Carattere e imprese di Efesto

Carattere e imprese di Efesto

a) Efesto, il dio fabbro, nacque così gracile e mingherlino che sua madre Era, disgustata, lo gettò giù dalla più alta vetta dell’Olimpo per liberarsi dall’imbarazzo che il suo pietoso aspetto le ispirava. Efesto tuttavia sopravvisse al pauroso volo poiché cadde nel mare, dove Teti ed Eurinome erano pronte ad accoglierlo. Codeste dee gentili tennero il bimbo con loro in una grotta sottomarina, dove Efesto installò la sua prima fucina e ricompensò le sue ospiti delle cortesie usategli fabbricando per loro ogni sorta di oggetti utili e ornamentali. Un giorno, quando ormai erano passati nove anni, Era incontrò Teti che aveva appuntata sulla veste una spilla fabbricata da Efesto. « Mia cara », chiese Era, « dove hai trovato un gioiello così stupendo? » Teti esitò prima di rispondere, ma Era le strappò la verità e subito riportò Efesto sull’Olimpo dove preparò per lui una splendida fucina, con venti mantici che soffiavano notte e giorno; e poiché aveva ormai grande stima del figlio combinò le sue nozze con Afrodite.

efestob) Efesto si era riconciliato del tutto con Era, tanto che osò rimproverare Zeus per averla appesa al cielo quando essa si era ribellata. Ma gli sarebbe convenuto tacere, poiché Zeus infuriato lo scagliò giù dall’Olimpo una seconda volta. Precipitò nell’aria per un giorno intero e toccando terra sull’isola di Lemno si fratturò ambedue le gambe; benché fosse immortale, era rimasta ben poca vita nel suo corpo quando gli isolani lo raccolsero. In seguito, ritornato sull’Olimpo col perdono di Zeus, potè camminare soltanto con l’aiuto di grucce d’oro.

e) Efesto è brutto e di cattivo carattere, ma ha una grande forza nei muscoli delle braccia e delle spalle e tutto ciò che fa è di un’impareggiabile perfezione. Un giorno fabbricò un gruppo di fanciulle meccaniche tutte d’oro perché lo aiutassero nella fucina; codeste fanciulle meccaniche possono anche parlare e compiere i lavori più difficili che Efesto affida loro. Il dio possiede anche venti tavolini a tre gambe, muniti di rotelle dorate e schierati tutt’attorno alla sua fucina che scivolano da soli nelle sale da banchetti degli dèi e poi, sempre da soli, ritornano ai loro posti.

Approfondimenti

1) Ad  Atene  Efesto  e  Atena  abitavano  i  medesimi   templi  e  il nome di Efesto può considerarsi una correzione di hemerophaistos, « colui che brilla durante il giorno » (vale a dire il sole), mentre Atena è la dea-Luna « quella che splende di notte », patrona dei fabbri e di tutte le arti meccaniche. Pochi sanno che ogni attrezzo, arma o utensile dell’età del bronzo aveva poteri magici e che il fabbro era ritenuto una specie di mago. Così, delle tre persone della triade Luna Brigit , la prima patrocina i poeti, l’altra i fabbri e la terza i medici. Quando la dea fu detronizzata, il fabbro fu innalzato a divinità. Secondo una tradizione diffusa dall’Africa occidentale alla Scandinavia, il dio fabbro è zoppo; in epoche primitive può darsi che si azzoppassero i fabbri di proposito per evitare che i più abili passassero a tribù nemiche. Ma nelle orge erotiche connesse con i misteri della metallurgia, si eseguiva la danza zoppicante della pernice e, poiché Efesto era il marito di Afrodite, è probabile che egli zoppicasse una sola volta all’anno, e cioè durante la Festa della Primavera. L’arte della lavorazione dei metalli giunse in Grecia dalle isole dell’Egeo. L’importazione di oggetti di bronzo e d’oro finemente lavorati durante la civiltà elladica spiega forse il mito di Efesto, custodito in una grotta sottomarina da Teti e da Eurinome, appellativi della dea del mare che creò l’universo. I nove anni che il dio trascorse in quella grotta ce lo indicano come soggetto alla Luna. La sua precipitosa caduta dall’alto di una vetta, a somiglianza della caduta di Cefalo, di Talo, di Scirone, di Ifito e di altri ancora, era sorte comune dei re sacri, in molte regioni della Grecia, quando scadeva il loro termine. Le stampelle dorate avevano forse lo scopo di tenere sollevati dal suolo i sacri talloni del re.

2) I venti tavolini a tre gambe di Efesto avevano, pare, la medesima origine dei Gasterochiri che costruirono Tirinto , erano cioè i dischi del sole con tre gambe, simili allo stemma araldico dell’Isola di Man, e indubbiamente apparivano in qualche antica raffigurazione delle nozze di Efesto con Afrodite. Essi rappresentano gli anni di tre stagioni e indicano la durata del suo regno; egli muore all’inizio del ventesimo anno, quando il ciclo solare e quello lunare approssimativamente coincidono; tale coincidenza fu ufficialmente riconosciuta ad Atene soltanto verso la fine del quinto secolo a. C. ma era stata scoperta alcune centinaia di anni prima. Efesto fu messo in rapporto con le fucine di Vulcano nelle isole Lipari perché la principale sede del suo culto, Lemno, era anch’essa un’isola vulcanica e un getto di gas naturale che sgorgava dalla vetta del monte Moschilo arse notte e giorno per secoli (Tzetze, Scoli a Licofrone 227; Eschilo, sub voce Moschilo). Un getto di gas analogo, descritto dal vescovo Metodio nel quarto secolo dopo Cristo, ardeva sul monte Lemno in Licia ed era ancora in attività nel 1801. Efesto aveva un tempio su ambedue queste montagne. Lemno (probabilmente da leibein, « colei che versa fuori ») era il nome della Grande Dea di quell’isola matriarcale (Ecateo, citato da Stefano di Bisanzio).

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