Odino (Óðinn) [quarta parte]

[ terza parte ]

La connessione di Odino con i lupi e i corvi, animali che si nutrono di cadaveri, sta nella sua funzione di dio che incita alla battaglia. Se uomini-lupo sono i suoi guerrieri, egli è ricordato come dio dei corvi dove si dice che due corvi, Huginn e Muninn, sono suoi amici e consiglieri. Odino è noto perciò anche come Hrafnagoð e Hrafnáss «dio (ase) dei corvi», così come Hrafnstyrandi «signore dei corvi» e Hrafnfreistuðr «tentatore dei corvi». Lo scaldo Alfredo Poeta turbolento parla di lui come «sacerdote del sacrificio ai corvi (la battaglia)».

Odino è padrone della vita e della morte: il dio cui occorre affidarsi con cieca fiducia e disponibilità. Come dio che ha potere di dare la morte, egli è detto anche Sváfnir «[colui che] addormenta (cioè uccide)». I suoi guerrieri, radunati nella Valhalla, sono detti Einherjar. Essi formano l’esercito infernale di anime di cui il dio è guida. In questo aspetto s’intravede un ulteriore legame con Mercurio psicopompo. Come capo di questo esercito Odino è detto Heráss «ase dell’esercito»; Herföðr e Herjaföðr «padre dell’esercito»; Hergautr «Gautr dell’esercito»; Hertyr «dio dell’esercito»; Herjan (o Herjann) «[signore dell’]esercito» e Herteitr «felice nell’esercito». Qui si ricollegano anche Uðr (o Unnr), verosimilmente connesso a vinr m. «amico», e Verliði «uomo della schiera». Il folclore germanico conosce la tradizione della schiera dei cavalieri selvaggi, il seguito degli invasati, quella banda di anime che in Norvegia prende il nome di oskorei, i cui componenti, talora camuffati con maschere animali, rappresentano i morti che in certi periodi dell’anno riappaiono sulla terra.

Il fulcro della figura di Odino è nel suo costante rapporto con il regno dei morti. Da quel luogo che egli visita periodicamente ripetendo un itinerario iniziatico, il dio trae ogni potere e abilità: dunque l’uomo che lo veneri e a lui si consacri non dovrà temere né il sacrificio né la morte. Ora il sacrificio in cui Odino fu immolato a se stesso prevede il rito della trafittura con una lancia e quello dell’impiccagione; tale sarà perciò un’offerta assai gradita al dio. Così è detto che Njörðr, prima di morire, si fece segnare con la punta della lancia; così soprattutto è riferito di Vikarr, trafitto con una lancia e impiccato. L’impiccagione è segno di schiavitù psichica, di magico asservimento, di sottomissione totale nell’anima e nel corpo. È la fine di un ciclo di vita, la condizione che precede il risveglio iniziatico. L’impiccato rappresenta l’uomo messo a totale disposizione del dio. L’impiccagione corrisponde nel mito e nella simbologia relativa alla bevuta rituale del liquido inebriante che dà la conoscenza, alla cavalcata selvaggia attraverso le diverse dimensioni dell’essere. Per questo l’albero cosmico è il cavallo e al contempo la forca di Odino: l’equazione cavallo = forca è comune nella poesia nordica. Il mito conosce l’immagine del dio che seduto sotto i corpi penzolanti dalle forche parla con gli impiccati. Odino è noto perciò non solo come Hangi «impiccato», Sveigðir e Geiguðr «penzolante [dalla forca]», ma anche come Hangatyr e Hangagoð «dio degli impiccati». Le allusioni a sacrifici a lui offerti, nel corso dei quali la vittima veniva impiccata, sono assai numerose. Solo in questa luce può essere inoltre spiegato un episodio nel quale si riferisce di un morto che venne innalzato sulla forca.

Odino è dunque signore assoluto, esige una devozione totale e incondizionata. I suoi fedeli gli affidano la propria vita e gli sacrificano quella degli altri per potergli essere accanto nella morte. Dell’importanza del culto a lui tributato dai Germani già testimoniava Tacito, dalle cui parole appare evidente una supremazia rispetto agli altri dèi: solo a Odino infatti, secondo lo scrittore latino, venivano offerte vittime umane. Tale consuetudine è ben testimoniata anche in Scandinavia e ne sono stati riferiti diversi esempi. Qui ancora si può ricordare il caso di Erik Ascia sanguinosa, il quale era figlio di Araldo Bella chioma. Erik è il seguace di Odino per eccellenza: nominato dal padre signore della Norvegia, egli persegui senza scrupolo alcuno i propri scopi di potere; ignorando ogni vincolo di sangue e uccidendo persino i fratelli, si guadagnò il soprannome che ne ricorda la crudele determinazione. Quando Odino fu evidentemente soddisfatto delle numerose vittime che da Erik gli erano venute, gli negò la vittoria, ma lo accolse con grandi onori fra gli eroi nella Valhalla.

Un’altra vittima illustre di Odino fu il sovrano svedese Óláfr Diboscatore: di lui si narra che, essendo il suo regno segnato da fame e carestia, fu dai sudditi sacrificato a Odino per ottenere la fecondità della terra.

Ma la vicenda che più d’ogni altra è esemplare del legame strettissimo e della fiducia totale e incondizionata che i fedeli del dio riponevano nel loro patrono è quella del re svedese Aun. È riportato che costui, giunto all’età di sessant’anni, si recò a Uppsala e là innalzò un grande sacrificio a Odino per ottenere lunga vita, immolando addirittura il proprio figlio. Odino gli diede allora questo responso: sarebbe vissuto altri sessant’anni. Dopo questo tempo, egli offrì ancora un sacrificio, immolando questa volta il secondogenito. Allora Odino gli disse che sarebbe vissuto per sempre se gli avesse sacrificato un figlio ogni dieci anni. Egli avrebbe inoltre dovuto dar nome ai distretti del Paese (la Svezia) secondo il numero di quelli che sacrificava. Aun eseguì puntualmente il volere del dio. Dopo il sacrificio del settimo figlio, visse ancora dieci anni; è detto però che era così debole che non riusciva a camminare, perciò veniva trasportato su una sedia. Sacrificò poi l’ottavo figlio ed ebbe altri dieci anni di vita; ormai però doveva bere dal corno come un neonato. Infine non gli rimase che un unico figlio: egli voleva immolarlo come gli altri e dedicare a Odino insieme a lui la città di Uppsala e i territori che a essa appartengono. Questa volta però gli Svedesi impedirono il sacrificio, così re Aun morì e fu tumulato. Una volta di più questo dio appare come il terribile e potente signore della vita e della morte.

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