La Nuova Germania (3)
Dall’emeroteca Thule: tratto da “Storia del Novecento”, giugno 2001, di Nello Quilici
Capitolo precedente: Il Partito – Deutschland erwache! Germania svegliati!
LA NUOVA GERMANIALa Reichswehr
Che la saldatura fra l’esercito volontario di una rivoluzione e l’esercito regolare sia difficile e qualche volta pericolosa, si deduce da esperienze antichissime e recentissime. Roma repubblicana e cesarea, in quel periodo di guerre civili che viene a torto giudicato come nefasto, mentre fu il più fervido di attività creatrice, nel rinnovamento della mentalità e degli istituti che portarono all’impero, ne seppe qualche cosa. E per discendere a tempi assai più vicini chi non ricorda il grande e penoso duello fra Cavour e Garibaldi, proprio all’indomani della cementata unità?
Nelle rivoluzioni moderne, dove il genio del Capo è stato pronto ed energico, come fu Mussolini allorché trasformò in Milizia le squadre d’azione e chiamò Diaz al Ministero della Guerra, l’inserzione del volontarismo nelle forze armate corrobora, invece di diminuire, il complesso militare della Nazione. In Russia i recenti episodi dimostrano come la saldatura tra il regime vecchio e il nuovo, per quanto riguarda l’esercito, non sia avvenuta e sia causa, anzi, di turbamenti profondi, foriera forse di una nuova crisi del regime. E in Germania? È ospite nostro in questi giorni il Maresciallo von Blomberg, che fu lo strumento più efficace nelle mani del Führer per la creazione del nuovo esercito. È giusto ricordare – come il più alto documento in suo onore – che nulla vi è oggi nel Reich di più saldo, unitario, formidabile, della Reichswher alla quale von Blomberg presiede con polso di ferro. La Reichswehr è una cosa seria, molto seria; hanno la bontà di ammetterlo, per i primi, i nemici della Germania. Ed è nazista, cioè hitleriana al cento per cento. Qui è il punto. Come si conciliano due tesi apparentemente opposte: l’apoliticità dell’esercito, che il Nazismo afferma ogni giorno come una assoluta necessità, insita nel concetto stesso di disciplina militare, e l’ideale politico-rivoluzionario di cui, secondo gli stessi nazisti, l’esercito tedesco è permeato?
E un fatto che la contraddizione è superata, anzi annullata, nella realtà, e tanto basterebbe a troncare ogni discussione. Ma fu immediatamente così? i grandi capi, Hitler prima di tutto, non contano al loro attivo una vittoria su difficoltà gravi, che oggi costituiscono altrettanti titoli di benemerenza maggiore verso la patria?
Il Völkischer Beobachter definiva «sfingico» l’atteggiamento della Reichswehr prima della conquista del potere. Sopra una presunta rivalità dell’esercito e sulla suscettibilità dei grandi capi, fecero leva prima che Hitler diventasse Cancelliere, tutti i partiti antinazisti, a cominciare dai socialdemocratici che nell’ultima grande lotta per la Presidenza del Reich opposero Hindemburg a Hitler e portarono il primo sugli scudi. Si disse che lo sgambetto di Schleicher fosse concordato con lo Stato Maggiore. Infine chi affermò che la vittoria finale del Fuhrer significasse la sua definitiva soggezione ai militari; chi sostenne che i militari avessero abdicato ogni loro prerogativa ai nuovi venuti. Che fuoco d’artificio di malignità e di illusioni, quanto inutile sforzo di ermeneutica. Di vero c’era sicuramente la solita speranza dei pavidi oppositori, che agognavano a vincere la partita con l’aiuto dei cannoni, delle mitragliatrici e magari della pelle di quei soldati, che essi poi quotidianamente svillaneggiavano nelle campagne antimilitariste. Era la stessa fede cieca nello «stato d’assedio» che i Treves di casa nostra attendevano nei giorni della Marcia su Roma. Le cose, com’è noto, andarono diversamente, così in Italia come in Germania. Qua il Re, là Hindenburg chiamarono al potere il Capo delle forze rivoluzionarie.
