Era e i suoi figli

Era e i suoi figli

Heraa) Era, figlia di Crono e di Rea, nacque nell’isola di Samo o, come altri dicono, ad Argo, e fu portata in Arcadia da Temeno, figlio di Pelasgo. Le Stagioni furono le sue nutrici. Dopo aver bandito Crono, Zeus, fratello gemello di Era, la raggiunse a Cnosso, in Creta, oppure, secondo altri, sul monte Tornace (ora chiamato Montagna del Cuculo), in Argolide, dove la corteggiò, dapprima senza successo/ Era ebbe pietà di lui soltanto quando egli si trasformò in un cuculo infreddolito, e teneramente lo riscaldò sul proprio seno. Ma Zeus subito riassunse il proprio vero aspetto e la violentò, ed Era fu così costretta a sposarlo.

b) Tutti gli dèi recarono doni agli sposi; la Madre Terra diede a Era un albero dalle mele d’oro che fu poi custodito dalle Esperidi nell’orto di Era sul monte Atlante. La dea trascorse la sua prima notte di nozze con Zeus a Samo, e fu una notte di nozze che durò trecento anni. Era si bagna regolarmente nella fonte di Canato, presso Argo, e così riacquista la sua verginità.

c) Da Era e Zeus nacquero gli dèi Ares, Efesto ed Ebe, benché taluni dicano che Ares e la sua gemella Eris furono concepiti da Era quand’essa toccò un certo fiore, ed Ebe quando essa toccò una lattuga, e che anche Efesto nacque da lei per partenogenesi. Efesto non volle credere a un simile prodigio finché non ebbe imprigionata Era su una sedia meccanica, i cui braccioli si ripiegavano su chi vi stava seduto sopra, costringendola a giurare sullo Stige che quanto diceva non era bugia. Altri sostengono che Efesto nacque da Era e da Talo, il nipote di Dedalo.

Approfondimenti:

1) Il nome di Era, interpretato di solito come parola greca che significa «signora», deriva probabilmente da Herwa («la protettrice»). Essa fu la Grande Dea pre-ellenica, venerata soprattutto a Samo e ad Argo, benché gli Arcadi si vantassero d’essere stati i primi a fondarne il culto, contemporaneo a quello del loro antenato, l’autoctono Pelasgo («antico»). La leggenda di Era costretta a sposare Zeus ricorda forse la conquista di Creta e della Grecia micenea, cioè della Grecia cretizzata, e il decadere della supremazia della dea in ambedue i paesi. La metamorfosi di Zeus in cuculo va forse interpretata nel senso che certi Elleni, giunti a Creta come fuggiaschi, accettarono di arruolarsi nella guardia reale, fecero una congiura di palazzo e si impadronirono del regno. Cnosso fu saccheggiata due volte, a quanto pare dagli Elleni, verso il 1700 a.C. e verso il 1400 a.C. Micene cadde nelle mani degli Achei un secolo dopo. Il dio Indra, nel Ramayana, si trasforma ugualmente in cuculo per corteggiare una Ninfa; e Zeus eredita lo scettro di Era, sormontato da un cuculo. A Micene furono ritrovate statuette auree di una dea  argiva che  reggeva  sulla mano un cuculo, e dei  cuculi sono pure appollaiati sul modellino di un tempio che proviene dalla stessa località. Nel famosissimo sarcofago cretese di Haghia Triada si vede un cuculo appollaiato sulla bipenne.

2) Ebe, la grande dea nella sua epifania di fanciulla, nel culto olimpico divenne coppiera degli dèi. Sposò Eracle quando Ganimede la sostituì come coppiere. «Efesto» pare fosse un appellativo del re sacro riferentesi a lui come semidio solare; «Are », un appellativo del suo capo militare e successore, il cui emblema era un cinghiale. Ares ed Efesto divennero nomi di divinità quando si stabilì il culto olimpico e furono scelti per assumere il ruolo, rispettivamente, di dio della guerra e di dio-fabbro. Quei «certi fiori» toccati da Era erano probabilmente fiordalisi; secondo Ovidio, fu la dea Flora (il cui culto era associato ai fiordalisi) che li indicò a Era. Nella mitologia popolare europea, al biancospino vengono attribuite concezioni miracolose; nella letteratura celtica questa pianta è la «sorella» del prugno selvatico, simbolo della contesa, cioè  la  sorella  gemella  di  Ares,  Eris.

3) Talo, il fabbro, era un eroe cretese nato dalla sorella di Dedalo, Perdice («pernice»), che i mitografi identificarono con Era. Le pernici, sacre alla Grande Dea, venivano onorate durante le orge dell’equinozio di primavera nel Mediterraneo orientale con una strana danza saltellante che voleva imitare l’andatura della pernice maschio. Secondo Aristotele, Plinio ed Eliano, le pernici femmine rimanevano fecondate quando udivano il canto del maschio. Efesto e Talo pare fossero il medesimo personaggio, e ambedue furono scagliati giù da un’altura da rivali furibondi; probabilmente si trattava di un antico sacrificio in onore della Dea Madre.

4) In Argo, la famosa statua di Era sedeva su un trono d’oro e di avorio; la storia di Efesto che la lega alla sedia nacque forse dall’usanza greca di legare le statue degli dèi ai troni «per impedire che fuggissero». Una città che avesse perduto il simulacro del suo dio o della sua dea non avrebbe più potuto contare sulla protezione divina, e per questa ragione i Romani si fecero premura di «trasferire» (come si diceva allora eufemisticamente) i simulacri degli dèi a Roma, che nell’epoca imperiale divenne un vero nido da gazza ladra, colmo di statue rubate. «Le Stagioni furono le sue nutrici» vale a dire che Era veniva considerata una dea del calendario. Ecco il perché del cuculo, simbolo della primavera, che ornava il suo scettro, e della melagrana matura, simbolo del tardo autunno, che essa reggeva nella mano, a indicare la morte dell’anno.

5) Un eroe era, come la parola significa, un re sacro sacrificato a Era; il suo corpo riposava sotto terra, mentre la sua anima, cavalcando sul Vento del Nord, raggiungeva il Paradiso. Le mele d’oro, nel mito celtico e greco, erano appunto il passaporto per il Paradiso.

6) Non soltanto Era, ma anche Afrodite si bagnava ogni anno a Pafo per recuperare la verginità: pare che il mito ricordi la cerimonia di purificazione imposta alla sacerdotessa della Luna dopo l’assassinio del suo amante, il re sacro. Era, come dea dell’anno vegetativo, cioè primavera, estate e autunno (ciclo simboleggiato anche dalla luna nuova, piena e calante) era venerata a Stinfalo come Fanciulla, Sposa e Vedova (Pausania, Vili 22 2).

7) La notte di nozze a Samo durò trecento anni: forse perché l’annata sacra di Samo, come quella etrusca, era composta di dieci mesi di trenta giorni, mancava cioè del gennaio e del febbraio (Macrobio, I 13). Ogni giorno fu prolungato in un anno. Ma il mitografo vuole forse suggerire che passarono trecento anni prima che gli Elleni riuscissero a imporre la monogamia ai sudditi di Era.

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