sotto il titolo Canzoni dei fratelli canori (Lieder der Liederbrueder) poi rinunciarono in favore dell’altra raccolta di canzoni popolari Il corno meraviglioso del fanciullo. Nel 1803 Arnim pubblicò una raccolta di liriche: Conforto nella solitudine in cui figurano numerose poesie di Clemens Brentano. Ma di questo già si é scritto nell’edizione precedente. Ora, in questo numero che esce proprio nel periodo Natalizio e che investe la parte finale della vita di questo illustre Poeta romantico Tedesco le cui radici di provenienza affondano ancora (e lo sarà sempre) nella nostra amata Tremezzina, mi sembra più opportuno portare a conoscenza delle nostre Genti, l’importante “incarico” verso il quale, il Poeta fu chiamato. E’ una documentazione riguardante gli atti del Processo di Beatificazione della Suora Anna Katharina Emmerick; beatificazione avvenuta sotto il Pontificato di Papa Giovanni Paolo II.

Dalla rivista trimestrale “luce e ombra” Anno 1999
Anna Katharina Emmerick: stimmatizzata, mistica, veggente.

Un recentissimo (marzo 1999) convegno svoltosi presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma dedicato alla monaca stimmatizzata tedesca Anna Katharina Emmerick (1774-1824), della quale è in svolgimento il processo di beatificazione, offre l’occasione di parlare di questa eccezionale figura mistica, ancora poco nota nel nostro Paese in quanto la pur vasta letteratura a disposizione è quasi tutta in lingua tedesca. Nel corso del convegno, al quale hanno partecipato specialisti e devoti della Emmerick venuti quasi esclusivamente dalla Germania (la manifestazione si è svolta in lingua tedesca), è stata tratteggiata la storia della veggente in rapporto al suo tempo, la sua vita mistica e il significato sempre attuale della sua spiritualità e della sua fenomenologia. Uno spazio particolare è stato dedicato al rapporto col poeta romantico Clemens Wenceslaus Maria Brentano, che per quasi sei anni – gli ultimi della vita di Anna Katharina – si dedicò alla trascrizione delle visioni che la monaca aveva fin dall’infanzia. Anna Katharina Emmerick nacque a Coesfeld in Westfalia (Germania Settentrionale) nel 1774, quinta di nove figli dei coniugi Emmerick, contadini che lavoravano un podere di un loro parente, gente povera ma laboriosa e devota. Poté frequentare la scuola soltanto per pochi mesi e fin da bambina dovette abituarsi a lavorare duramente nei campi e in casa. Molto presto cominciò ad avere visioni in cui le apparivano figure sacre: l’angelo custode, la Madonna che le presentava Gesù Bambino, i santi. Lei credeva che quello che le capitava fosse naturale e che tutti vedessero le stesse cose; soltanto col tempo si rese conto di costituire un’eccezione. D’istinto conosceva le proprietà delle erbe medicinali che trovava nei campi e che poi trapiantava nel suo orticello, e distingueva gli oggetti sacri da quelli profani, qualità che le fu propria per tutta la vita.
[…] Il poeta Clemens Wenceslaus Maria Brentano così descrisse nel suo diario la prima visita alla casa natale di Anna Katharina Emmerick: “Sono andato in questi giorni a visitare la casa paterna della Emmerick. Volevo vedere il luogo in cui era nata e dove era stata la sua culla. Trovai un fienile cadente, con le pareti di fango e il pavimento coperto di paglia. Qui, in questo luogo povero e buio, era nata e cresciuta questa creatura delicata, pura, lieve, luminosa, spirituale; qui e da nessun’altra parte ella coltivò i suoi pensieri, le sue parole e le sue opere innocenti. Non potei fare a meno di pensare alla greppia di Betlemme”.
Anna Katharina Emmerick ebbe una vocazione precoce a avrebbe voluto entrare presto in convento, ma per molti anni non le fu possibile per mancanza di dote; lavorò quindi come sarta prima alle dipendenze di altri poi autonomamente a casa sua.
A 28 anni, grazie all’aiuto di una famiglia amica, riuscì a realizzare il suo sogno e ad essere accolta nel convento delle Agostiniane di Dülmen, un paesino a pochi chilometri da Coesfeld. Ci rimase per nove anni, che furono per molti aspetti molto difficili, ma che lei definì i più felici della sua vita. Una notte, mentre stava pregando, le apparve Gesù che le offrì una corona di rose e una di spine. Lei scelse quella di spine e Gesù gliela pose sulla testa: intorno alla fronte le apparvero subito le prime stigmate. In seguito, dopo un’altra apparizione di Gesù, vennero anche le ferite alle mani, ai piedi e al costato. La sua salute, minata dalle veglie, dai digiuni, dal pesante lavoro svolto fin dall’infanzia, dalle sofferenze provocate dalle stimmate, venne sempre più declinando. Intanto gli ordini religiosi furono sciolti per ordine di Napoleone e anche il convento in cui viveva Anna Katharina dovette chiudere i battenti. Come le sue consorelle, anche la Emmerick dovette andarsene e per alcuni anni fu la governante di un anziano sacerdote francese, che fu a lungo il suo padre spirituale. In seguito, quando la sua salute peggiorò al punto da costringerla permanentemente a letto, fu sistemata in una povera stanza presso una famiglia del luogo, assistita da una burbera e bisbetica sorella. Anche questa stanza, dove Anna Katharina visse per anni e nella quale raccontò a Brentano le sue visioni, è stata ricostruita a Dülmen in un piccolo museo dedicato alla veggente. Grande non più di due metri per tre, interamente rivestita di legno, contiene anche i modesti arredi del tempo; commuove in modo particolare il letto di Anna Katharina, piccolo, di giunco, fatto come una culla. Nel museo sono conservati anche i lavori di cucito e gli abiti della monaca, le stoviglie di casa, i ritratti suoi e di Brentano eseguiti da contemporanei, tra cui quelli qui riprodotti. Intanto la fenomenologia mistica della Emmerick diveniva sempre più imponente e difficile da nascondere. Le stimmate, che si aprivano e sanguinavano periodicamente, furono controllate al di là di ogni dubbio dal dottor Wesener, un medico dapprima molto scettico e poi devotissimo della veggente, al quale si deve un accuratissimo e interessantissimo diario quotidiano della vita di Anna Katharina; e in seguito anche da una commissione ecclesiastica e statale, che con metodi spesso indelicati ma efficaci operò un controllo di molte settimane. Nel frattempo la monaca stigmatizzata aveva praticamente smesso di nutrirsi: qualche goccio d’acqua o succo di frutta e l’ostia consacrata che le veniva portata quotidianamente furono sufficienti a tenerla in vita per anni. Grandiosi i suoi fenomeni di veggenza, sia con riferimento ad avvenimenti della storia sacra che ai fatti del tempo: vide per esempio nei dettagli tutta la rivoluzione francese. La fama della veggente stimmatizzata intanto si diffondeva e numerose personalità vennero a visitarla. Tra queste anche il poeta Clemens Brentano, una delle figure più rappresentative del romanticismo tedesco, che aveva allora quarant’anni, due matrimoni alle spalle e un passato burrascoso.
Venne per trattenersi pochi giorni, ma rimase talmente colpito dalla personalità della monaca che si stabilì a Dülmen e vi rimase per quasi sei anni, annotando giorno dopo giorno ciò che lei gli raccontava: diciassettemila pagine che soltanto in parte sono state pubblicate e che descrivono nei dettagli la vita di Gesù, ampliando e integrando i Vangeli e la vita della Madonna. Così il poeta descrive il primo incontro con Anna Katharina Emmerick:

