L’evirazione di Urano
L’evirazione di Urano
a) Urano generò i Titani dalla Madre Terra dopo aver cacciato i Ciclopi, suoi figli ribelli, nel remoto Tartaro, un sinistro luogo che dista dalla terra quanto la terra dista dal cielo. Un’incudine di ferro precipita per nove giorni prima di toccarne il fondo. Per vendicarsi, la Madre Terra indusse i Titani ad assalire il padre loro; e così essi fecero, guidati da Crono, il più giovane dei sette che si era armato di un falcetto di selce. Colsero Urano nel sonno e Crono spietatamente lo castrò col falcetto, afferrandogli i genitali con la sinistra (che da quel giorno fu sempre la mano del malaugurio) e gettandoli poi assieme al falcetto in mare presso Capo Drepano. Gocce di sangue sgorgate dalla ferita caddero sulla Madre Terra, ed essa generò le tre Erinni, furie che puniscono i crimini di parricidio e di spergiuro; esse sono chiamate Aletto, Tisifone e Megera. Le Ninfe del frassino, chiamate Melie, nacquero anch’esse da quel sangue.
b) I Titani in seguito liberarono i Ciclopi dal Tartaro e affidarono a Crono la sovranità sulla terra. Non appena ebbe il supremo potere, tuttavia, Crono esiliò nel Tartaro Ciclopi e Titani, unitamente ai Giganti dalle cento braccia, e presa in moglie sua sorella Rea governò sull’Elide.(1)
(1) Esiodo, Teogonia 133-87 e 616-23; Apollodoro, I 1 4-5; commento di Servio all’Eneide di Virgilio V 801.
Approfondimenti:
1 Esiodo, che riferisce questo mito, era un cadmeo, ed i Cadmei vennero dall’Asia Minore probabilmente dopo il crollo dell’impero ittita, portando con sé la leggenda della castrazione di Urano. Sappiamo tuttavia che tale leggenda non era di origine ittita, poiché ne conosciamo una versione urrita più antica. La versione di Esiodo ricorda forse un’alleanza tra i vari coloni pre-ellenici della Grecia meridionale e centrale, le cui tribù erano ligie al culto dei Titani e che si unirono contro i primi invasori ellenici giunti dal nord. Essi conclusero vittoriosamente la guerra, ma poi pretesero di imporre la loro sovranità agli indigeni del nord, che avevano liberato. La castrazione di Urano non va interpretata come una semplice allegoria, poiché probabilmente alcune delle tribù vincitrici provenivano dall’Africa orientale dove, ancor oggi, i guerrieri Galla vanno in battaglia portando appeso alla cintura un falcetto col quale castrano i nemici; vi sono strette affinità tra i riti religiosi dell’Africa orientale e quelli dell’antica Grecia.
2 Per i Greci di epoca più tarda, Crono fu Chronos, cioè «il Padre Tempo » che avanza inesorabile con la sua falce. Egli viene dipinto spesso con un corvo al fianco, come Apollo, Asclepio, Saturno e l’antico dio britannico Bran; e cronos probabilmente significa «corvo» come il latino cornix e il greco corone. Il corvo era un uccello oracolare e si supponeva che ospitasse l’anima del re sacro dopo il suo sacrificio.
3 In questo mito le tre Erinni, o Furie, che nascono dal sangue di Urano, sono la triplice dea stessa; vale a dire che, durante il sacrificio del re, destinato a fecondare i frutteti e i campi di grano, le sacerdotesse della dea indossavano minacciose maschere di Gorgoni per spaventare e scacciare i visitatori profani. I genitali del re venivano gettati in mare perché i pesci diventassero più prolifici. Secondo i mitografi, le Erinni avrebbero dovuto ammonire Zeus a non evirare Crono con la stessa falce; ma in origine il loro compito fu di vendicare soltanto le ingiurie fatte alla madre o a un supplice che invocasse la protezione della dea Terra, e non le ingiurie fatte al padre.
4 Le Ninfe del frassino sono le tre Furie sotto un aspetto più benigno: il re sacro veniva consacrato al frassino, di cui ci si serviva in origine durante le cerimonie propiziatorie della pioggia. In Scandinavia il frassino divenne l’albero della magia universale; le tre Norme, o Parche, amministravano la giustizia all’ombra di un frassino e Odino, attribuendosi la paternità del genere umano, ne fece il suo magico destriero. Nell’antica Grecia come in Libia, la pioggia fu senza dubbio invocata dalle donne mediante arti magiche.
5 Falci neolitiche di osso, con lame di selce o di ossidiana, venivano ancora usate nei riti religiosi quando già da molto tempo nessuno se ne serviva più per uso agricolo.
6 Secondo la mitologia ittita, Kumarbi (Crono) stacca con un morso i genitali del dio del cielo Ami (Urano), inghiotte parte dello sperma e sputa il resto sul monte Kansura dove lo sperma genera una dea; e il dio dell’Amore, concepito da Anu in questo modo, viene staccato dal suo fianco dal fratello di Anu, Ea. Codeste due nascite sono state fuse dai Greci nella leggenda di Afrodite che sorse dal mare fecondato dai genitali di Urano. Kumarbi genera poi un altro figlio che gli viene estratto dalla coscia (così come Dioniso rinacque da Zeus): codesto nuovo dio guidava il carro del temporale trainato da un toro, e accorse in aiuto di Anu. Il «coltello che separò il cielo dalla terra» è citato nello stesso mito come l’arma che uccise il figlio di Kumarbi, il gigante Ullikummi nato dalla terra.