Carattere e imprese di Demetra

Carattere e imprese di Demetra

a) Benché le sacerdotesse di Demetra, dea dei campi di grano, si assumano il compito di iniziare ai misteri dell’alcova le giovani spose e i giovani sposi, la dea non ha marito. Ancor giovane e spensierata essa generò a Zeus, suo fratello, al di fuori di ogni vincolo coniugale, il lussurioso lacco e la bella Core. Ebbe un altro figlio, Pluto, dal Titano Giasio, o Giasione, di cui si innamorò durante la festa per le nozze di Cadmo e Armonia. Riscaldati dal nettare che scorreva come fiume al banchetto, i due amanti sgusciarono fuori dal palazzo e si unirono su un campo tre volte arato. Al loro ritorno Zeus indovinò quel che era accaduto dall’aspetto dei due e dal fango che ne incrostava le braccia e le gambe e, furibondo contro Giasio perché aveva osato toccare Demetra, lo colpì con la sua folgore. Ma altri dicono che Giasio fu ucciso da suo fratello Dardano, oppure fatto a pezzi dai propri cavalli.

5628b) Demetra ha un animo gentile ed Erisittone, figlio di Tropia, fu uno dei pochi uomini che essa trattò con durezza. Alla testa di venti compagni, Erisittone osò invadere il bosco sacro che i Pelasgi avevano dedicato alla dea a Dozio e cominciò ad abbattere alberi sacri per costruirsi una nuova sala per i banchetti. Demetra assunse l’aspetto della ninfa Nicippa, sacerdotessa del bosco, e gentilmente ordinò a Erisittone di desistere. Ma quando costui la minacciò con la sua ascia, Demetra gli si rivelò in tutto il suo splendore e lo condannò a soffrire la fame in perpetuo, per quanto mangiasse. Erisittone ritornò a casa e si abboffò dalla mattina alla sera a spese dei suoi genitori, ma più mangiava più diventava magro e roso dai morsi della fame, finché non fu più possibile fornirgli altro cibo ed egli dovette mendicare per le strade, mangiando rifiuti. A Pandareo di Creta, invece, che rubò il cane d’oro di Zeus e la vendicò così per l’uccisione di Giasio, Demetra concesse di non soffrire mai di dolori intestinali.

c) Demetra perdette tutta la naturale gaiezza quando le fu rapita la figlia Core, in seguito chiamata Persefone. Ade si innamorò di Core e si recò da Zeus per chiedergli il permesso di sposarla. Zeus temeva di offendere il fratello maggiore con un rifiuto, ma sapeva d’altronde che Demetra non l’avrebbe mai perdonato se Core fosse stata confinata nel Tartaro; rispose dunque diplomaticamente che non poteva né negare né concedere il suo consenso. Ade si sentì allora autorizzato a rapire la fanciulla mentre essa coglieva fiori in un prato, forse presso Enna in Sicilia o a Colono in Attica o a Ermione o in qualche punto dell’isola di Creta o presso Pisa o presso Lerna o presso Feneo in Arcadia o presso Nisa in Beozia, insomma in una delle molte regioni che Demetra percorse nella sua affannosa ricerca. Ma i sacerdoti della dea sostengono che il ratto avvenne a Eleusi. Demetra cercò Core per nove giorni e nove notti, senza mangiare né bere e invocando incessantemente il suo nome. Riuscì a sapere qualcosa soltanto da Beate, che un mattino all’alba aveva udito Core gridare « Aiuto! Aiuto! » ma, accorrendo in suo soccorso, non vide più traccia di lei.

d) Il decimo giorno, dopo lo sgradevole incontro con Posidone tra il branco di cavalli di Onco, Demetra giunse in incognito a Eleusi, dove re Celeo e sua moglie Metanira la accolsero ospitalmente, invitandola a rimanere presso di loro come nutrice di Demofoonte, il principino appena nato. La loro figlia zoppa, Giambe, cercò di consolare Demetra declamando versi lascivi e la balia asciutta, la vecchia Baubo, la indusse con un trucco a bere acqua d’orzo profumata alla menta: poi cominciò a gemere come se avesse le doglie e inaspettatamente tirò fuori di sotto le sottane il figlio di Demetra, lacco, che balzò tra le braccia della madre e la baciò.

e) «Oh, come bevi avidamente!» esclamò Abante, il figlio maggiore di Celeo; Demetra gli lanciò un’occhiataccia e Abante fu trasformato in lucertola. Pentita e un po’ vergognosa per l’accaduto, Demetra decise di fare un favore a Celeo rendendo immortale Demofoonte. La notte stessa lo tenne alto sopra il fuoco per bruciare tutto ciò che in lui era mortale. Metanira, che era figlia di Anfizione, entrò per caso nella stanza prima che la cerimonia fosse finita e ruppe l’incantesimo; così Demofoonte morì. «La mia casa è la casa della sventura!» gridò Celeo, piangendo l’amara fine dei suoi due figli, e per questo in seguito fu chiamato Disaule. «Asciuga le tue lacrime, Disaule», disse Demetra, «ti rimangono tre figli, tra i quali Trittolemo, cui io farò tali doni che scorderai la duplice perdita».

