I primi morti e feriti italiani della resa…

…Mentre i due battaglioni della «Nembo» seguivano in Calabria e Sardegna le loro rispettive sorti combattendo assieme alle forze germaniche sia nella testa di sbarco di Salerno, sia per traghettare in Corsica, si ebbero i primi caduti italiani, a sanzionare, ove fosse stata ancora necessaria una tangibile conferma, che la scelta fatta portava solo al sacrificio, al riscatto dell’onore col combattimento, al ritrovato senso del rispetto ed alla rinnovata stima dell’alleato tedesco.

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Così i giovani «ribelli» dei due battaglioni, all’invitante «tutti a casa», avevano pre­ferito il «tutti al fronte», alla resa incondizionata l’incondizionata dedizione al dovere militare, al disonore il senso dell’onore, alla salvezza fisica l’offerta del sangue: una serie, questa, di «colpe gravissime» che un giorno i vincitori avrebbero fatto pagare pesantemente a molti di loro.

 «Io mi rifiuto di ubbidire all’ordine di tradire la Patria e di passare al nemico perché questo è un diritto e un dovere militare. Quindi io, con il mio battaglione continuo la guerra da leale alleato a fianco della Germania» (Dal diario di guerra del Maggiore Mario Rizzatti).

 I primi feriti del 12° Btg. «Rizzatti» si ebbero in Sardegna già la sera del 10 settem­bre sulla strada che porta da Macomer ad Ozieri, ad opera di badogliani isolati, che tentavano con sporadiche sparatorie di provocare i tedeschi della 90ª Panzer Grenadier in ritirata verso i porti del nord.

 I badogliani non esitarono ad aprire il fuoco anche contro altri italiani e colpirono alcuni paracadutisti; segno premonitore, questo, che la guerra fra italiani, voluta dagli anglo-americani con la connivenza di Badoglio, stava diventando una triste realtà. Il giorno 11 anche il 3° Btg. «Sala» fu coinvolto in combattimento con reparti alleati nella zona di Altamura assieme a reparti della 90ª Panzer Grenadier.

 Caddero i paracadutisti Busolini, Giordano, Franceschini, Primo, Palazzo Aldo, Solari Dino, Vulcani TuIlio, D’Anna Mario; un pesante tributo di sangue cui si aggiunse il giorno 13 la morte del paracadutista Zucca Giuseppe, caduto ad Eboli fra i Fallschirmjäger della 1ª Divisione del generale Heidrich.

Il giorno 14 caddero in Sardegna i paracadutisti Da Cundo Antonio e Aldo Colin, fatti segno a tiri di fucileria nella zona di Tempio Pausania mentre il 12° Btg. si apprestava a traghettare da S. Teresa di Gallura alla volta di Bonifacio-Porto Vecchio in Corsica. Mentre l’abbandono della Sardegna aveva comportato alcune scaramucce isolate dovute più ad iniziative di singoli che a preordinate azioni offensive nei confronti delle FF.AA. germaniche, le operazioni in Corsica assunsero lo aspetto di veri e propri atti di guerra da parte del Comando italiano dell’isola che si giovava anche dell’apporto di formazioni degolliste e dei « Maquis ».

Il giorno 13 si accendevano i primi combattimenti nella zona di Zonza fra tedeschi e italiani, appoggiati questi ultimi da bande «Maquis», nel tentativo di arrestare il movimento di ritirata in direzione sud-nord che i reparti germanici stavano attuando sulla costa orientale della Corsica, nel tentativo di raggiungere da Bonifacio, via S. Lucia-Ghisonaccia-Casamozza-Borgo, il porto di Bastia dove intendevano imbarcarsi per portarsi sul continente italiano.

Scontri di reparti della Div. Fanteria « Cremona» si verificarono a Levie, Zonza, Quenza, Aullene, Zicavo contro formazioni motocorazzate della 90ª Pz. Gr. Div. appoggiate dai paracadutisti del battaglione Rizzatti. Si ebbero morti fra italiani da una parte e dall’altra. Era ormai in atto quella guerra fratricida che l’armistizio badogliano covava inevitabilmente nei suoi articoli e nell’impostazione voluta dagli alleati.

Dal 15 al 17 settembre il 12° combatteva in Corsica subendo gravi perdite (6 morti fra cui il S. Ten. Cagna Vallino Antonio, i Serg. Amelio Tranquillo e Spaterna Bruno, i Cap. Giovanni Brancher e Guido Vaccaro, il paracadutista De Dominicis Antonio) e 20 feriti,  ricevendo il vivo elogio del Gen. Lungerhausen Comandante della 90ª Pz. Grenadier.

Dal 20 al 21 settembre il 12° Btg. copriva la ritirata da Portovecchio a Bastia della 193ª Brigata Pz.Gr. subendo bombardamenti ae­rei e battendosi contro formazioni degolliste, e il giorno 22, assolto con onore e disciplina il suo compito veniva trasportato a bordo di Ju.52 a Pisa, da dove proseguiva nella stessa notte via ferrovia, a Pistoia, già sede del 183° Rgt. Paracadutisti della «Nembo».

Dal canto suo, il 3° Btg. lasciava il 19 settembre la dipendenza tattica della 29ª Pz. Gr. Division avviata verso Salerno e passava alla dipendenza tattica della 1ª Div. Paracadutisti, operando in collaborazione con i Fallschirmjäger tedeschi nella fase di ritirata dalle Puglie in Basilicata fra Potenza, Eboli, Rionero, Altamura, e combattendo nella zona di Avellino contro paracadutisti americani aviolanciati nelle retrovie della testa di ponte di Salerno.

 Sul finire del mese anche il 3°/185° si portava a Roma da dove ai primi di ottobre si univa al 12°/184° proveniente da Pistoia e acquartierato fra Bracciano e Maccarese.

I due reparti della «Nembo» erano stati assegnati alla competenza operativa della 2ª Div. Paracadutisti tedesca, dislocata sul litorale laziale da Pratica di Mare a Fiumicino. Essi raccordavano, fra Focene, Maccarese, Ladispoli, Furbara, Santa Severa, il tratto nord del litorale laziale, schierati a difesa da eventuali sbarchi alleati.

Tratto da Historiamilitaria.it

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