Dive del Terzo Reich: Marika Rökk

MARIKA RÖKK

marika161Il pubblico dei film-rivista tedeschi amava in particolare una diva: Marika Rökk. Nata al Cairo il 3 novembre 1913 da genitori ungheresi, tra il 1936 e il 1938 aveva cominciato a farsi un nome lavorando in coppia con Johannes Heesters, un altro beniamino del pubblico, straniero come lei. La coppia Rökk-Heesters resse per tre film soltanto – Lo studente povero (Der Bettelstudent, 1936), Gasparone (idem), 1937 e Una ragazza indiavolata (Hallo, Janine, 1939) – e proprio quando sembrava ripetere i successi del duo Harvey-Fritsch, il partner di Marika Rökk lasciò l’UFA perché non voleva più «fare i film di Marika Rökk, ma i film di Johannes Heesters». Da sola, l’attrice ungherese seppe cavarsela meglio, pensando a far carriera con una determinatezza che non escludeva colpi mancini, tanto da meritare ben presto il soprannome di Kollegenfresser, cioè “mangia colleghi”. Da quando aveva preso a spalleggiarla il regista Georg Jacoby, diventato poi suo marito, la Rökk poteva veramente dire di poter ottenere tutto quel che desiderava: compensi favolosi – mancando i quali sarebbe tornata in Ungheria – e film-rivista concepiti su misura per lei, sempre secondo lo stesso schema. I “Rökk-Filme” prendevano spunto dalle avventure di un’oscura ballerina e cantante che, inevitabilmente, finiva con raffermarsi, non senza però aver inghiottito l’amaro fiele delle delusioni e degli inganni. In La stella di Broadway (Und du, mein Schatz, fährst mit, 1936) la protagonista gela la corte troppo insistente di un plutocrate americano dicendo: «Gli animali sono buoni, solo gli uomini sono cattivi».

In realtà la Rökk non sembrava affatto tagliata per il musical, nonostante sapesse ballare il tip-tap, cavalcare con o senza sella ed esibirsi in numeri d’alta acrobazia, sempre cercando comunque di somigliare il più possibile al suo modello d’ispirazione: Eleanor Powell. Anche se un critico aveva scritto: «A che ci serve la Powell? Adesso abbiamo la Rökk», l’attrice ungherese, che scambiava il musical per una lezione di ginnastica, non ebbe mai i gesti eleganti e leggeri della collega americana. E questo anche per una semplice questione di fisico: le gambe corte e robuste, la vita tutt’altro che sottile, una linea più da ragazzotta tutta salute che da slanciata diva hollywoodiana non l’aiutarono certo a sembrare quel che avrebbe voluto essere. Invano l’operatore Konstantin Irmen-Tschet le aveva fissato sul pavimento i punti da cui, ripresa nella prospettiva giusta, potesse apparire più snella. Del resto la Rökk proveniva dall’ambiente circense, dove volteggiare da un trapezio all’altro e tenersi in piedi su un lipizzano al trotto richiedeva più muscoli d’acciaio, che brio e gambe lunghe.marika160

Dopo aver studiato danza a Budapest, a 15 anni divenne l’acrobata di punta del “Berliner Wintergarten” e spesso si recò in tournée al seguito della compagnia Hoffmann. Quando questa si sciolse, l’artista ungherese cominciò a frequentare a New York i corsi di danza di Nat Wayburn. Ritornata in patria, l’assunse il circo Renz. Fu lì che la videro, nell’ottobre 1934, durante uno spettacolo a Vienna, i registi Correi e Ucicky. Entusiasti della sua vitalità e del suo talento equestre, le fecero firmare il primo contratto con l’UFA, al quale sarebbero seguiti molti altri. Con la sua apparizione in Kora Terry, dove ricoprì i ruoli di due sorelle dal carattere cosi opposto, che per permetterle di immedesimarsi nelle parti si giravano al mattino le scene con Mara (la buona) e al pomeriggio quelle con Kora (la cattiva), si consolidò la leggenda del virtuosismo di Marika Rökk, tramandata fino ai nostri giorni. Quanto al suo talento d’attrice, lei stessa una volta si è definita un «vulcano mimico» . Nonostante la sua vulcanicità, che in molte scene di rivista la portò a ballare sulle mani e a traversare il palcoscenico facendo la ruota, non le si notava mai un capello fuori posto o il trucco sfatto. Solo un sorriso a labbra sigillate tradiva la difficoltà di quelli che sembravano più esercizi ginnici che numeri di ballo. Fra le numerose commedie musicali girate dal marito-Pigmalione sulla scia della moda hollywoodiana va ricordata La donna che ho sognato (Die Frau meiner Träume, 1944) dove Marika impersona una diva di nome Julia che durante una vacanza s’innamora di un ingegnere (un inibitissimo Wolfgang Lukschy). Il film contiene molte scene di rivista alla Busby Berkeley, come quella iniziale in cui, indossando un miniabito di raso nero, con guarnizioni di piume rosse, la Rökk canta: «In der Nacht ist der Mensch nicht gern allein» («Di notte non si sta bene soli») e avanza sul palcoscenico a passi lenti. Anche la scena finale di La donna che ho sognato si ispira alle coreografie americane dell’epoca, inscenando un matrimonio da favola in occasione del quale la Rökk e il suo partner Lukschy volteggiano, vestiti di bianco, in un salone affollato da girls e arpe gigantesche. Questo appare come il più tipico dei “Rökk-Filme” i cui elaborati numeri musicali fornivano all’attrice continui spunti per esibirsi nelle sue specialità atletico-canore. Ma nonostante il suo impegno e il suo professionismo, dei quali la Rökk dà prova tangibile quando esegue la verticale sulla neve o cammina in equilibrio sulle mani o esegue numeri ginnici al trapezio (come in La stella di Broadway) o ancora si scatena in una czarda indiavolata e, subito dopo, in veloci passi di step (ad esempio in Karussel), non le riuscì forse mai d’essere sciolta e naturale come avrebbe desiderato.

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