f) Trittolemo infatti, che custodiva il bestiame del padre, aveva riconosciuto Demetra dandole le notizie che sperava: dieci giorni prima i suoi fratelli, Eumolpo, pastore, ed Eubuleo, porcaro, si trovavano nei campi, intenti a pascolare le loro bestie, quando la terra all’improvviso si squarciò, inghiottendo i maiali di Eubuleo sotto i suoi stessi occhi. Poi, con un pesante tambureggiar di zoccoli, apparve un carro trainato da cavalli neri e sparì nella voragine. Il volto del guidatore del carro era invisibile, ma egli stringeva saldamente sotto il braccio destro una fanciulla che lanciava alte strida. Eubuleo aveva narrato l’accaduto a Eumolpo.

g) Avuta questa prova, Demetra mandò a chiamare Eae e insieme si recarono da Elio che vede ogni cosa, costringendolo ad ammettere che Ade si era macchiato di quell’ignobile ratto, probabilmente con la connivenza di Zeus.

Demetra era così furibonda che invece di risalire all’Olimpo continuò a vagare sulla terra impedendo agli alberi di produrre frutti e alle erbe di crescere, tanto che la razza umana minacciava di perire. Zeus, che non osava recarsi da Demetra a Eleusi, le mandò dapprima un messaggio a mezzo di Iride (e Demetra disdegnò di riceverla), poi una deputazione di dèi olimpi che recavano doni propiziatori. Ma Demetra rifiutò di tornare sull’Olimpo e giurò che la terra sarebbe rimasta sterile finché Core non le fosse stata restituita. h) Un’unica soluzione si presentava ormai a Zeus. Egli affidò dunque a Ermete un messaggio per Ade: « Se non restituisci Core, siamo tutti rovinati »; e un altro a Demetra: « Potrai riavere tua figlia, purché essa non abbia ancora assaggiato il cibo dei morti ».

i) Poiché Core aveva rifiutato di mangiare sia pure una briciola di pane dal giorno del ratto, Ade fu costretto a mascherare la propria sconfitta e le disse con voce melliflua: « Mia cara, poiché mi sembra che tu sia tanto infelice, ti riporterò sulla Terra ».

j) Core subito cessò di versare lacrime e Ade la aiutò a salire sul carro. Ma nel momento in cui essa si preparava a partire per Eleusi, uno dei giardinieri di Ade, chiamato Ascalafo, cominciò a gridare in tono derisorio: « Ho visto la mia signora Core cogliere una melagrana nell’orto e mangiarne sette chicchi! Sono dunque pronto a testimoniare che essa ha assaggiato il cibo dei morti! » Ade sogghignò e disse ad Ascalafo di arrampicarsi dietro il cocchio di Ermete.

k) A Eleusi, Demetra abbracciò felice la figlia; ma, udita la storia della melagrana, ricadde in un profondo abbattimento e disse: « Non tornerò mai più sull’Olimpo e la mia maledizione continuerà a pesare sulla terra ». Zeus indusse allora Rea, che era madre sua nonché di Ade e di Demetra, a interporre i suoi buoni uffici, e si giunse così a un compromesso: Core avrebbe trascorso ogni anno tre mesi in compagnia di Ade, come regina del Tartaro e col titolo di Persefone, e gli altri nove mesi in compagnia di Demetra. Ecate si assunse il compito di fare rispettare i patti e di sorvegliare costantemente Core.

l) Demetra acconsentì finalmente a risalire sull’Olimpo. Prima di lasciare Eleusi, iniziò ai misteri Trittolemo, Eumolpo e Celeo, unitamente a Diocle, re di Fere, che l’aveva assiduamente aiutata nelle sue ricerche. Ma punì Ascalafo per aver riferito l’episodio della melagrana imprigionandolo in una fossa chiusa da un masso pesantissimo; Ascalafo fu in seguito liberato da Eracle, e Demetra allora lo trasformò in un barbagianni. La dea ricompensò anche con messi abbondanti i Feneati dell’Arcadia, che l’avevano ospitata dopo l’oltraggio fattole da Posidone, ma proibì loro di raccogliere fave. Un certo Ciamite fu il primo che osò infrangere il divieto, e ora è a lui dedicato un tempio presso il fiume Cefiso.

m) A Trittolemo la dea diede semi di grano, un aratro di legno e un cocchio trainato da serpenti, e lo mandò per il mondo a insegnare agli uomini l’agricoltura. Ma prima lo istruì personalmente nella pianura Raria, ed ecco perché da taluni egli è detto figlio del re Raro. E a Fitalo, che l’aveva trattata con cortesia sulle rive del Cefiso, donò un albero di fico, il primo che si vedesse nell’Attica e gli insegnò a coltivarlo.

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