Thor (Þórr) – seconda parte

Thor (Þórr) – prima parte

Il culto di Thor rispecchia per molti versi la mentalità e le tradizioni della Sippe. A esso pare infatti opporsi il culto di Odino, figura che incarna il modello dei componenti del comitatus. L’antagonismo fra i due dèi trova un riflesso mitologico nel Canto di Hárbarðr in cui essi si affrontano in un duello verbale.

arthur-rackham-torThor è infatti protettore dell’ordine stabilito e promotore della fertilità. È significativo che egli sia stato senza dubbio il dio più venerato in Islanda, Paese dove si erano rifugiati coloro che volevano salvaguardare l’antica tradizione in contrasto con le crescenti istanze di rinnovamento. La storia della colonizzazione di questo Paese appare infatti strettamente collegata alla venerazione per Thor, come mostrano molti passi del Libro dell’insediamento. Di uno dei coloni più famosi, tale Þórólfr Mostrarskegg, è ricordato che portò sulla nave che lo conduceva nella nuova patria le colonne del trono della sua vecchia casa sulle quali era effigiato il dio; giunto in prossimità della costa, egli le gettò fuori bordo, andando a stabilirsi là dove esse avevano toccato terra. Questo punto fu da lui battezzato Þórsnes «promontorio di Thor». Di costui è detto anche che innalzò al dio un grande tempio (hof n.) nel luogo detto Hofstaðir: «Là egli fece innalzare un tempio, ed era una grande costruzione; c’erano porte alla parete laterale e vicino a entrambe le estremità; là dentro c’erano le colonne del trono e in esse dei chiodi; essi erano detti chiodi divini. All’interno era tutta zona sacra. Nella parte più interna del tempio c’era una costruzione simile alle sacrestie che sono ora nelle chiese, e nel mezzo del pavimento c’era un piedistallo come un altare, e ivi c’era un anello aperto di venti once: là si dovevano prestare tutti i giuramenti; il sacerdote doveva portare quell’anello alla mano durante le riunioni. Sull’altare ci doveva essere anche un catino sacrificale, e in esso un rametto sacrificale che fungesse da aspersorio, con cui si doveva aspergere dal catino quel sangue che era detto sangue sacrificale; era il sangue versato da quegli animali che erano offerti agli dèi. Attorno all’altare in [quella] costruzione era fatto posto alle effigi degli dèi. Tutti gli uomini dovevano pagare il tributo al tempio e avevano l’obbligo di aiutare il sacerdote nelle sue incombenze… ma il sacerdote doveva mantenere il tempio a sue spese affinché non decadesse e celebrarvi i riti sacrificali».

Þórólfr definiva Thor suo «amico fidato» (ástvinr m.). Dei primi coloni islandesi è ricordato che innalzavano sacrifici umani, probabilmente in onore del dio. Anche il figlio di Þórólfr, Hallsteinn, aveva grande fede in Thor: si dice che innalzò un sacrificio perché il dio gli mandasse del legno per ricavarne le colonne del trono.

Di tale Kráku-Hreiðarr è narrato che, giunto in prossimità delle coste dell’Islanda, disse che non avrebbe gettato fuori bordo le colonne del trono, poiché preferiva invocare direttamente Thor per sapere dove avrebbe dovuto stabilirsi, e aggiunse anche che se quella terra fosse già stata colonizzata da altri egli avrebbe combattuto per averla. Anche il colono Ásbjörn Reyrketilsson era un devoto di Thor: egli infatti consacrò la propria terra al dio e le diede nome Þórsmörk «foresta di Thor».

In una saga è riferito che l’equipaggio di una nave fece voto di offrire molte ricchezze a Freyr se fosse arrivato in Svezia; esse sarebbero invece andate a Thor e a Odino se fosse approdato in Islanda. La predilezione per Thor in questo Paese è testimoniata dai frequentissimi toponimi (quali Þórsá, Þórshöfn, Þórsmörk, Þórsnes), così come dagli antroponimi (a esempio Þorkell, Þórir, Þormóðr, Þórólfr, Þorsteinn m. e Þórdis, Þorgerðr f.) composti col nome del dio.

In una formula di giuramento che doveva essere pronunciata nelle assemblee vengono chiamati a testimoni tre dèi: Freyr, Njörðr e «il dio onnipotente» (inn almáttki áss): in questa figura va con ogni probabilità riconosciuto Thor, come suggerisce anche un verso che pare riecheggiare la formula e nel quale accanto a Freyr e Njörðr viene nominato il «dio del Paese» (land-áss) cioè il protettore prediletto dai coloni.

