Capitolo 5 del libro “Adolf Hitler, il mio amico di gioventù”

Continua la traduzione da parte di Pasquale Piraino del libro di Kubizek, Adolf Hitler, il mio amico di gioventù. Qui il capitolo quarto.

Nonostante suo padre fosse morto due anni prima che io conoscessi Adolf egli era ancora presente al’interno della sua famiglia. Sua madre ne ricordava la personalità sotto ogni punto di vista, forse perché lei, a causa del suo carattere estremamente flessibile, aveva del tutto perso le sue inclinazioni e così tutto quello che ella pensava, diceva o faceva era volto verso lo spirito del marito defunto. Essa però mancava della forza e dell’energia necessarie per esaudire le ultime volontà del marito: lei, capace di perdonare ogni cosa, amava tanto il figlio da essere incapace di educarlo fermamente. Posso solo immaginare quanto forte e duratura fosse stata l’influenza di quest’uomo sulla sua famiglia, un vero e proprio padre-patriarca la cui autorità veniva rispettata senza riserve. Adesso il suo ritratto era appeso nel posto migliore della stanza. Ricordo ancora che sugli scaffali della cucina erano ancora sistemate con cura le lunghe pipe che egli utilizzava per fumare: erano quasi un simbolo della sua presenza ancora forte nella famiglia e molte volte, quando si parlava di lui, la signora Hitler enfatizzava le sue parole guardando proprie quelle pipe, come se esse fossero testimoni della fedeltà con la quale essa manteneva il pensiero del marito.

Adolf parlava di suo padre sempre con profondo rispetto. Non lo sentii mai pronunciare una sola parola contro di lui, nonostante le loro differenti idee sulla sua carriera lavorativa. In realtà il rispetto nei confronti di suo padre tendeva a crescere col passare del tempo. Adolf comunque non era infastidito dal fatto che suo padre avesse autorevolmente deciso la futura carriera lavorativa del figlio: secondo lui questo era non solo un suo diritto, ma addirittura un dovere di padre. Era invece cosa del tutto differente che Raubal, il marito della sua sorellastra, persona del tutto incolta, un semplice impiegato delle entrate, si fosse arrogato da solo lo stesso diritto: Adolf non gli avrebbe assolutamente permesso di interferire nei suoi affari personali. L’autorità di suo padre invece rimaneva forte anche dopo la sua morte, così da continuare ad avere influenza sulla personalità di Adolf. Il temperamento di suo padre provocò in lui un moto di ribellione interiore che da segreto necessitò di poco tempo per divenire apertamente dichiarato. C’erano spesso dei forti conflitti fra i due che spesso terminavano con suo padre che gli mollava un buon ceffone, come Adolf stesso mi raccontava. Adolf ricambiava la veemenza del padre con il suo temperamento da giovane ostinato e così l’antagonismo tra i due diventava sempre più aspro.

L’ufficiale di dogana Alois Hitler manifestò un forte senso del protocollo per tutta la sua vita. C’erano infatti molte fotografie che lo raffiguravano in varie fasi della sua esistenza: poche raffiguravano i suoi matrimoni, per la maggior parte nati sotto una cattiva stella, molte invece riguardavano le varie promozioni ottenute durante la sua carriera. Svariate foto lo raffiguravano con una seria espressione da funzionario, in alta uniforme, con pantaloni bianchi e giacca scura sulla quale brillavano i bottoni lucidi disposti in doppia fila. Il volto di quest’uomo era particolare: una testa ampia e massiccia, la cui connotazione principale era costituita da un paio di baffi tagliati secondo lo stile del suo supremo comandante, l’Imperatore. L’espressione dei suoi occhi era ferma e penetrante: lo sguardo di un uomo che, come ufficiale di dogana, è costretto a guardare tutto con sospetto, ma in molte foto comunque l’aspetto altero prevale sulla “sospettosità” del suo sguardo. Persino le foto scattate dopo che Alois Hitler fosse entrato nel pensionamento mostravano che quest’uomo, in spirito, fosse ancora in servizio. Nonostante avesse superato i sessantanni non manifestava alcun segno fisico dell’età. Una di queste foto, probabilmente l’ultima scattata prima della sua morte, che si può vedere nella sua lapide a Leonding, mostra Alois Hitler come un uomo che impegnò tutta la sua vita verso il servizio ed il dovere. Devo comunque scrivere che ricordo una delle prime fotografie, datata ai suoi primi giorni a Leonding e riguardante la sua vita privata, nella quale egli appare come un buon cittadino amante del buon vivere.

