Oggi come ieri. Cambiano solo le “scuse”.
Il 9 gennaio del 2010 il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad creò una commissione di studio per valutare i danni subiti dal Paese durante l’invasione degli Alleati del 1941 e chiederne i danni. Ahmadinejad aveva gia’ detto nel passato che avrebbe scritto al segretario dell’Onu, Ban Ki-moon per chiedere un risarcimento. La Gran Bretagna e l’Unione sovietica entrarono in territorio iraniano nell’agosto del 1941, per prendere il controllo dei pozzi petroliferi e garantirsi le linee di rifornimento alle truppe in campo contro le forze dell’Asse.
Era infatti il 25 agosto 1941 quando iniziò l’invasione anglo-sovietica dell’Iran.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, l’Iran dello scià Reza Pahlavi si era proclamato neutrale, cercando di mantenere una posizione equidistante tra i due schieramenti; l’Iran si trovava in buoni rapporti con la Germania, ed in virtù di alcuni accordi commerciali sottoscritti negli anni ’30 numerosi tecnici tedeschi si trovavano nel paese per collaborare ai progetti di modernizzazione avviati dallo scià. La presenza tedesca in Iran era fonte di notevoli preoccupazioni per il governo di Londra, soprattutto a partire dal maggio del 1941, quando, a seguito della repressione britannica di una rivolta pro-Asse nel vicino Iraq, numerosi esponenti filo-nazionalsocialisti si erano rifugiati nel paese
La necessità di proteggere i giacimenti petroliferi iraniani da possibili azioni tedesche, unitamente all’opportunità di stabilire un collegamento diretto e sicuro con l’Unione Sovietica attraverso il territorio iraniano, spinsero lo Stato Maggiore britannico a fare pressioni sul governo affinché autorizzasse un’azione militare contro il paese, da tenersi in collaborazione con i sovietici; la proposta, spalleggiata anche dal comandante in capo britannico in India, generale Archibald Wavell, ottenne il pieno assenso del primo ministro Winston Churchill. Il 17 agosto 1941, i governi del Regno Unito e dell’Unione Sovietica presentarono due note diplomatiche allo scià, chiedendo l’immediata rottura delle relazioni con la Germania, l’espulsione di tutti i cittadini tedeschi dal paese, e l’autorizzazione ad usare la ferrovia trans-iraniana per inviare materiale bellico britannico in Russia; Reza Pahlavi cercò di temporeggiare, ma la sua indecisione spinse gli alleati a procedere con l’azione.
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