Il servizio del Lavoro…visto dagli stranieri
Di fronte a quanto leggerete era impossibile sottrarci all’anticipazione di quello che – se vi fosse in Italia una vera libertà d’espressione (e di diffusione) – dovrebbe essere un libro da tenere in ogni libreria, nella sezione Storia. Parliamo della prossima uscita prevista permetà novembre a cura della casa editrice Thule: “Il Nazionalsocialismo“.
Ma vi lasciamo al breve brano:
Riportiamo qualche dichiarazione di stranieri che hanno visitato i campi del Servizio del lavoro in Germania, e che lì hanno vissuto e lavorato.
Lo studente americano Henry Eliot Scott dichiarò, al momento della sua partenza dal campo di Benediktbeuren: «Mi spiace davvero di non poter vivere e lavorare più a lungo nel campo del Servizio del lavoro tedesco, perché devo ripartire così presto. Oltre ai vantaggi sociali ed educativi che credo di aver visto all’opera e che ho potuto osservare durante questo breve periodo, ammiro soprattutto lo spirito di cameratismo e la volontà di autodisciplina che mi piacerebbe molto approfondire in occasione di un soggiorno più lungo. Sebbene io sia fiero di essere un Americano purosangue, invidio tuttavia alla Germania lo spirito che regna nel campo di lavoro di Benediktbeuren».
L’inglese Christopher Jowett, che aveva soggiornato nel campo di Oppenwahn, dichiara: «L’idea ridicola e assolutamente ingiustificata che ci si fa di un campo di lavoro tedesco assimilandolo a una scuola militare si può confutare facilmente. Per me, è stato un onore e una gioia aver potuto partecipare al grande movimento che lotta per un avvenire più bello e migliore. Quindi, come ringraziamento, penso sia mio dovere dire la verità a tutte le persone che conosco, affinché si rendano conto del vero scopo della nuova Germania».
Uno studente francese, René Hallard, che era stato nel campo di Bernau, prendendo congedo scrive una lettera in cui dice esattamente: «Nel momento di lasciare il campo di Bernau, credo di dover esprimere tutta la mia più profonda stima e la mia grande gioia. Qui ho avuto occasione di constatare con i miei occhi l’eccellente spirito di cameratismo che regna tra i lavoratori. Mi sono sentito subito uno dei vostri, e ora mi dispiace davvero tanto di dover lasciare il campo»