Trattati sui tre scopi
“L’uomo, la cui vita può raggiungere i cent’anni, deve suddividere il suo tempo e dedicarsi ai tre scopi della vita, … in modo che non si danneggino l’un l’altro” (Kamasutra, I, 2, 1).

Coppia e scena di danza, particolare di fregio del tempio di Vishnu Dashavatara, 500 circa, da Deogarh (Urtar Pradesh), New Delhi, National Museum.
Trattati sui tre scopi
Religione e giustizia (dharma), profitto (artha), soddisfazione del desiderio (kama) sono i tre scopi della vita terrena consacrati dalla dottrina brahmanica: numerosi testi si occupano di illustrarne la realizzazione, e tre, ciascuno per il suo ambito, conquistano per vari motivi speciale autorità. Il Manavadharmashastra (alla lettera, “Codice sul dharma di Manu”), chiamato anche Manusmriti, “Tradizione di Manu”, dove Manu è una sorta di grande patriarca dell’umanità, risale presumibilmente ai primi secoli dopo Cristo; redatto in facili strofe metriche (shloka), comprende un’esauriente trattazione della dottrina degli stadi della vita, nella quale è ampiamente sviluppata la centralità del ruolo del capofamiglia. Il più antico e celebre testo sull’artha è l’Arthashastra attribuito a Kautilya, chiamato anche Kautalya o Chanakya, leggendario ministro del re Chandragupta Maurya (fine del IV secolo a.C), sebbene molti studiosi non accettino una datazione così remota. Quest’opera è indirizzata specificamente alla figura del sovrano, in una concezione dello stato fortemente centralizzata: l’idea sottesa è che l’artha sia lo scopo primario del re, dal cui comportamento dipende il benessere di tutta la popolazione. Sul kama il testo fondamentale è il Kamasutra di Vatsyayana, come l’Arthashastra in prosa, e il più antico – risale probabilmente al III secolo – a essere giunto fino a noi sull’argomento. Prezioso documento sulla società dell’epoca, ricco di pagine di acuta psicologia, a differenza della trattatistica brahmanica in generale il Kamasutra appare, almeno in certe sue sezioni, rivolto direttamente anche a un pubblico femminile.
Approfondimenti
li primo traduttore delle Leggi dì Manu in una lingua europea fu William Jones (1746-1794), presidente inaugurale della Asiatic Society of Bengal e figura basilare nella storia della linguistica comparata. Nella cattedrale di St. Paul a Londra una statua lo ritrae chino su un grande volume che rappresenta, appunto, la sua traduzione del trattato di Manu.