Tifone
Tifone
a) Per vendicarsi dell’eccidio dei Giganti, la Madre Terra si giacque col Tartaro nella grotta di Coricia in Cilicia e generò il più giovane dei suoi figli, Tifone: il mostro più grande che mai vedesse la luce del sole. Dalle cosce in giù era tutto un groviglio di serpenti e le sue braccia che, allargate, coprivano cento leghe in ogni direzione, avevano innumerevoli teste di serpenti in luogo di mani. La sua orrenda testa d’asino toccava le stelle, le sue ampie ali oscuravano il sole, fiamme uscivano dai suoi occhi e rocce infuocate precipitavano dalla sua bocca. Quando si lanciò all’assalto dell’Olimpo, gli dèi fuggirono terrorizzati in Egitto dove si travestirono da animali: Zeus divenne un ariete, Apollo un corvo, Dioniso una capra, Era una vacca bianca, Artemide un gatto, Afrodite un pesce, Ares un cinghiale, Ermete un ibis e così via.
b) Soltanto Atena non si mosse e rimproverò Zeus per la sua codardia finché costui, riassumendo le sue vere sembianze, scagliò una folgore contro Tifone e fece seguire a questa un colpo del medesimo falcetto di cui s’era servito per castrare Urano. Ferito e ululante, Tifone si rifugiò sul monte Casio, che torreggia a nord della Siria, e colà i due si affrontarono. Tifone avvolse Zeus nelle sue mille spire, gli strappò il falcetto e dopo aver tagliato i tendini delle sue mani e dei suoi piedi lo trascinò nella grotta di Coricia. Zeus è immortale, ma ormai non poteva più muovere un dito e Tifone aveva nascosto i tendini in una pelle d’orso presso la quale montava la guardia Delfine, sua sorella, un mostro dalla coda di serpente.
c) La notizia della sconfitta di Zeus sparse il panico tra gli dèi, ma Ermete e Pan si recarono segretamente alla grotta di Coricia, dove Pan terrorizzò Delfine con un improvviso orribile urlo, mentre Ermete abilmente sottraeva i tendini per rimetterli nelle membra di Zeus.
d) Altri sostengono che fu Cadmo che riuscì a sottrarre i tendini di Zeus a Delfine, dicendo che gli occorrevano per farne delle corde alla sua lira e su quella suonare musiche deliziose; e Apollo lo uccise.
e) Zeus ritornò sull’Olimpo e, salito su un carro trainato da cavalli alati, inseguì di nuovo Tifone scagliando folgori, Tifone era andato sul monte Nisa, dove le tre Moire gli offrirono frutti effimeri facendogli credere che gli avrebbero ridonato forza, mentre invece lo predestinavano a sicura morte. Tifone raggiunse poi il monte Emo in Tracia e, accatastando le montagne l’una sull’altra, le fece rotolare verso Zeus che, protetto da una cortina di folgori, riuscì a salvarsi mentre le montagne rimbalzavano indietro su Tifone, ferendolo in modo spaventoso. I fiumi di sangue sgorgati dal corpo di Tifone diedero al monte Emo il suo nome. Il mostro volò poi in Sicilia, dove Zeus pose fine alla sua fuga schiacciandolo sotto il monte Etna, che da quel giorno sputa fuoco.
Approfondimenti
1. « Coricia », che significa « dalla sacca di cuoio », ricorda forse l’antica usanza di chiudere i venti nelle sacche o negli otri, come fece Eolo: usanza seguita ancora al tempo delle streghe medievali. In un’altra grotta Coricia, a Delfi, il serpente compagno di Delfine era chiamato Pitone, e non Tifone. Pitone (« serpente ») personificava la forza distruggitrice del vento del Nord (i venti erano di solito raffigurati con code di serpente) che si abbatteva sulla Siria scendendo dal monte Casio, e sulla Grecia scendendo dal monte Emo. Tifone, d’altro canto, significa « fumo stupefacente » e la sua descrizione corrisponde a quella di un vulcano in eruzione. Ecco perché la leggenda dice che Zeus lo seppellì sotto l’Etna. Ma il nome di Tifone indica anche il bruciante scirocco del deserto meridionale, che in Libia e in Grecia fa impazzire la gente, porta con sé odor di vulcano e fu raffigurato dagli Egiziani come un asino del deserto. Si diceva anche che Tifone fosse l’alito del dio Set, che riuscì a sopraffare Osiride press’a poco come Pitone sopraffece Zeus, ma ambedue infine furono sconfitti. E la somiglianza delle due vicende fece confondere Pitone con Tifone.
2. La fuga degli dèi nell’Egitto, come osserva Luciano (Dei Sacrifici 14) fu inventata per spiegare il culto tributato dagli Egiziani a divinità in forma animalesca: Zeus-Ammone come ariete, Ermete-Toth come ibis o gru, Era-Iside come vacca, Artemide-Pasht come gatto e così via; ma può darsi che si riferisca, storicamente, a un esodo di sacerdoti e sacerdotesse fuggiti dall’arcipelago dell’Egeo in seguito a una eruzione vulcanica che poco prima del duemila avanti Cristo inghiottì metà della grande isola di Tera. I gatti non erano ancora domestici nella Grecia classica. Un’altra fonte di questa leggenda pare fosse il poema babilonese della creazione, l’Enuma Elish, secondo il quale, nella più antica versione riferita da Damasceno, la dea Tiamat, il suo consorte Apsu e il loro figliolo Mummi (« confusione ») scatenarono Kingu e un’orda di altri mostri contro la nuova triade divinai Ea, Anu e Bel. Ne seguì una fuga terrorizzata; ma infine Bel radunò i suoi fratelli, prese il comando e sconfisse le forze dì Tiamat, spaccandole il cranio con una clava e tagliandola in due « come una sogliola ».
3. II mito di Zeus, Delfine e la pelle d’orso ricorda l’umìliazione di Zeus a opera della Grande Dea, venerata come orsa e il cui maggiore centro oracolare si trovava a Delfi; l’episodio storico che può aver dato origine alla storia ci è ignoto, ma pare che i Cadmei della Beozia si preoccupassero molto per conservare il culto di Zeus. I « frutti effimeri » di Tifone, donatigli dalle tre Moire, erano evidentemente le solite mele della morte. Nella versione proto-ittita del mito, il serpente Illyunka sconfigge il dio dell’uragano e gli strappa gli occhi e il cuore, che il dio riesce poi a ricuperare con uno stratagemma. Il concilio degli dèi incarica allora Inara di fare vendetta. Illyunka, invitato a banchetto da Inara, si abbuffa di cibo e la dea lo lega con una corda e lo affida al dio dell’uragano che lo uccide.
4. II monte Casio (ora Gebel-el-Akra) è il monte Hazzi che figura nella leggenda ittita di Ullikummi, il gigante di pietra che crebbe smisuratamente ed ebbe da suo padre Kumarbi l’ordine di distruggere i settanta dèi del Cielo. Il dio dell’Uragano, il dio del Sole, la dea della Bellezza ed i loro compagni non poterono avere la meglio su Ullikummi, finché Ea, dio della Saggezza, usando il coltello col quale in origine la Terra era stata separata dal Cielo, tagliò la testa del mostro e la scaraventò in mare. Alcuni elementi di questo mito si ritrovano nella storia di Tifone, e anche in quella degli Aloidi, che crebbero pure smisuratamente e accatastarono le montagne per dare la scalata al cielo. È probabile che i Cadmei portassero queste leggende dall’Asia Minore in Grecia.