“Fui condotto dalla sorella di Anna Katharina nella piccola stanza d’angolo dove ella viveva, per raggiungere la quale bisognava raggiungere la cucina. Lei mi salutò cordialmente. Il suo volto puro e innocente mi commosse, allo stesso modo delle sue parole semplici, totalmente prive di tensione ed esaltazione. Ciò che ella dice non assomiglia in alcun modo ad una predica, ma è ispirato a dolcezza. Ogni sua parola è breve, semplice, naturale; ma piena d’amore, di profondità, di vita. Io mi sentii subito a casa”.

Brentano rimase enormemente colpito dall’incontro con la monaca anche perché lei lo riconobbe subito: l’aveva infatti già visto nelle sue visioni. Quando lui fu introdotto per la prima volta nella sua stanza, lei lo accolse festosamente e gli porse subito con grande cordialità la mano stigmatizzata, ma non gli disse niente. In un secondo momento però, quando fra loro si fu stabilito un rapporto di fiducia e confidenza, gli rivelò di avere subito riconosciuto in lui l’uomo destinato da Dio a metter per iscritto ciò che le appariva fin dalla primissima infanzia e di cui, con suo grandissimo rammarico, fino a quel momento nessuno dei suoi amici e conoscenti aveva accettato di occuparsi. Nelle sue visioni le era stato mostrato un uomo bruno, dal colorito scuro, seduto accanto al suo letto intento a scrivere. Clemes Brentano era di origine italiana e la descrizione gli si attagliava perfettamente. Anna Katharina gli disse anche di essere convinta che, se era vissuta fino a quel momento, era stato solo per aspettare lui. Queste parole confermarono Brentano nella decisione che aveva già preso: mettere la sua mano e il suo genio al servizio di quella che considerava ormai una missione, fissando sulla carta tutto ciò che la monaca stigmatizzata diceva. E così l’acclamato poeta romantico, l’uomo ricco e famoso ricercato dalle donne, abituato ai fasti della società e al successo letterario, dimenticò ogni altra cosa e per anni condusse una vita da certosino in un piccolo paese pur di non perdere una sola delle parole della veggente.

