La magia nel mondo nordico (seconda parte)
La magia del mondo nordico (seconda parte)
La magia nel mondo nordico (prima parte)
Lo stato di trance sciamanico è simile a quello della morte. Si riteneva infatti che coloro che praticavano la magia traessero il loro potere da un costante rapporto con l’aldilà. È noto a esempio l’uso dell’útiseta (lett. «sedere di fuori»): era abitudine del mago o della strega sedere in determinati punti (specie presso i tumuli) in attesa che lo spirito di un morto si manifestasse per trasmettere i propri segreti. Anche di Odino è detto che parlava con gli spiriti dei morti.
Le fonti scandinave conservano il ricordo di casi di magia bianca. Così è ricordata una «magia risanatrice» (líknargaldr m.) e altri incantesimi giovevoli. Nel Libro dell’insediamento si riferisce invece di tale Puríðr, la quale era capace di attirare i pesci verso la riva.
Il numero dei casi di magia ostile e pericolosa è tuttavia di gran lunga preponderante. Ai maghi e alle streghe era attribuita la capacità di mutare la volontà delle persone e il corso degli eventi. Di Odino, come detto, è riferito che poté possedere Rindr solo grazie alla magia. Nella Saga di Gísli è narrato che le sventure di Gísli erano dovute al fatto che un mago, tale Porgrímr Nasone, aveva fatto una magia contro di lui; è tuttavia precisato che egli poté godere di un periodo di relativa tranquillità su un’isola poiché quando Porgrímr Nasone aveva fatto la magia non gli era venuto in mente di comprendervi le isole esterne. Nella Saga di Kormákr è riferito invece che il matrimonio tra Kormákr e Steingerðr andò a vuoto poiché egli a causa di una magia (che gli provoca impotenza?) si tirò inspiegabilmente indietro. Nella Saga di Egill è riferito che la regina Gunnhildr fece fare una magia affinché lo scaldo Egill non dovesse trovar pace in Islanda prima che lei lo avesse veduto. Nella Saga dei valligiani di Laxárdalr si narra di un giovane che fu attratto fuori casa con un canto magico e trovò immediatamente la morte.
Un’altra abilità attribuita ai maghi è quella di provocare un’improvvisa oscurità per difendersi dai nemici. Così è riferito a esempio a proposito del famoso stregone Eyvíndr kelda («Fonte»?). Un simile prodotto di magia è detto «elmo che nasconde» (huliðshjálmr m.): sorta di barriera che rende invisibile una persona. Una magia collegata alla capacità di confondere la vista dei nemici mutando l’aspetto delle cose è quella denominata sjónhverfing f. «inganno della vista». Grazie a essa si muta agli occhi di una persona l’aspetto esteriore di un essere: così in una saga un tale Oddr viene fatto apparire dapprima come una conocchia, poi come un caprone, infine come un cinghiale. Nella Saga di Hörðr è detto del protagonista che non era soggetto a questo inganno.
Gli esseri stregoneschi sono inoltre capaci di provocare tempeste (galdrahrið o gerningahríð f.), alluvioni o frane: in una saga è riferito a esempio che la maga Auðbjörg girò alcune volte attorno alla propria casa in senso contrario a quello del sole annusando in tutte le direzioni con le narici dilatate; in tal modo provocò una bufera di neve e una valanga che precipitò su una fattoria seppellendo dodici persone. L’opposto potere (dunque una manifestazione di «magia bianca»?) è attribuito nell’Edda a Odino e alle valchirie. Un’altra capacità ben nota degli esseri magici è quella di rendere inoffensive (specie con lo sguardo) le armi dei nemici. Di questa magia, parallela a una ben nota abilità di Odino, si riferisce in molte saghe. Le streghe sono inoltre ricordate in forma di mara, «incubo» notturno che uccide una persona cavalcandola. Sotto questo aspetto sono esseri perversi, espressione di tutta la simbologia nefasta, come dimostrano anche altre connessioni. Nel Canto dì Hyndla esse vengono fatte risalire a Loki, dio malvagio, il quale (evidentemente sotto forma di donna) le partorì dopo essersi cibato di un cuore mezzo cotto trovato per via e che lo aveva reso gravido. Un altro collegamento, quello col lupo e col serpe, sottolinea questa simbologia. Le streghe vengono così a incarnare il principio femminile pervertito, il potere sulla vita degenerato e stravolto nei suoi scopi. Per questo sono altresì l’immagine degradata della donna sovrannaturale. Così nelle parole di Odino stesso che pure è mago è suggerito di guardarsi dalle parole gentili delle streghe e dal dormire presso di loro. Una strega per eccellenza, Heiðr, appartenente alla stirpe dei Vani, è colei che fu mandata presso gli Asi per introdurre fra loro il principio della cupidigia e della lussuria. Di lei è detto che «sempre era la delizia della sposa malvagia». Costei si presenta dunque come l’immagine del principio femminile pervertito. L’immagine della strega come creatura maligna è espressa anche nel termine túnriða, letteralmente «[colei che] cavalca sul recinto», in cui si allude alle figure delle streghe staccate dal corpo che cavalcano per aria. Un atto di magia nera ben noto alla tradizione è quello di mandare un «emissario» (sendingr m.), cioè un essere magico, che vada a danneggiare o a uccidere la persona alla quale viene inviato. Ciò sottolinea la capacità dei maghi e delle streghe di agire da lontano e riconduce alla pratica magica fondamentale che è quella di staccare l’anima dal corpo e di inviarla in giro spesso in aspetto animale. È noto a esempio che una ferita inferta all’animale magico risulta poi nel corpo della strega. La designazione della strega come hamleypa (f.) è riferita proprio alla sua capacità di assumere forma diversa (hamr m.).
Una caratteristica peculiare di coloro che praticano la magia (specie le donne) è la capacità di divinare il futuro, abilità detta anche tipica dei Vani, maestri di magia. I termini spámaðr m. «indovino» e spákona «maga» (lett. «indovina») esprimono chiaramente questa funzione. Di un seiðr divinatorio si hanno numerosi esempi.
Sulla pietra di Björketorp (Blekinge, Svezia, VII secolo) è incisa in rune una «profezia di male» (upArAbAsbA).