Equinozio d’autunno

Desideriamo entrare con voi nel momento del raccolto attraverso due estratti da Ordine SS – volume II

«Di punta e di taglio», di Gunther d’Alquen, 1937

La forma e il contenuto

Una delle domande più importanti che ci si pone a quest’epoca concerne il comportamento religioso. Per una necessità morale nel corso di questi ultimi anni, nella ricerca di una via conforme alla concezione nazionalsocialista, un numero straordinario di cittadini tedeschi ha affrontato questo difficile problema, trovando le soluzioni più varie.

Il nostro ruolo non è quello di definirci pro o contro quello o quell’altro tipo dì soluzione. Ma è nostro dovere portare dei chiarimenti senza prendere posizione sull’insieme di tali domande.

Come sempre, nel corso di questo esame, il nostro fine non può essere negativo: un’esperienza religiosa non deve mai basarsi su un conflitto con un’altra concezione religiosa. Questo atteggiamento sarebbe in contraddizione con lo spirito del programma del Partito, con la nostra etica. Dunque, quando si esamina il problema, si deve ripetere che in quanto nazionalsocialisti la sostanza di una o l’altra di queste dottrine non deve interessarci; ma che l’importante è unicamente sapere in quale misura questa dottrina corrisponde al principio della nostra visione del mondo, perché la religione è un affare privato.

Il nuovo Stato ha definito l’interpretazione di tale sentimento per mezzo di due dichiarazioni fondamentali. L’articolo 24 del nostro programma garantisce «la libertà di tutte le confessioni religiose in seno allo Stato, salvo che esse non compromettano la stabilità di quest’ultimo né contravvengano al sentimento morale e ai buoni costumi della razza germanica». Dunque un istinto razziale diventa il criterio assoluto per quanto concerne la concezione religiosa. Nella legge sulla cosiddetta libertà di coscienza, lo Stato nazionalsocialista ha chiaramente definito come questo sentimento deve essere interpretato: «Credere è l’affare in assoluto più personale e non si è responsabili che davanti alla propria coscienza». Ne risulta che «lo Stato nazionalsocialista rifiuta qualsiasi ingerenza nelle questioni religiose nella misura in cui i loro rappresentanti non intervengono nel campo politico».

Immagine tratta dal sito http://stromerhannes.thule-italia.org/ [ cliccare per ingrandirla ]

Solo questo atteggiamento può permettere a un cristiano, cattolico o protestante, o a un adepto di un’altra religione, di vivere la sua fede in seno al Partito e alla Germania: se lo fa per convinzione e per scelta personale. Ma questo non deve implicare che tale libertà di pensiero possa essere oggetto di un’interpretazione negativa e malevola.

Il Reichsführer SS ha detto chiaramente in occasione di un discorso sui compiti delle SS: «Ma per questa ragione, noi non tolleriamo di essere trattati come atei a causa di una cattiva utilizzazione della parola pagano, perché in quanto comunità noi non dipendiamo da quella o quell’altra confessione, o da qualsivoglia dogma, e noi esigiamo che i nostri uomini non vi siano attaccati».

Noi aspiriamo a un sentimento e a un rinnovamento d’ordine religioso e questo significa che non abbiamo niente a che vedere con questa concezione storica materialista che rifiuta per principio qualsiasi religiosità, perché essa nega l’esistenza di una metafisica in ragione della sua soggezione al mondo terreno. Come dice il Reichsführer SS, noi consideriamo coloro che non credono a niente come persone «presuntuose, megalomani e stupide».

Di conseguenza, la nostra posizione non ha niente a che vedere con quelli che, privi di qualsiasi religione, sono svincolati da legami spirituali. Le Chiese confessionali non hanno del tutto torto quando constatano che non ci si poteva attendere da questi ambienti alcun risveglio né alcun rinnovamento di natura religiosa perché la semplice negazione non costituisce una valido terreno che permetta a nuove idee di rinascere. Un’esperienza religiosa vissuta e realmente originale non può provenire che dalla volontà di concretizzazione positiva che incita a tentare di creare un nuovo contenuto religioso.

Ma, seguendo delle leggi naturali, solo un individuo può compiere quest’opera – un uomo che deve avere in sé la stoffa di un riformatore o di un profeta, senza necessariamente comportarsi come tale.

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Quaderno delle SS n° 5.1942

Costumi della mietitura

La festa della mietitura inizia nelle fattorie nel momento in cui in autunno il vento passa sulle stoppie fresche e porta dei fili di paglia negli ultimi campi di patate. Con essa si chiude un anno ricco di fatica e la gioia è tanta, perché il contadino è cosciente, attraverso il suo lavoro, di partecipare al grande ciclo naturale della vita e della morte, della crescita e della raccolta.

Questa comunione con la natura caratterizza tutti i costumi delle feste e dei lavori contadini. Tali tradizioni ci dimostrano che il contadino è non solo animato dal pensiero di nutrirsi, grazie al beneficio del suo lavoro, ma che è intimamente legato alla terra che lavora. Quando «incorona» il campo durante la Pasqua con il ramo della vite e vi fa un giro a cavallo, si augura che il seme sia buono. È per questa ragione che si mette spesso nel campo un arbusto decorato, un «albero della vita», e per le stesse ragioni si vedevano un tempo brillare i «fuochi di Hegel» che portavano la felicità sulle terre.

Il contadino comincia il periodo del raccolto, coronamento del suo lavoro, con lo stesso sentimento di gratitudine.

I mietitori e le spigolatrici escono decorati di fiori e si inizia la raccolta recitando un detto o intonando un canto. Più spesso, il contadino taglia di persona i primi steli che poi distribuisce a tutti gli altri. Talvolta, è un bambino a farlo ed è lui a donare la prima spiga al contadino. Questi primi steli sono spesso conservati e – come i chicchi dell’«ultimo covone» – vengono mescolati ai semi dell’anno successivo poiché simbolizzano la fertilità della terra.

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