L’ascesa di Alois Hitler, da figlio illegittimo di una povera cameriera sino alla rispettosa posizione di funzionario pubblico, rappresenta il percorso da una condizione insignificante ed inferiore sino al gradino più alto offerto dalla carriera statale. I suoi colleghi dell’ufficio doganale lo descrivono come un funzionario preciso e ligio al dovere, ma con dei punti deboli, pur essendo generalmente molto rigoroso. Come superiore Alois Hitler non godeva di una buona popolarità verso i sottoposti, mentre fuori dall’ufficio egli era visto come il tipico uomo liberale che non nasconde le sue convinzioni. Era molto orgoglioso del suo grado. Ogni giorno pagava la sua colazione mattutina alla locanda con la precisione tipica degli ufficiali ed i suoi abituali compagni di bevute lo consideravano una buona compagnia, anche se spesso si adirava facilmente al punto da divenire scortese, manifestando il suo innato temperamento iroso e la severità che aveva acquisito negli anni di lavoro.

La sua condizione di figlio illegittimo è chiaramente provata dal registro clericale della parrocchia di Strones. Secondo quanto scritto, la cameriera quarantaduenne Anna Maria Schicklgruber il 7 Giugno del 1837 diede alla luce un figlio che venne battezzato col nome Alois. Il padrino era il suo datore di lavoro, il contadino Johann Trummelschlager di Strones. Per quanto ne so quel bambino fu il solo e l’unico che la donna ebbe e l’identità del padre non venne mai rivelata da sua madre. Anna Maria Schicklgruber sposò in seguito il mugnaio Johann Georg Hiedler quando il figlio illegittimo era già al quinto anno d’età. Il registro della chiesa di Döllersheim indica questo:

Il sottoscritto conferma che Johann Georg Hiedler, la cui persona è ben nota ai sottoscritti testimoni, ha riconosciuto la paternità del figlio di Anna Maria Schicklgruber e richiede che il suo cognome venga inserito nel registro battesimale.

Il testo risulta firmata dal parroco e da quattro testimoni.

Johann Georg Hiedler riconobbe di nuovo la sua paternità nel 1876 in un documento ufficiale riguardante la riscossione di un’eredità presso il notaio di Weitra. Egli allora era ottantaquattrenne e sua moglie era morta già da più di trent’anni mentre Alois Schicklgruber era già da parecchi anni un ufficiale di dogana.

A causa del fatto che il ragazzo non venne ufficialmente adottato dopo il matrimonio di sua madre il suo cognome rimase Schicklgruber. Avrebbe mantenuto questo per tutta la sua vita se non fosse accaduto che Johann Nepomuk Hiedler, il fratello più giovane di Johann Georg, non avesse scritto un testamento nel quale riconosceva una modesta somma al figlio illegittimo di suo fratello. Questo costrinse Alois ad assumere il cognome Hiedler e il 4 Giugno del 1876 il nome Alois Schicklgruber presente nel registro ecclesiastico della parrocchia di Döllersheim venne cambiato in Alois Hiedler; l’autorità governativa locale di Mistelbach ratificò questa modifica il 6 Gennaio del 1877 e da quel momento in avanti Alois Schicklgruber divenne Alois Hitler, un nome che possedeva la stessa modesta importanza del precedente, ma che gli assicurava una piccola eredità.

Una volta mentre parlavamo dei suoi parenti Adolf mi raccontò la storia del cambio di cognome di suo padre. Nulla del suo “vecchio” lo aveva reso felice quanto questa modifica: Schicklgruber gli appariva piuttosto rozzo e volgare, oltre che come cognome sembrava piuttosto goffo e poco pratico. Alla stessa maniera “Hiedler” gli sembrava stonato, dal suono troppo leggero. “Hitler” invece suonava bene ed era facile da ricordare.

