3 ottobre 1935: Etiopia

Testata Corriere della Sera
Origine Milano – Italia
Data di pubblicazione 3 ottobre 1935

Mussolini annuncia la guerra all’Etiopia
Tutta l’Italia è da ieri mobilitata. E non per poche ore soltanto, per una dimostrazione di forza e di disciplina civile che non trova rivali nella storia, ma per tutte le ore e per tutti i giorni, fino a che la meta non sia raggiunta. Mentre l’Esercito sta per marciare, tutta l’Italia è con esso: con il cuore, con la mente, con l’entusiasmo, con la fede, con la fermezza incrollabile. All’eroismo dei nostri soldati corrisponderà la decisa volontà di vittoria di tutta la Nazione, anzi di tutto il popolo italiano dentro e fuori le frontiere. Ai sacrifici di sangue, alle fatiche, alle gesta dei nostri prodi combattenti sui campi etiopici, corrisponderà il sacrificio quotidiano, la costanza e la serena operosità dell’Italia intiera. Nazione e combattenti, ancora una volta, debbono formare, e non per metafora, ma nella vivente e vibrante realtà della vita quotidiana di questo periodo grandioso e decisivo per la Patria nostra, un esercito solo.E mai come questa volta tale dovere è stato sentito, profondamente sentito, quale un imperativo categorico della coscienza di ciascuno. Non sono passati indarno tredici anni di educazione e di organizzazione fascista. Chiunque abbia partecipato o anche solo assistito – come a tanti stranieri sarà capitato – alla formidabile dimostrazione di ieri non può non aver avuto la sensazione precisa, diretta, imponente, diremmo quasi schiacciante, della unanimità di consensi e di voleri che si è creata intorno all’impresa d’Etiopia; impresa che il buon senso del popolo intuisce santa e necessaria per la difesa delle nostre antiche e gloriose Colonie, per la improrogabile espansione delle nostre energie, per l’affermazione, infine, d’un diritto che è il diritto stesso della civiltà e che nessuno può contestarci senza mettersi in contraddizione con sé stesso e con la Storia.

Queste idee, queste passioni, queste aspirazioni già affermatesi nell’animo di tutti gli italiani, hanno trovato la loro espressione luminosa e definitiva, nell’allocuzione del Duce, che resterà nelle pagine della vita italiana come un documento incancellabile, come un monumento di bronzo posto al principio d’una nuova via grande, splendente, trionfale. Il grado di esaltazione a cui venti milioni di ascoltatori raccolti nelle piazze sono stati trasportati dalla virile eloquenza di Mussolini non è determinato solo dall’ascendente irresistibile dell’Uomo e dalla forma della sua oratoria. Esso si fonda sulla piena rispondenza del sentimento. Gli italiani avevano bisogno di sentire finalmente riassumere tutte le loro emozioni e le loro speranze di questi ultimi mesi in un discorso lapidario che costituisse al tempo stesso una promessa, un incitamento, un atto di fiducia, un ordine. Il discorso è venuto ed esso avrà larghissima e profondissima eco nell’Italia e nel mondo appunto perché non esprime solo la decisione di un Governo, bensì la volontà d’una Nazione riunita e compatta agli ordini di un Capo.

Sappiamo oggi e tutti sanno, amici e nemici, tepidi o feroci, incerti o decisi: tutti sappiamo e sanno che l’Italia intende portare a compimento la sua impresa nell’Africa Orientale e che il momento di passare dalla fase di preparazione a quella dell’azione è ormai venuto. Bisogna che i nostri avversari si rassegnino: le loro minacce, i loro ricatti, i loro tentativi di accerchiamento hanno soltanto rinsaldato la volontà del popolo italiano e l’hanno cementata in un blocco che non fu mai più compatto. I loro denti, per quanto lunghi, si sgretoleranno su questo macigno.

E sappiamo anche, come tutti ormai sanno, che nessuna misura di coercizione così detta economica potrà piegarci, perché gli italiani sono avvezzi al sacrificio, alla durezza della lotta quotidiana, alla sobrietà della vita; l’inesauribile nostro genio suggerirà d’altronde le mosse e il rimedio opportuni. Ma se tale coercizione assumesse forme minacciose, allora si risponderà con misure adeguate; se si adotterà contro di noi la violenza, si risponderà con la violenza. Non si poteva parlare né pensare altrimenti. Un popolo che abbia il rispetto di sé stesso, quand’anche si trovasse tutto il mondo contro, non potrebbe agire diversamente. La responsabilità della catastrofe che tale complicazione può preparare alla civiltà e forse alla stessa esistenza dell’Europa ricadrebbe tutta sui nostri provocatori, sui custodi esosi e ipocriti d’una pace falsa e ingiusta, per difendere la quale essi non si peritano di preparare la più micidiale delle guerre! Ipotesi tremenda che tuttavia ci trova fermi e decisi. Ma, per fortuna, ipotesi.

Il Duce ha dichiarato di aver fiducia che il vero popolo francese, il vero popolo britannico non tollerino questa aggressione a mano armata contro il loro più valido alleato della Grande Guerra, non permettano che sia pugnalato alle spalle il popolo italiano, al quale tutti sono debitori dei più grandi portati dalla civiltà. Mussolini fermamente crede che la truculenta ipotesi resterà tale e che gli intrighi della demo-massoneria internazionale non prevarranno. L’appello commovente ma sereno dovrebbe scendere nel profondo dell’animo di quei popoli, se l’iniqua propaganda antitaliana non li ha ancora del tutto corrotti.

Con questa speranza, alla quale tuttavia il nostro programma d’azione non può essere subordinato, l’Italia, agli ordini del Duce, nel nome del Re e del proprio sacro diritto, si accinge oggi ad entrare nel pieno della grande impresa africana a cui il suo Destino storico da cinquant’anni l’ha chiamata. Attendono là, vigili e accoglienti, gli spiriti magni dei nostri precursori, dei Caduti, capi e gregari, illustri e oscuri, che in tempi grigi prepararono con il loro sangue e con il loro martirio la via all’Esercito dell’Italia fascista, alle quadrate legioni che stanno per iniziare la loro marcia irresistibile.

Un’ora solenne sta per scoccare nella storia della Patria. Venti milioni di uomini occupano in questo momento le piazze di tutta l’Italia. Mai si vide nella storia del genere umano spettacolo più gigantesco. Venti milioni di uomini: un cuore solo, una volontà sola, una decisione sola. La loro manifestazione deve dimostrare e dimostra al mondo che Italia e Fascismo costituiscono una identità perfetta, assoluta, inalterabile. Mussolini ha dichiarato: “Con l’Etiopia abbiamo pazientato 40 anni. Ora basta! Ad atti di guerra risponderemo con atti di guerra. Nessuno pensi di piegarci senza avere prima duramente combattuto”.

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