Freyr

Freyr

È una delle principali divinità dei Vani, figlio di Njörðr, fratello di Freyja e sposo di Gerðr, figlia del gigante Gymir. Il suo nome significa «signore». Come insegna Snorri e come risulta evidente dalla sua appartenenza alla stirpe dei Vani — donde gli appellativi Vananiðr e Vaningi «parente dei Vani», Vanagoð «dio dei Vani», e Vanr —, egli è dio della fecondità che governa la pioggia e lo splendore del sole, nonché la crescita della terra e le ricchezze degli uomini. Egli è detto perciò anche Árgoð «dio di abbondanza» e Fégjafi «dispensatore di ricchezza».

Freyr_by_Johannes_GehrtsLa sua dimora si chiama Álfheimr «Paese degli elfi»; di essa è detto che il dio la ebbe in «dono per il primo dente» (tannfé n.). La qualità di Freyr come dio della fecondità risulta evidente da tutte le fonti. Nella descrizione del grande tempio pagano di Uppsala, Adamo da Brema riferisce di un dio assai venerato di nome Fricco. Sebbene tale parola paia piuttosto richiamare il nome della dea Frigg, sposa di Odino, la notazione dell’autore che lo descrive cum ingenti priapo ne fa, evidentemente, una divinità maschile della fecondità. Che si tratti di Freyr pare ovvio sia perché egli era il dio più venerato sotto questo aspetto, sia perché molte testimonianze indicano in lui la divinità principale degli Svedesi. Nella Saga degli Ynglingar è infatti precisato che egli aveva dimora a Uppsalir ( = Uppsala), centro politico e religioso svedese. Inoltre egli è detto Yngvi o Yngvi-Freyr, forse «Freyr progenitore»: *ingwaz è il nome della runa che indica l’antenato primordiale. Dalla stessa radice traggono verosimilmente nome quei Germani che Tacito chiama Ingaevones. Da questo suo nome, precisa Snorri, deriva quello della stirpe dei re svedesi detta degli Ynglingar («discendenti di Yngvi o Yngi»), di cui egli è il mitico antenato.

Snorri informa anche che Freyr era così ricco e fecondo di pace che quando morì i suoi uomini fecero credere agli Svedesi che si era ritirato a vivere in un tumulo; essi perciò gli offrivano il tributo versandolo in tre feritoie: nella prima l’oro, nella seconda l’argento, nella terza le monete di rame.

Alla diffusione del culto del dio Freyr in Svezia allude anche il racconto relativo a un tale Gunnarr Helmingr. Costui, fuggito dalla Norvegia per ragioni politiche, era riparato in Svezia dove aveva trovato asilo presso una sacerdotessa-sposa del dio addetta al suo tempio. Con lei aveva intrapreso la processione rituale durante la quale il carro con l’effigie di Freyr veniva portato in giro per il Paese per dispensare pace e fecondità. In seguito a una serie di avventurose circostanze aveva poi preso il posto del dio venendo venerato come lui. Questo racconto interessa non soltanto quale testimonianza della diffusione del culto di Freyr fra gli Svedesi, ma anche per il riferimento al rito della processione, già testimoniato da Tacito a proposito della dea della terra Nerthus (etimologicamente identica a Njörðr, padre di Freyr). Esso resta nella tradizione svedese della processione medievale di Sankt Erik a Uppsala, così come nella cosiddetta Eriksgata, cioè il percorso che il re neoeletto doveva fare attraverso il regno per prestare il giuramento ed essere accolto dal popolo. Lo scopo era evidentemente quello di dispensare pace e abbondanza. Per gli Svedesi, Freyr incarnava soprattutto il re sacro che deve garantire la prosperità della stirpe.

Le caratteristiche e la funzione di Freyr si riconoscono in molte figure. Di un dio di nome Frø fa menzione Saxo, il quale ci informa del culto a lui tributato nella città di Uppsala dove gli venivano offerte anche vittime umane. Questo dio è indubbiamente identico a Freyr. Da identificare con Freyr, come suggeriscono diverse fonti, è anche Fróði, del quale si dice che ebbe un regno caratterizzato da vera pace. Nell’opera di Saxo costui è noto come Frotho. Assai interessante appare in questa fonte il racconto relativo alla sua morte, laddove si dice che essa fu tenuta nascosta al popolo (evidente è l’analogia con la morte di Freyr narrata da Snorri) e che il cadavere imbalsamato del re veniva portato in giro su una portantina. Anche diversi sovrani della stirpe svedese degli Ynglingar che da lui discende incarnano caratteristiche del dio. In particolare vanno qui ricordate le vicende di Dómaldi e di Egill. Si narra che durante il regno del primo vi furono fame e carestia. Per questo gli Svedesi, ritenendo che ciò dipendesse da lui, lo sacrificarono e aspersero gli altari del suo sangue: è qui evidente la funzione del re cui è chiesto di essere simile all’antenato, cioè di garantire la fecondità della stirpe. Del secondo si dice che dopo un regno nel quale aveva dovuto combattere contro Tunni, uno schiavo che si era ribellato (personaggio il cui nome è connesso a tönn f. «dente», «zanna»), fu ucciso da un toro infuriato che lo trafisse con le corna. Tale morte presenta innegabile affinità con quella del re danese Frotho (o Frodo), di cui si è osservata l’identità con Freyr. Egli, infatti, secondo Saxo era stato ucciso da una strega trasformatasi in «mucca marina» (maritima bos); secondo la Saga degli Skjöldungar invece era stato trafitto da un cervo. Questi episodi rappresentano certamente la morte rituale del dio della vegetazione.