E’ tipico di suo padre che egli, invece di accettare la versione “Hiedler” come già avevano fatto tutti i suoi parenti, avesse inventato la nuova dizione “Hitler”. Questa decisione era perfettamente in linea con il suo temperamento incline ai cambiamenti; questo non gli venne trasmesso dai suoi superiori, infatti in quarant’anni di servizio venne trasferito solo quattro volte. Le città dove egli venne inviato, Saalfelden, Braunau, Passau e Linz, si trovano in una posizione così favorevole che costituiscono l’ambiente ideale per la vita di un impiegato doganale, ma appena egli si trasferiva in uno di questi luoghi immediatamente cominciava a cambiare casa di continuo. Durante il servizio a Braunau sono stati registrati dodici cambi d’indirizzo, ma probabilmente furono molti di più; nei due anni a Passau egli cambiò casa due volte; appena entrato in pensione egli si trasferì da Linz a Hafeld, quindi a Lambach (prima presso la Leingartner Ill e dopo presso un mulino, quindi due cambi in un solo anno) ed in seguito a Leonding. Quando conobbi Adolf egli aveva già affrontato sette traslochi ed aveva frequentato cinque scuole diverse. Questi continui cambiamenti non erano causati da cattive condizioni abitative: con sicurezza posso scrivere che la locanda Pommer (Alois Hitler amava vivere nelle locande ed in una di queste nacque Adolf) era uno dei più raffinati ed eleganti palazzi di tutta Braunau, ma nonostante questo il padre di Hitler la lasciò subito dopo la nascita di Adolf. Spesso anzi suo padre si spostava da un’abitazione più ricca ad una più povera e per lui la casa non era la cosa più importante: era invece vitale muoversi sempre. Come spiegare questa strana tendenza?

Forse Alois Hitler semplicemente non gradiva il permanere a lungo in uno stesso luogo e se da una parte il suo lavoro lo obbligava ad una certa sedentarietà, dall’altra egli cercava di ottenere una maggiore mobilità nella vita privata. Appena si abituava ad un certo posto, subito ne diveniva stanco ed annoiato. Per lui vivere significava cambiare spesso il proprio ambiente e notai questa tendenza anche in Adolf.

Per tre volte Alois cambiò famiglia. Questo fu certamente causato da avvenimenti non imputabili alla sua volontà e di certo il destino riserbò strani piani per quest’uomo. So che la sua prima moglie, Anna, soffrì molto a causa della sua irrequietezza, tanto che questa tendenza del marito causò la separazione dei due e sicuramente è stata in parte responsabile della sua morte prematura. Mentre la sua prima moglie era ancora in vita, Alois Hitler aveva già avuto un bambino da colei che sarebbe diventata la sua seconda moglie ed ancora una volta mentre la seconda moglie era gravemente malata Klara, la terza, stava già aspettando un bambino da lui: il tempo fu appena sufficiente per permettere che il figlio nascesse all’interno del matrimonio. Alois Hitler non era un marito semplice con cui vivere: più che da occasionali cenni, lo si poteva chiaramente capire dal volto triste e stanco della signora Hitler. Forse questa mancanza di armonia familiare è stata causata dal fatto che Alois Hitler non sposò mai una donna della sua stessa età: Anna era più vecchia di lui di quattordici anni, Franziska più giovane di ventiquattro anni e Klara di ventitré.

Questa strana ed atipica tendenza di suo padre a cambiare sempre la propria condizione di vita diventa ancora più evidente se si richiama alla mente che quelli erano tempi pacifici e sereni, per cui tali cambiamenti continui risultavano del tutto ingiustificati. Noto però nel temperamento del padre una spiegazione ad una strana abitudine del figlio, la cui perenne inquietudine mi ha incuriosito per lungo tempo. Quando io e Adolf passeggiavamo lungo le familiari strade della vecchia, ma bella città (tutta pace, quiete ed armonia) il mio amico a volte veniva preso da un umore tale che lo portava a proporre modifiche per tutto quello che vedeva: una data casa era in una brutta posizione, avrebbe voluto demolirla; se c’era uno spazio vuoto allora lì si sarebbe dovuto costruire qualcosa; quella strada bisognava invece di alcuni interventi correttivi atti a darne una visione più compatta; ancora suggeriva di allontanarci immediatamente da quel casolare orribile, tremendamente pasticciato; dopo consigliava di andare al castello; ancora pensava di ricostruire da zero tutta la città. Questa sua tendenza non interessava solo gli edifici: un mendicante davanti alla chiesa avrebbe per lui costituito un’occasione per ricordare come la presenza di un regime statale per il vecchio sarebbe bastata per fare in modo che egli la finisse con l’accattonaggio; una contadina che faceva trasportare il carro del latte ad un povero cane diventava invece uno spunto per un’invettiva contro la società per la prevenzione della crudeltà verso gli animali e la sua mancanza d’iniziativa; due giovani ufficiali che passeggiavano oziosamente lungo il viale, orgogliosi dello sferragliare delle loro sciabole, erano invece occasione per sottolineare la carenza di un servizio militare che permetteva un tale ozio. Questa propensione ad essere sempre insoddisfatto dello stato delle cose ed a volerle cambiare e migliorare era in lui tanto forte da essere  del tutto inestirpabile.