“Io sento che qui sono a casa mia e intuisco che non posso abbandonare questa creatura meravigliosa prima della sua morte. Questo è il compito della mia vita: Dio ha ascoltato la mia preghiera di indicarmene uno in suo onore, adatto alle mie possibilità e alle mie forze. Voglio fare il possibile per custodire e proteggere il tesoro di grazie che ho trovato qui”;

così scriveva Brentano qualche tempo dopo aver conosciuto Anna Katharina Emmerick. Clemens Brentano, che per anni era stato lontano da Dio ma non aveva mai cessato di cercarlo, ritrovò la fede grazie ad Anna Katharina, che lo chiamava “il pellegrino”. La collaborazione tra i due avveniva così: di notte Anna Katharina faceva dei “viaggi dell’anima” e si ritrovava in Terra Santa dove assisteva agli episodi evangelici come se stessero avvenendo in quel momento. La mattina dopo li descriveva a Brentano, che prendeva nota di ogni parola e con domande appropriate cercava di far emergere ogni dettaglio alla memoria della veggente. A casa poi dava forma adeguata a ciò che la monaca gli aveva riferito in – plattdeutsch -, il dialetto locale; la sera tornava da lei per leggerle quanto aveva elaborato, correggerlo ed avere la sua approvazione. Tra gli studiosi è ancora in atto una diatriba con riferimento agli scritti raccolti da Brentano e alla loro reale provenienza: quanto viene direttamente dalla veggente e quanto è uscito dalla penna del poeta? Non manca chi sostiene che Anna Katharina Emmerick, della quale sono state riconosciute le virtù eroiche, sarebbe già stata canonizzata se Clemens Brentano non si fosse assunto il compito di trascrivere le sue visioni. Essendo intervenuto lui, si obietta, non si sa più con sicurezza che cosa viene da lui e che cosa viene da lei. Per far si che il processo di canonizzazione proceda, qualche anno fa gli scritti sono stati stralciati dagli atti, con la motivazione che essi non apparterrebbero a lei, bensì al poeta. Resta tuttavia da chiedersi se tale modo di procedere, probabilmente opportuno in vista dello scopo che si vuole raggiungere, renda giustizia al complesso dei fatti. Thomas Wegener, il più importante biografo di Anna Katharina, scrive:

“Dio rivelò ripetutamente alla sua serva che la conoscenza delle sacre verità le era concessa non soltanto per sé stessa, ma per l’edificazione dei fedeli, a dimostrazione del fatto che Egli continua a vivere con la sua Chiesa e ad essere presente. Per questo motivo Anna Katharina cercò sempre di comunicare le sue visioni, ma fino al 44° anno di età non trovò nessuno al quale raccontare fedelmente ciò che le veniva concesso di vedere. Spesso aveva pregato il suo confessore e altri sacerdoti di ascoltarla, però nessuno si era mai preso la pena di trascrivere dettagliatamente ciò che lei diceva e di analizzare più da vicino il valore e l’attendibilità delle sue visioni”.

Wegener, che fu buon amico della Emmerick, ne riporta anche le esatte parole:

“Le tante meravigliose informazioni che ho avuto per la bontà di Dio non mi sono state date soltanto per mio ammaestramento, in quanto molte cose io non le potevo capire, ma perché le trasmettessi ad altri, spesso anzi mi è stato ordinato di farlo”.

