Avanguardia – 2
Un’altra trascrizione manuale – purtroppo per noi i moderni mezzi non consentono il riconoscimento di questi testi così sbiaditi – di un numero di Avanguardia scelto non proprio…casualmente.
Sabato 15 aprile 1944 – XXII
“Libertà e Pane”
Il 55° anniversario del Führer
Il 20 aprile Adolf Hitler compie il suo cinquantacinquesimo anno di vita. In questa occasione, come mai finora in nessuna altra, noi dobbiamo rivolgere al grande Condottiero germanico il nostro pensiero e il nostro ringraziamento. Egli, sette mesi or sono, ha avuto nelle sue mani il nostro destino, il destino dell’Italia. Avrebbe potuto ripagare il tradimento di Badoglio e il nostro crollo con il ferro e con il fuoco e nessuno al mondo, neppure Radio Londra, avrebbe trovato per noi una parola di pietà, di conforto o di consolazione. Invece, con assoluta ed intuitiva comprensione della nostra tragedia e tenendo presente il domani di tutta l’Europa Egli volle e seppe essere generoso con noi, prima ancora che la ricomparsa del Duce sulle scene politiche mondiali gli esse una garanzia di quello che sarebbe avvenuto domani. Per due ragioni tutto il popolo italiano deve essere riconoscente a Hitler:
1) perché la stampa nazionalsocialista, il 9 settembre, fu la sola che prese la difesa del popolo italiano, dichiarandolo vittima, unitamente a quello germanico di una infame cricca di traditori massoni e giudei;
2) perché con la liberazione del Duce, impresa leggendaria che vivrà nei secoli, Egli permise la immediata soluzione della crisi politica italiana che avrebbe avuto a lungo andare funeste conseguenze per la nostra Patria.
Seppure spietate contro chi opponeva resistenza, le truppe germaniche, nelle due tragiche settimane di settembre che seguirono il tradimento di Badoglio, si comportarono in Italia con correttezza assoluta e ad ogni modo tennero un contegno ben diverso da quello che avrebbero potuto tenere nel territorio di un alleato – alla stregua dei fatti – fedifrago.
Per questo noi, nell’occasione del suo genetliaco, ringraziamo Adolfo Hitler.
Il 20 aprile cade quest’anno in un dell’immane conflitto che sconvolge il mondo. La Germania nazionalsocialista ha saputo reggere ai formidabili colpi d’ariete che hanno vibrato le forze armate sovietiche – i cui immensi sforzi pare si arenino contro la barriera carpatica e contro i cuori dei soldati europei -, l’aviazione anglosassone, la crisi italiana e quella ungherese, nonché – li mettiamo per ultimo per il loro grado di pericoli – gli inani tentativi «alleati» sul fronte italiano.
Forte di questa vittoriosa resistenza del suo magnifico popolo, Hitler può serenamente guardare verso l’avvenire, verso il grandioso compito che lo attende per la vittoria, per la pacificazione e la rigenerazione – in unione al suo grande amico Benito Mussolini – del continente europeo. Gli auguri di tutti coloro che sanno onestamente pensare ed operare lo seguono nella sua impresa ardua ma di sicuro successo.
Hitler, purissima espressione del germanesimo, entrò nella lotta politica mondiale con il motto «Libertà e pane». Era questo, all’inizio, un grido di rivolta del popolo germanico contro l’oppressione democratica sancita delle spietate e corrotte catene di Versailles. Poi, quando il conflitto attuale ha travolto in una grandiosa bufera tutta l’Europa, il grido del Fuehrer e del popolo tedesco è diventato quello di tutti i popoli europei che si agitano, è vero, in differenti e rumorose correnti politiche, ma tutti anelano unicamente al ritorno di una era di pace, cioè di libertà e di pane. Adolfo Hitler, Comandante Supremo di quelle Forze Armate germaniche che sono l’unica garanzia della salvezza di tutti i popoli europei dall’anarchia, dal terrore rosso o dallo sfruttamento giudeo-plutocratico, impersona oggi tutte le speranze di un sereno avvenire, nel quale l’armonia e la cessazione di ogni discordia possano permettere a tutti di vivere in pace la propria vita.
