Moschetto automatico Beretta
Moschetto automatico Beretta
In queste schede è stato più volte scritto come i moschetti automatici, successivamente denominati mitragliatori, vennero elaborati e testati sul campo verso la fine del primo conflitto mondiale. In questo settore il tanto ingiustamente vituperato regno d’Italia fu protagonista, in quanto progettò la prima mitragliatrice leggera munizionata con proiettili da pistole, che può essere vista come la progenitrice di tutte le mitragliatrici: lo scrivente allude alla Villar Perosa a due canne, chiamata anche Fiat mod. 1915. Eppure quest’arma, un po’ come tutti i prototipi innovativi, risulta molto distante dall’idea di mitragliatore che successivamente prese campo in tutte le nazioni civilmente avanzate: questo infatti era un fucile automatico caratterizzato non solo dall’alta cadenza di fuoco, ma anche dalla grande maneggevolezza e facilità di trasporto, mentre la Villar Perosa non era affatto manovrabile e di semplice utilizzo a causa del suo notevole peso e nonostante la presenza di due imbracci essa non era per nulla adatta per l’utilizzo nei reparti d’assalto.
Alla fine del primo conflitto mondiale l’ingegnere Tullio Marengoni, impiegato presso la Fabbrica d’armi Beretta di Gardone di Val Trompia, pensò di ideare un nuovo fucile partendo proprio dalla pesantissima Fiat 1915: la sua intuizione, geniale, fu quella di “tagliare a metà” il corpo bicanne della Villar Perosa e di montare uno solo dei due corpi su un fusto per moschetto. Ottenne così un’arma veloce e leggera , adatta all’utilizzo per la fanteria, la prima mitragliatrice che comparse sul territorio italiano. Per motivi economici comunque questo fucile, pur comparendo sui campi di battaglia, non venne mai ufficialmente adottato dall’esercito italiano.
In seguito la Beretta produsse un nuovo modello di moschetto (il 1918) che era munizionato con lo stesso calibro del precedente, il 9 mm Glisenti, ma che presentava delle caratteristiche meccaniche migliori. Successivamente a delle modifiche condotte personalmente dall’ing. Marengoni si giunse al MAB (Moschetto Automatico Beretta) 1938, alimentato dal 9 mm Parabellum e dotato di due grilletti, uno per il colpo singolo e l’altro per il tiro a raffica. Venne inoltre aggiunto un nasello nella canna per permettere l’innesto di una baionetta. Dal mod. 1938, in realtà un prototipo, si decise di produrre quasi subito il mod. 1938-A, che presentava l’applicazione di un rompi fiamma a quattro intagli, un’impugnatura maggiormente ergonomica ed era alimentato con una diversa cartuccia, la Fiocchi 1938: questa era una cartuccia da 9 mm simile al 9 mm Parabellum (tanto che queste potevano tranquillamente essere intercambiate), ma meno potente, dotata di una carica meno raffinata (quindi più economica). Era dotato di una baionetta fissa, ripiegabile lungo il fusto. Alla sua presentazione fu tale l’entusiasmo che provocò che subito ne venne ordinato un grande lotto destinato ad armare la polizia coloniale italiana in Africa e 2000 unità per potenziare gli organi di sicurezza nazionali.
Il funzionamento cinematico di questo moschetto era piuttosto semplice: canna fissa con utilizzazione diretta del rinculo, l’unico organo movente era l’otturatore che sotto la spinta dei gas rilasciato durante lo scoppio basculava indietro provocando l’espulsione del bossolo ed il caricamento del percussore mentre ritornando in sede provvedeva ad armare la nuova cartuccia. Questo fucile era lungo 947 mm (canna da 320 mm) e pesava 3,945 kg. Utilizzava dei caricatori di ampiezza variabile da 10-20-30-40 cartucce ed era dotato di un alzo regolabile che permetteva il tiro sino a 300 m. Il proiettile fuoriusciva con una velocità iniziale di 450 m/s. Il sistema di raffreddamento era costituito da un tubo di protezione forato esterno coassiale alla canna.
Da questo fortunato fucile, invero piuttosto affidabile, preciso e sicuro, ne venne in seguito elaborato un altro, il MAB 1938-A/1943. Questo moschetto differiva dal precedente per la canna accorciata a 200 mm, l’abolizione del tubo di raffreddamento ed il differente sistema di mira: alcuni modelli erano dotati di un’unica tacca di mira fissa sui 100 m, altri di un alzo a fogliette regolabile sino ai 200 m. Era lungo 80 cm ed il funzionamento cinematico era immutato rispetto al precedente modello, con l’unica differenza costituita dalla minore velocità posseduta dal proiettile , 430 m/s.
La produzione di questi fucili fu ritardata dall’inizio della guerra, così solo a partire dal 1942 questo moschetto venne distribuito alle forze speciali italiane. Dopo l’ 8 Settembre 1943 la maggior parte di questi fucili, appena costruiti, stava per essere rubata dalle forze partigiane italiane: fu solo grazie ai soldati tedeschi che questi moschetti tornarono a difendere l’Italia dall’invasore nelle mani dei soldati della Repubblica Sociale Italiana, infatti questi si preoccuparono di trasferire queste armi al sicuro prima che finissero nelle mani sbagliate.
Nell’ambito della cultura popolare, si registra la presenza di questo fucile in un solo videogioco, Call of Duty 2: Big Red One.
Pasquale Piraino