31 ottobre 1944: ultimo dei 54 bombardamenti che distrussero Zara…
…per quelli che festeggiano Halloween….
La distruzione di Zara (1943 – 1944)
di Oddone Talpo
La sera del 2 novembre 1943, aerei anglo-americani della 12a armata aerea bombardarono Zara. Era il primo dei cinquantaquattro bombardamenti che, sino al 31 ottobre 1944, avrebbero distrutto la città e devastato i dintorni, provocando 4.000 morti nella popolazione civile su 21.000 abitanti. Ancor oggi, dopo mezzo secolo, non esiste una univoca interpretazione delle cause e dei motivi che hanno indotto gli alleati a distruggere Zara. Alla conferenza di Teheran (28 novembre-1° dicembre 1943) venne presentata una relazione del maggiore Linn M. Farish (americano), scritta il 27 ottobre, e consegnata al centro di Bari del Servizio Operazioni Speciali. Il maggiore, dopo una missione di alcune settimane fra i partigiani, riferiva sugli obiettivi politici e militari di Tito, dandogli il massimo credito. Nello stesso tempo poneva in evidenza la necessità di aiutarlo e, nel comune interesse, di soddisfarne le richieste. Per Farish, era di improrogabile importanza l’«immediato invio di rifornimenti per mare e via aerea, ed un limitato appoggio aereo lungo la costa dalmata al fine di proteggere le linee di rifornimento».
I rifornimenti furono attivati. Quelli via mare, da Bari, venivano convogliati sull’isola di Lissa e proseguivano nell’entroterra, quando non erano direttamente sbarcati sulla costa a sud della Narenta. Zone che, in linea d’aria, distano come minimo duecento chilometri da Zara.
Secondo un’altra ipotesi storiografica, Zara avrebbe avuto importanza come centro di comunicazione e di rifornimenti per le forze armate tedesche in Jugoslavia. Tra la fine del 1943 e durante il 1944, i tedeschi svilupparono contro i partigiani quella che nella storiografia jugoslava viene chiamata la settima offensiva, e altre successive operazioni che videro complessivamente impegnate ventidue divisioni. I teatri dell’operazione erano all’interno, in Bosnia, verso la Serbia, cioè in località ben distanti da Zara. Quindi non era pensabile che l’alimentazione di quelle divisioni potesse avvenire dalla costa dalmata, sia per la limitata potenzialità di tutti i porti, sia per l’andamento orografico che separa la Dalmazia dall’interno della Jugoslavia, e la scarsità di linee di comunicazione. I rifornimenti, perciò, si svilupparono lungo linee longitudinali, dalla Croazia, dall’Austria, dall’Ungheria verso il sud-est. Se a questi dati si aggiunge che Zara non aveva alcuna linea ferroviaria, si deve concludere per una sua ben limitata importanza nel settore jugoslavo.
Non per niente la sua difesa contraerea consistette al massimo in un paio di mitragliere.
Zara, in sostanza, come non aveva potenzialità per interferire sui rifornimenti via mare (Bari-Lissa) ai partigiani, così non ebbe alcun peso sulle operazioni alleate in Italia, e nessuna utilità a sostegno delle forze tedesche impegnate nell’interno della Jugoslavia. Tuttavia gli alleati dedicarono a Zara cinquantaquattro bombardamenti. Se lo fecero, vuol dire che — non avendo alcuna diretta notizia — pianificarono le incursioni su informazioni ricevute da terzi, cioè dai comandi partigiani. Gli anglo-americani, a luglio 1944, per dare aiuti più concreti e continuativi a Tito, costituirono un apposita forza aerea, la Balkan Air Force (BAF), ed a Lissa ebbe luogo una riunione ai massimi livelli, con la partecipazione di Tito. Comandanti partigiani ed ufficiali alleati studiarono modi ed intese per la migliore cooperazione fra le forze di terra e l’aviazione. «A conclusione dell’incontro il maresciallo Tito diramò un ordine a tutte le sue formazioni […] dando accurate istruzioni circa l’uso degli strumenti per il rilevamento degli obiettivi tattici e strategici. Egli dispose perché fossero fornite le più complete informazioni sulle posizioni, i movimenti e le intenzioni del nemico e circa l’esatta ubicazione delle forze partigiane in modo da evitare la possibilità di attacchi della RAF su truppe jugoslave». In altre parole gli alleati, per intervenire, si rimettevano alle informazioni dei partigiani, e Zara divenne un obiettivo riservato alla discrezionalità dei comandi di Tito. Le loro richieste, come ricordato da Farish, erano cominciate a settembre del 1943, e si sarebbero concluse a fine ottobre 1944 con il radio-messaggio alla BAF: «Marshal Tito has asked for the bombing of Zara where troops are embarking for Italy», (Il maresciallo Tito ha chiesto il bombardamento di Zara dove le truppe si stanno imbarcando per l’Italia). Gli alleati, da parte loro, avrebbero attribuito a Zara la funzione di “obiettivo alternativo” sul quale scaricare quando non fosse stato possibile operare su quello principale.
Del resto negli ambienti militari italiani, sia al nord che al sud, si ebbe subito l’impressione che i bombardamenti su Zara avessero come unico scopo l’eliminazione della popolazione italiana della città.
Anche nel pieno della sconfitta — epoca non sospetta per rinascenti nazionalismi — l’Ufficio Informazioni, non della Repubblica di Salò che più non esisteva, ma dello Stato Maggiore dell’Esercito, in una relazione del 16 giugno 1945, dopo aver parlato dei due primi bombardamenti, faceva osservare che «gli altri successivi 52 bombardamenti […] hanno completato la tragica opera di distruzione provocata da Tito, più per cancellare le orme secolari d’italianità che per veri e propri scopi bellici. Infatti, considerando Zara nella sua innocua realtà, è risultato, da sicure informazioni, che gli jugoslavi davano ad intendere agli anglo-americani che in Zara vi fossero grandi depositi di munizioni e grandi quantità di truppe; ciò era completamente falso, essendovi poco più di un centinaio di tedeschi e nessun speciale deposito di materiale bellico: Zara non era un nodo stradale, non aveva importanza strategica e non era sede del comando tedesco della Dalmazia». Anche il 10 novembre, in un’altra relazione, lo Stato Maggiore tornava su questo argomento. «Zara è stata distrutta per volere di Tito che sosteneva essere ogni casa […] trasformata in deposito di munizioni. Fra i partigiani di Tito correva voce, invece, che Zara venne distrutta per “evitare future contese fra italiani e slavi”. Ciò è stato affermato dall’ingegnere jugoslavo Mario Polombito, già commissario politico al seguito del Comandante militare partigiano, Drago Zivkovic, ed ora detenuto a S.Maria Maggiore in Venezia per conto della A.M.G. [Allied Military Goverment]».
Ma non si trattava di “evitare future contese”, quanto della conclusione di un secolare dissidio. Era l’ultimo atto della lotta sostenuta dagli italiani della Dalmazia per conservare la loro identità.
Quando la incontrollata e irruente forza del comunismo si impose in Jugoslavia, Tito, anche per ragioni di politica interna (gli slavi di qualunque tendenza fossero rivendicavano univocamente una Zara croata) colse il pretesto della guerra e, per risolvere totalitariamente la questione, fece cancellare l’oggetto del contendere.
tratto da http://www.coordinamentoadriatico.it/index.php?option=com_content&task=view&id=103&Itemid=40