Questa non era assolutamente una caratteristica acquisita a causa d’influenze esterne, dalla sua educazione appresa in casa od a scuola, ma un sentimento innato che era evidente anche nel carattere insoddisfatto e mutevole del padre. Era una sorta di forza soprannaturale, dalla potenza simile a quella di un motore che azione migliaia di ruote. In ogni caso padre e figlio manifestavano questa caratteristica in modi diversi: la natura indisciplinata del padre veniva compensata da un fattore stabilizzante ovvero dalla sua posizione lavorativa. La disciplina fornì al carattere volubile di questo ufficiale un obiettivo ed una direzione: più e più volte egli scampò ai pericoli grazie al suo alto senso del dovere. La divisa da ufficiale di dogana fu quasi come una coperta che protesse la sua vita privata dalla tempesta grazie al fatto che durante il servizio egli accettava senza riserve tutto ciò che gli veniva imposto. Sebbene Alois Hitler fosse incline ad idee di stampo liberale (caratteristica poco comune all’interno del corpo austriaco) non avrebbe mai discusso l’autorità statale, incarnata nella figura dell’imperatore. Grazie alla piena sottomissione a quest’autorità riconosciuta Alois Hitler era in grado di navigare sicuro in mezzo a tutti gli scogli pericolosi ed i banchi di sabbia della sua vita, dove altrimenti sarebbe sicuramente affondato.

Questo getta inoltre una luce diversa sui suoi sforzi ostinati nel rendere Adolf un funzionario. Costituiva per lui più di una preoccupazione di un padre circa il futuro del figlio: il suo obbiettivo era piuttosto quello di dirigere suo figlio verso una posizione che necessitasse la sottomissione ad un’autorità. E’ probabile che questo padre non si sia reso conto del vero motivo di questo proposito, ma la sua determinazione nell’insistere sul suo punto di vista dimostra che egli, in qualche modo, deve avere presentito quanto fosse in gioco nel futuro di suo figlio, grazie alla sua profonda conoscenza di lui. Con eguale determinazione Adolf rifiutava di accettare le scelte di suo padre, anche se lui stesso non aveva idee chiare circa il suo futuro. Diventare un pittore avrebbe rappresentato il peggior insulto possibile a suo padre, perché avrebbe implicato un vagabondaggio solitario e senza meta al quale lui (suo padre) si era tanto opposto.

Con il suo rifiuto di intraprendere la carriera pubblica il cammino di Adolf Hitler divergeva profondamente da quello del padre; prendeva di conseguenza decisioni molto diverse, ultime ed irrevocabili. Era questa, in effetti, la prima grande decisione della sua vita. Trascorsi gli anni che seguirono a questa presa di posizione accanto a lui e posso testimoniare con quanta dedizione cercò di trovare la strada migliore per il suo futuro: non desiderava un semplice lavoro che gli garantisse una vita serena, ma una vera missione per la quale impegnare tutto il suo talento.

Alois Hitler morì improvvisamente il 3 Gennaio del 1903. Aveva sessantacinque anni ed era ancora forte ed attivo. Si recò come suo solito puntuale alle dieci per prendere qualcosa da bere alla locanda, ma cadde improvvisamente dalla sedia senza alcun preavviso: prima ancora che un dottore od un medico fossero chiamati egli era già morto.

Quando il figlio quattordicenne vide suo padre morto scoppiò in un pianto incontrollabile.

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