Come si è detto, Anna Katharina riconobbe immediatamente in Brentano l’uomo destinato a trascrivere le sue visioni. Questo compito ebbe l’approvazione dei contemporanei: i molti amici, anche altolocati, di Anna Katharina permisero che Brentano le stesse accanto per anni. Tra questi il vescovo di Münster, la città da cui dipende Dülmen, e il padre spirituale pastore Overberg, che assicurarono sempre al poeta che il suo compito era gradito e in armonia con la Chiesa. Dopo la morte della monaca, avvenuta nel 1824, Clemens Brentano si dedicò all’immane compito di dare ordine alle migliaia e migliaia di pagine scritte nei sei anni di permanenza a Dülmen; e prima di morire lui stesso riuscì a dare alle stampe alcuni libri, i quali hanno avuto un impatto straordinariamente positivo nel pubblico (di lingua tedesca e francese, in italiano non è stato pubblicato quasi nulla), in particolare quello dedicato alla passione e morte di Gesù. Un altro testo fondamentale descrive la vita della Vergine; c’è poi un libro sui primi anni di vita di Gesù e un altro sull’antico testamento. Una parte di queste opere è stata portata a compimento, sulla base degli appunti di Brentano, dal fratello e da alcuni studiosi. Come si è detto non tutto quanto è stato scritto da Brentano è stato pubblicato: migliaia di pagine manoscritte attendono ancora di essere trascritte e rese note e potrebbero riservare ancora molte sorprese. Gli originali sono conservati a Francoforte, agibili agli studiosi ma estremamente difficili da decifrare. Uno degli aspetti più straordinari di questi testi è l’enorme quantità di informazioni storiche e ambientali che contengono: gli abiti, le suppellettili, le abitazioni, i luoghi, le consuetudini di vita, i personaggi sono descritti con una precisione e una aderenza al reale che lasciano sbalorditi, soprattutto se si pensa che Anna Katharina Emmerick non si era mai mossa dal luogo in cui era nata e non aveva una cultura specifica. Neppure Brentano era mai stato in Terra Santa e nella sua biblioteca non c’erano libri che ne parlassero. Le descrizioni di Anna Katharina Emmerick hanno trovato notevoli conferme, la più interessante delle quali è questa: grazie alle parole della veggente è stato possibile individuare la casa della Vergine a Efeso. In base alla tradizione, dopo la morte di Gesù la Madonna si stabilì a Efeso, nell’attuale Turchia, insieme all’apostolo Giovanni. Qui visse gli ultimi anni della sua vita e qui morì. La sua casa si trovava sulle colline non lontano dalla città, in una località appartata. Di questo edificio si erano però da molto tempo perdute le tracce e nessuno sapeva più dove sorgesse. Oggi l’ultima dimora della Madonna è stata ritrovata, restaurata e in parte ricostruita e chi va ad Efeso può visitarla. Davanti alla casa un grande cartello informa che ciò che ne restava, cioè le mura perimetrali col focolare centrale, era stato ritrovato grazie alle visioni della monaca stigmatizzata tedesca Anna Katharina Emmerick. Gli appunti di Brentano sono corredati anche da un disegno, per cui per trovare la casa fu sufficiente aver fiducia nelle indicazioni della monaca e seguirle. Il ritrovamento è stato ufficialmente riconosciuto dagli archeologi e dalle autorità civili e religiose. Il caso di Anna Katharina Emmerick e del poeta che trascrisse le sue visioni è tuttora aperto e la conclusione del processo di canonizzazione, attesa ormai a breve, potrebbe indurre ad affrontare di nuovo con serenità e senza timori il complesso discorso della paternità delle opere. A giudizio di non pochi esperti, il confronto tra i testi originali approvati dalla Emmerick e quelli pubblicati dopo la sua morte consente di constatare una completa corrispondenza, così che viene spontaneo pensare che il poeta si sia limitato a dare forma adeguata a ciò che la veggente gli raccontava. E non si possono dimenticare le parole di uno dei più originali studiosi di questo caso, il professor Arnold Guillet, che nel suo commento al libro della Emmerick sulla Passione e Morte di Gesù scrive:

“Al posto di Dio, a chi avreste affidato l’incarico di trascrivere le visioni della Emmerick?”

*** ***

Mi concedo una breve dissertazione sull’operato di questo insigne Poeta e Letterato: Dall’umiltà e in quella che esternamente a noi appare come “indigenza o povertà”, ivi è celata e ben custodita la grandezza e la nobiltà dell’ Essere umano, ed essa, emergerà sempre, anche tardi ma sempre emergerà trionfante al momento opportuno. Ricordo altresì che numerose Cappelle dei Misteri del Santo Rosario che conducono al Santuario della Madonna del Soccorso alla vicina Ossuccio (Como) sono state costruite sotto il completo patrocinio delle Famiglie Brentano – Cetti -.

Sandro Ciapessoni.

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“A r s P o e t i c ae”
(L’Arte della Poesia)

 

Foglio periodico letterario – artistico –

Qui canit Arte canat…

 

Fondato e redatto a cura da:
Sandro Ciapessoni
Via Dignano, 6 – 35135 – PADOVA
Telef. 049612286

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