Ma la venerazione per Thor fu comunque assai diffusa in tutto il Nord e perdurò a lungo. Sono ricordati molti templi nei quali egli era venerato. Il più famoso è probabilmente il tempio innalzato a Mæren in Trondheimen (Norvegia), cui sopra si è fatta allusione e che è citato in diverse fonti. Là si recò re Óláfr Tryggvason e i pagani lo invitarono a innalzare il sacrificio secondo l’uso antico. Egli invece, dopo essere entrato nel tempio, colpì la statua del dio con un’ascia (o un bastone) e la fece cadere dal carro mandandola in frantumi. Poi convinse i pagani a farsi battezzare. La venerazione per Thor tuttavia continuò. Infatti è ricordato ancora che in seguito re Óláfr il Santo distrusse un’altra immagine di Thor che si trovava nel tempio in Gudbrandsdalen. Essa era di legno e cava e ogni giorno i fedeli vi introducevano pane e cibo: è riferito che quando fu fatta a pezzi ne uscirono topi grossi come gatti, vipere e serpi. Un tempio di Thor è descritto nella Saga degli uomini di Kjalarnes, così come nella Saga di Sturlaugr il Laborioso. La venerazione per Thor è ampiamente testimoniata nei riferimenti delle fonti. Dello scaldo Alfredo Poeta turbolento è ricordato a esempio che fu accusato di portare con sé un’immagine di Thor e di venerarla di nascosto. Un idolo del dio adorato pubblicamente è ricordato invece da Adamo da Brema. In una saga si dice che il dio venne invocato in occasione di un combattimento; altrove è riferito della maga Grima la quale per una pratica magica usò un sedile con l’effigie di Thor. Di un tale Rauðr è detto che era molto devoto del dio. Egli si recava in un grande tempio a lui dedicato e con la magia e il sacrificio riusciva a infondere vita all’effigie di Thor, sicché questa gli parlava e lo accompagnava in giro durante il giorno. È detto però che in seguito il re cristiano Óláfr Tryggvason bruciò l’immagine del dio e convertì il suo fedele.

Tra i reperti archeologici molti amuleti raffigurano il dio o hanno forma di martello.

Tre personaggi che compaiono in Saxo paiono avere le caratteristiche di eroi consacrati a Thor. Il primo è Gram, il quale oltre a essere paragonato a Ercole è un uccisore di giganti; di lui inoltre è detto che in un’occasione impersonò uno di loro coprendosi con una pelle di capra e tenendo in mano un randello; inoltre costui uccise un re svedese usando una mazza di legno di quercia. Il secondo è Regnerus, del quale è detto che non temeva nessuna potenza sovrannaturale se non il dio Thor. Il terzo è Haldanus, che talvolta usava un randello di legno di quercia rinforzato con metallo al posto delle armi comuni; egli inoltre, salutato dagli Svedesi come figlio del dio Thor, uccise un nemico con un martello gigantesco.

Nelle fonti tarde Thor viene degradato al rango di un demone. Nel racconto sulla vita del re cristiano Óláfr Tryggvason è ricordato a esempio un incontro tra il re e il dio. Thor apparve come un uomo di bell’aspetto con la barba rossa che chiedeva un passaggio sulla nave del sovrano; fatto salire a bordo, egli raccontò al re come il Nord fosse mantenuto libero dai giganti e dai demoni grazie alla sua opera, poi si tuffò in mare e scomparve. Óláfr lo considerò un’incarnazione del demonio.

L’accanimento dei cristiani contro la figura di Thor fu causato dal permanere del suo culto che più d’ogni altro si contrappose a quello di Cristo. Numerosi sono gli esempi in tal senso. Nella Saga di Erik il Rosso è riferito che talune persone, trovandosi a corto di cibo, avevano invocato il dio cristiano per ottenerne l’aiuto. Tuttavia ciò non aveva sortito gli effetti sperati. Allora un tale Þórhallr, un cacciatore, compose un canto e invocò il dio: essi dunque catturarono una balena e poterono sfamarsi, tuttavia la carne era cattiva e nessuno sapeva dire di che tipo di balena si trattasse. Ciò nonostante Þórhallr si vantò del soccorso ricevuto dal suo patrono. Gli altri allora gettarono tutta la balena in mare, poi di nuovo innalzarono preghiere a Dio e ottennero infine cibo in abbondanza. In un’altra fonte si racconta di un tale Ørlygr Hrappsson, che era stato allevato nelle Ebridi dal santo vescovo Patrizio. Ørlygr aveva un «fratello di sangue» di nome Kollr e con lui intraprese il viaggio verso l’Islanda: ciascuno era al comando di una nave. Prima di partire Ørlygr ebbe dal vescovo del legname per costruire una chiesa, un plenarium (un libro contenente i Vangeli e brani della Bibbia) e una campana, una moneta d’oro e della terra consacrata. Durante il viaggio le due navi incapparono in una tempesta. Allora Ørlygr invocò san Patrizio e giunse sano e salvo a riva; Kollr invece invocò Thor e la sua nave fece naufragio.