Pure è indubitato che un certo periodo critico vi fu, fra il ’33 e il ’34 a parte le accuse di carattere morale, Rohm e compagni scontarono un delitto ben più grave: un tentativo di sobillazione delle squadre brune contro le draconiane disposizioni che presiedevano al loro incorporamento nell’esercito regolare: la solita questione dei comandi e dei gradi. Ma il pericolo di un attrito, forse irreparabile, fu evitato per l’intervento diretto del Fuhrer e non passarono molti mesi che a quest’ultimo si presentò un’occasione unica e definitiva per dare al nuovo esercito tedesco, con l’aiuto di von Blomberg, un assetto così perfetto da poter sfidare tranquillamente per l’avvenire qualsiasi imprevisto, sia all’interno che all’estero: il ripudio delle clausole di Versailles e l’integrale riarmo della Germania.
A conclusione della grande operazione, che fu, tra l’altro, la prova del fuoco della resistenza internazionale al programma di potenziamento della nuova Germania, Hitler concesse a von Blomberg il bastone di Maresciallo – l’unico dopo la grande guerra che sia stato dato a un ufficiale tedesco: 30 gennaio 1937.
Il Völkischer Beobachter, ritornando sul tema della «sfinge» scriveva: «Il pensiero della Rei-chswehr e della sua figura quasi sfingica era una delle nostre preoccupazioni più gravi e spesso ci sembrava impossibile ricostruire qui, senza prima distruggere, o almeno ricominciare ex novo, il principio di disciplina e di obbedienza radicata nell’Armata, ci appariva spesso come una minaccia inespressa, come un ultimo altissimo baluardo che si frapponeva ai nostri propositi innovatori».
Ombre fugate. Sul petto dell’alto e asciutto ufficiale di Pomerania (von Blomberg è nato a Stargard il 2 settembre 1878) – dal cranio netto come un rettangolo, capelli rasi, occhio d’acqua marina – il Fiihrer appuntava il distintivo d’oro del partito nazista. La ricostruzione dell’esercito tedesco ha una data: 16 marzo 1935. Consta di due articoli brevi e secchi come un bollettino di guerra:
«Art. 1° – Il servizio nell’Armata si effettua sulla base della coscrizione militare generale obbligatoria.
«Art. 2° – L’Armata tedesca di pace è organizzata su 12 Corpi d’armata e 36 Divisioni, ivi compresi i servizi di polizia militarizzata».
Punto e basta. Non è stato necessario troppo inchiostro per annullare tutta la quarta parte del Trattato di Versailles! Naturalmente nella esecuzione altre ordinanze, regolamenti e decreti soccorsero: 21 maggio, legge per l’organizzazione e il reclutamento; 26 giugno, servizio obbligatorio del lavoro; 26 giugno, protezione aerea passiva del Reich.
Nella legge del 21 maggio si specificava: uomini e donne sono tenuti tutti al servizio della patria in tempo di guerra, ivi compresi gli stranieri (prima e originale novità
dell’ordinamento germanico); il Führer-Cancelliere è comandante in capo ed il comando effettivo è esercitato sotto i suoi ordini dal Ministro della Guerra che è anche Capo di Stato Maggiore di tutte le forze armate (altra novità: ogni distinzione tra le due cariche è soppressa); la ferma, o servizio militare obbligatorio, non ha limiti di tempo: al Führer ogni decisione, volta per volta, anno per anno, così per i soldati delle nuove leve come per le riserve (novità assoluta e unica nei paesi d’ Europa: impossibile più discutere se il servizio sarà biennale, triennale, ecc.); il servizio del lavoro è obbligatorio e conta come servizio militare (formazione premilitare originale della Germania hitleriana); rafforzamento del presidio armato del Reich.
Quanto ai compiti dell’avvenire, basta aprire il Mein Kampf, che è il vangelo della nuova Germania. «Nessuno può dubitare che il mondo sarà esposto nell’avvenire ai più duri combattimenti per la difesa della civiltà. In fin dei conti al più appassionato istinto di conservazione spetta sempre la vittoria. Bisogna fondere, come neve al sole di marzo, ciò che si chiama «umanitarismo», misura di stupidità, di vigliaccheria, di presunzione. E nella eterna lotta che il genere umano è diventato grande: in una pace eterna andrebbe alla rovina».
Trombe di guerra? Forse. Per ora, occhi aperti e asciutti davanti alla realtà.
La Reichswehr così si presenta davanti al Führer.