Il Fuehrer, all’inizio della guerra, ha vestito la gloriosa uniforme della SS e ha dichiarato che non la toglierà che quando l’alloro della vittoria adornerà la bandiera nazionalsocialista. In questo suo gesto è tutta la fierezza del vecchio soldato. Volontario nell’Esercito germanico nel 1914, il soldato semplice Hitler si battè valorosamente. Orfano seppe rinunciare alle licenze e ai permessi affinché altri soldati potessero avere la gioia di visitare i propri cari. Egli partecipò a 48 grandi battaglie sul fronte francese, fu due volte ferito ed ottenne le croci di ferro di prima e di seconda classe. La croce di ferro di prima classe è assai rara fra i soldati. Quando, nel novembre del 1918, la Germania fu vinta non già sui campi di battaglia ma per il crollo interno (una specie di otto settembre dei politicanti ai danni dei soldati), il caporale Adolfo Hitler giurò a se stesso che mai avrebbe avuto pace sinché i delinquenti responsabili del crollo non avessero avuto quello che si meritavano e la Germania del disonore fosse diventata nuovamente il Paese dell’Unità e della Forza. Così lo sconosciuto soldato si recò tra il suo popolo avvilito ed iniziò il suo lavoro. Creò il movimento nazionalsocialista, espressione tipica della sua volontà di riscossa e del suo profondo concetto di quello che siano diritto e giustizia. Instancabile, Egli lavorò anno per anno, senza accasciarsi per gli smacchi apparenti, senza mia cedere anche quando la partita sembrava perduta. Superò ostacoli immensi, sorgeva vittorioso sopra tutte le barriere che si opponevano alla sua marcia trionfale. Braccato dalle autorità costituite, Egli diventava sempre più popolare fra il suo popolo sinché riuscì a conquistare il potere non già con una rivolta armata ma con la legalità. Questo perché la sua dottrina aveva già vinto con una rivolta ideale quasi senza riscontro nella storia di tutti i popoli.
I tedeschi oggi dicono che nella loro storia esiste un solo genio nell’arte della guerra e della diplomazia che possa essere paragonato al Fuehrer: Federico il Grande. E questo è il più grande elogio che Gli si possa fare.
Goering ha detto al suo Capo che Egli possiede due qualità che lo rendono padrone del proprio destino e di quello del popolo germanico:
1) una conoscenza assoluta nel campo tecnico e militare. Egli conosce sino al dettaglio le possibilità di ogni arma e non esiste arma moderna della quale egli non sappia perfettamente l’efficienza;
2) avendo fatto la guerra mondiale come semplice soldato, può conoscere i bisogni e i desideri dei combattenti.
Forte di queste doti, nel fiore dell’età virile, Adolfo Hitler compier il suo cinquantacinquesimo anno. All’affetto e alle dimostrazioni di fedeltà del popolo germanico, gli italiani d’onore e di fede aggiungono il loro riconoscente saluto augurale.
La Sua opera è per noi una lezione ed un esempio.
Un vecchio proverbio olandese dice: Perduto il denaro, perduto niente; perduto l’onore, perduto molto; perduto il coraggio, perduto tutto. Facciamo nostro questo proverbio pieno di senno e di realismo.
Le durissime lezioni che la realtà ha impartito al popolo italiano debbono averli insegnato che gli avvenimenti storici debbono seguire fatalmente il loro ciclo. Come, nell’ora del dolore, del disonore e del crollo, il popolo germanico si è riunito attorno al Fuehrer per la rinascita, così oggi gli italiani, senza individualismi, debbono stringersi attorno al loro Capo per ridare all’Italia il suo posto nel mondo.
FELICE BELLOTTI