Dello jarl Erik è riferito che sulla prua della nave aveva intagliata l’effigie di Thor: secondo i cristiani, non avrebbe perciò mai potuto ottenere la vittoria. Ma egli fece distruggere l’idolo pagano e lo sostituì con la croce, dopodiché ottenne il successo. Nella Saga della cristianizzazione si racconta che la nave di un missionario cristiano di nome Þangbrandr aveva fatto naufragio: questo disastro, attribuito al potere del dio Thor, venne cantato dalla poetessa Steinunn Refsdóttir, vivace avvocata dell’antica religione in versi rimasti famosi. La Saga di Njáll, che riferisce lo stesso episodio, aggiunge i particolari di un dialogo tra Steinunn e Þangbrandr, nel quale ella, affermando che Thor aveva sfidato Cristo a duello, si domandava come il nuovo dio osasse misurarsi con l’antico, mentre il missionario dal canto suo ribatteva che Thor, senza il volere di Dio, non sarebbe esistito e non sarebbe stato nulla di più che polvere e cenere. Nella Saga dei valligiani di Laxárdalr si dice che uno dei protagonisti, tale Kjartan, era stato invitato a convertirsi con i suoi compagni dal re Ólàfr Tryggvason; egli rispose osservando che avrebbe accettato la nuova fede in Norvegia solo nella misura in cui l’inverno seguente, quando fosse tornato in Islanda, avesse avuto poco rispetto per Thor. In un’altra saga è narrato di un uomo che si era convertito al cristianesimo: allora Thor gli appariva in sogno di notte e si vendicava facendogli morire il bestiame. In seguito inoltre, persistendo egli nella nuova fede, il dio gli apparve ripetutamente, minacciando di mandare in rovina un viaggio che costui aveva programmato. Alla fine l’uomo, per pacificare il dio, portò sulla nave e poi gettò fuori bordo un bue che in passato aveva consacrato a Thor, garantendosi così la tranquillità. Anche di tale Sveinn, assai devoto del dio, si ricorda che fu visitato in sogno dal suo patrono, preoccupato per l’arrivo del di lui fratello che era un seguace della nuova religione.

Thor come arcinemico della nuova religione appare anche nella vicenda dello jarl Hákon. Costui era stato in Danimarca e ivi battezzato; tornando in patria in Norvegia era passato in Gautland e là aveva distrutto un tempio in cui Thor era adorato insieme ad altre divinità (in numero di cento!), per impadronirsi delle ricchezze che vi erano contenute.

In seguito però, vedendo l’opera di quelli che stavano cristianizzando la Norvegia, si era riconvertito al paganesimo e, per opporsi alla nuova religione che si stava diffondendo, aveva fatto ricostruire tanti templi quanti erano stati distrutti. Del celebre re Óláfr Tryggvason si narra anche che vide in sogno il santo vescovo Martino, il quale gli disse che si dovevano tralasciare i riti in onore di Odino, di Thor e degli Asi per dedicarsi al culto del nuovo dio.

Nelle fonti (specie se riferite a un periodo relativamente antico) è testimoniata talvolta una certa confusione nel culto. Precedentemente è stato riferito di Helgi il Magro che credeva contemporaneamente in Cristo e in Thor; Snorri ci informa di un re che prima di bere aveva fatto il segno della croce sulla bevanda; esso però era stato interpretato come il segno del martello di Thor (hamarsmark n.) e quindi come se la bevuta fosse fatta in onore del dio.

La grande importanza e diffusione del culto di Thor in epoca vichinga risulta anche dalle fonti che testimoniano come egli fosse venerato nelle colonie fondate dagli uomini del Nord fuori dalla madrepatria. Così noi sappiamo con certezza che i progenitori dei Normanni adoravano Thor e gli innalzavano dei sacrifici umani e da un’omelia del vescovo anglosassone Ælfric, riscritta da Wulfstan dal titolo De falsis deis, che Thor era il dio principale per i Danesi; inoltre possiamo con buona probabilità riconoscere la figura del dio nel celtico Tornar, così come nello slavo Perun. Anche la derivazione da Thor del dio del tuono lappone e finnico appare sicura.

La trasformazione di Thor in una figura leggendaria si ritrova invece in talune saghe, così come in un testo di Snorri nel quale, influenzato da una visione evemeristica, l’autore lo identifica con Trór, detto figlio di Priamo, ed elenca inoltre i suoi discendenti, i cui nomi rivelano che si tratta in realtà di appellativi del dio. Tali sono: Lóriði, che corrisponde a Hlórridi (o Hloriði) «cavaliere fortemente risonante», parola che allude all’abitudine del dio di spostarsi nel cielo provocando grande fragore, ma forse anche al fatto che Thor ogni giorno cavalca verso l’assemblea degli dèi guadando fiumi tempestosi; Einridi, che corrisponde a Eindriði «[colui che] cavalca da solo» (con le medesime allusioni); VingeÞórr, che corrisponde a VingÞórr «Thor della battaglia» (o «Thor che lega», o «Thor che scuote [l’arma]»); Vingener, che corrisponde a Vingnir «[colui che] scuote [l’arma]».

Di antichissima origine, come appare dalla sua funzione di dio del tuono, Thor mantenne inalterata la sua importanza fino all’avvento della nuova religione, e il suo culto fu estirpato solo con grande difficoltà.

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