Gli Aloidi

Gli Aloidi

a) Efialte e Oto erano i figli bastardi di Ifimedia, una figlia di Triope. Innamoratasi di Posidone, essa soleva sdraiarsi sulla riva del mare, raccogliendo l’acqua delle onde nel concavo delle mani e versandosela in grembo; rimase così incinta. Efialte e Oto furono tuttavia chiamati gli Aloidi perché in seguito Ifimedia sposò Aloeo, che era stato fatto re di Asopia in Boezia da suo padre Elio. Gli Alodi crebbero di un cubito in larghezza e di uno stadio in altezza ogni anno e quando ebbero raggiunto i nove anni, ed erano larghi nove cubiti e alti nove stadi, dichiararono guerra all’Olimpo. Efialte giurò sul fiume Stige che avrebbe violato Era, e Oto giurò parimenti che avrebbe violato Artemide.

10 luglio - Aloidib) Stabilito che Ares, il dio della guerra, doveva essere catturato per primo, i due fratelli si recarono in Tracia, lo disarmarono, lo legarono e lo chiusero in una giara di bronzo che nascosero nella casa della loro matrigna Eribea, poiché Ifimedia era ormai morta. Poi iniziarono l’assedio all’Olimpo, accatastando il monte Pelio sul monte Ossa, e minacciarono di gettare le montagne in mare fino a prosciugarlo: la loro tracotanza non aveva limiti, poiché era stato profetizzato che non sarebbero stati uccisi né da uomini né da dèi.

c) Per consiglio di Apollo, Artemide mandò agli Aloidi un messaggio: se avessero tolto l’assedio, essa si sarebbe recata all’isola di Nasso, pronta a cedere all’amplesso di Oto. Oto era esultante, ma Efialte, che non aveva ricevuto un analogo messaggio da Era, si sentì rodere dalla gelosia. Una feroce disputa scoppiò tra i due fratelli a Nasso, dove si erano recati assieme: Efialte insisteva che non si potevano accettare i patti a meno che egli, come fratello maggiore, non godesse per il primo di Artemide. La discussione era giunta all’apice quando  Artemide  stessa  apparve  sotto  forma  di  cerbiatta bianca, e ciascuno degli Aloidi, agguantato un giavellotto, si preparò a colpirla per dar prova della propria  abilità. Mentre la dea saettava velocissima tra loro, scagliarono l’arma e si ferirono a vicenda mortalmente. Così perirono, e si avverrò la profezia che essi non sarebbero stati uccisi né da uomini né da dèi. I loro corpi furono sepolti ad Antedone, in Beozia, ma gli abitanti di Nasso li onorano ancora come eroi. Sono ricordati inoltre come  i  fondatori di Ascra in Beozia e come i primi mortali che onorarono le Muse dell’Elicona.

d) Liberato dunque l’Olimpo dall’assedio, Ermete andò in cerca di Ares e costrinse Eribea a farlo uscire, mezzo morto, dalla giara. Ma le anime degli Aloidi discesero al Tartaro dove furono legate a una colonna con corde di vipere vive. Colà siedono, schiena contro schiena, e la Ninfa Stige se ne sta appollaiata ghignando sulla cima della colonna, a ricordo dei loro giuramenti non mantenuti.

Approfondimenti

1. Questa è un’altra versione popolare della rivolta dei Giganti. In ambedue le versioni si trovano il nome di Efialte, l’assalto all’Olimpo, la minaccia a Era e la profezia dell’invulnerabilità. Efialte e Oto, « figli della farina macinata » generati, da « colei che rafforza i genitali » e nipoti di « Tre Volti » ossia di Ecate, devoti delle Muse invasate, personificano l’incubo orgiastico che tormenta e oltraggia le donne immerse nel sonno. Come l’incubo della leggenda britannica, essi sono associati con il numero nove. Il mito è stato confuso a causa di un vago episodio storico citato da Diodoro Siculo. Egli narra che Aloeo, un tessalo, incaricò i suoi figli di liberare la madre loro Ifimedia e la loro sorella Pancrazia (« tutta forza ») dai Traci, che le avevano fatte prigioniere portandole a Nasso. La spedizione dei due fratelli fu coronata dal successo, ma poi essi litigarono per la spartizione dell’isola e si uccisero a vicenda. Tuttavia, benché Stefano di Bisanzio dica che la città  di  Aloio  in Tessaglia  fosse  così chiamata  dal  nome degli Aloidi, secondo i mitografi più antichi i due fratelli erano Beoti.

2. I due gemelli che muoiono l’uno per mano dell’altro ricordano l’eterna rivalità amorosa tra il divino paredro della Dea Bianca e il suo successore, che si uccidevano alternativamente. Il fatto che essi fossero chiamati « figli della farina macinata », e sfuggissero alla folgore di Zeus, li ricollega al culto del grano più che al culto della quercia. Il loro tormento nel Tartaro, come quello di Teseo e Piritoo, pare fosse stato dedotto da un antico segno calendariale che mostrava due teste di gemelli voltati schiena contro schiena, mentre sedevano sulla Sedia dell’Oblio, ai due lati di una colonna. La colonna, su cui sta appollaiata la dea della Morte e della Vita, indica l’apice dell’estate, quando termina il regno del re sacro e inizia quello del suo successore. In Italia lo stesso simbolo divenne Giano bifronte; ma in Italia l’anno nuovo iniziava a gennaio, non quando sorgeva il bicipite Sirio.

3. L’episodio di Ares che rimane prigioniero per tredici mesi è un frammento mitico di datazione incerta, che si riferisce forse a un armistizio di un anno (l’anno pelasgico constava di tredici mesi) concordato tra i Tessalo-Beoti e i Traci e convalidato da pegni di guerra racchiusi in una giara di bronzo e portati al tempio di Era Eribea. L’Ossa, il Pelio e l’Olimpo sono tutte montagne della Tessaglia orientale, visibili dal Chersoneso tracio dove può essere stata combattuta la guerra che si concluse con codesto armistizio.

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