Il culto di Freyr è ampiamente testimoniato anche dalle fonti occidentali, benché in esse si abbia l’impressione di un culto di carattere più personale, di un rapporto stretto fra uomo e dio: l’esempio più famoso è certamente quello di Hrafnkell detto Freysgoði «sacerdote di Freyr»; interessante è inoltre la descrizione della figura di Þorgrimr nella Saga di Gísli, specie là dove si dice che, dopo la sua morte, gli uomini avevano notato che nella parte meridionale del suo tumulo non si fermava mai la neve, né vi ghiacciava; da ciò si dedusse che Freyr doveva tanto prediligerlo per i suoi sacrifici da non volere che ci fosse del gelo fra loro. Un «sacerdote di Freyr» (Freysgoði) è anche Þorðr Özurarson. Nella Saga di Víga-Glúmr è riferito che il protagonista aveva ripetutamente recato offesa al dio, assai venerato nella sua terra. Dapprima aveva profanato il campo detto Vitazgjafi, sacro al dio, uccidendovi un nemico; in seguito aveva nascosto un fuorilegge nei sacri recinti del tempio; infine aveva pronunciato un ambiguo giuramento in tre templi, uno dei quali dedicato a Freyr. Il padre dell’ucciso, innalzando al dio il sacrificio di un bue, lo aveva invocato perché Víga-Glúmr fosse cacciato. È detto che il bue offerto a Freyr aveva muggito, poi era caduto a terra morto, segno che il dio aveva accolto la preghiera. In seguito Víga-Glúmr vide in sogno i suoi congiunti defunti che intercedevano per lui presso il dio; ciò tuttavia non gli valse il perdono: egli infatti fu costretto ad abbandonare il Paese.

Nella Saga dei valligiani di Vatnsdalr è riferito di un tale Ingimundr che possedeva un amuleto d’argento con l’immagine del dio.

Il sacrificio più gradito a Freyr, che nella Saga degli Ynglingar è detto egli stesso sacerdote sacrificatore, doveva essere quello di un cavallo o di un verro, animali a lui sacri. Entrambi sono simboli di fecondità. Come divino cavaliere Freyr ha il soprannome Atriði «[colui che] cavalca». Il suo cavallo è Blóðughófi. La Saga di Hrafnkell parla specificamente di un cavallo consacrato a Freyr che fu fatto precipitare da un’altura dai nemici del suo padrone. Al sacrificio di cavalli gettati da dirupi alludono verosimilmente taluni toponimi islandesi: Freysnes «promontorio di Freyr», Freyfaxahamarr «scoglio di Freyfaxi (cavallo consacrato a Freyr)». Anche nella Saga di Óláfr Tryggvasonn è ricordato che presso un tempio dedicato al dio c’era un cavallo a lui consacrato. In quel tempio era venerata un’effigie di legno nella quale si riteneva dimorasse lo spirito del dio. Questo idolo era uno dei due intagliati dagli Svedesi e posti nel tumulo di Freyr a Uppsala, che successivamente erano stati sottratti e poi recuperati. È detto che il re cristiano Óláfr Tryggvason dimostrò ai pagani che questa effigie non era altro che un pezzo di legno, dopodiché la distrusse.

Del verro di Freyr dalle setole d’oro detto Gullinbursti riferisce Snorri, il quale racconta che esso era stato donato al dio dai nani. Questo verro traina il carro del dio. Nella Saga di Hervör è riferito di un verro sacrificato al dio.

Di Freyr è detto inoltre che possiede la magica nave Skíðblaðnir che può ospitare tutti gli dèi in assetto di guerra, ma anche essere ripiegata come una tovaglia e riposta in una borsa. Tale oggetto, che egli ha avuto in dono dai nani, fa verosimilmente riferimento a una sua qualità di dio della navigazione.

Il mito più noto relativo al dio Freyr è quello del suo innamoramento e delle nozze con Gerðr. Freyr, che prima era stato marito di sua sorella secondo un uso comune fra i Vani, manda il servitore Skírnir a corteggiare per lui Gerðr, fanciulla della stirpe dei giganti. Nel loro matrimonio è da vedere la feconda ierogamia tra il cielo e la terra.

Nell’ultimo giorno Freyr lotterà contro Surtr, il gigante del fuoco, e soccomberà.

Alla diffusione della figura di Freyr nel mondo nordico, testimoniata da molti toponimi (quali Frøslev in Danimarca Frøysin, Frøisaker, Frøishov in Norvegia; Fröslunda, Frösvi e Frösåker in Svezia; Freyshólar e Freysnes in Islanda), assai poco corrisponde nel mondo germanico continentale, se non forse alcuni toponimi quali Vroonloo («bosco di Froo»?) nei Paesi Bassi (ora St. Pancras) o Franeker in Frisia. Un luogo consacrato a Freyr, poiché qui il dio effondeva la propria potenza fruttificante, doveva essere anche Vitazgjafi «quello che produce (lett. «dà») con certezza». Esso era un campo miracoloso che si trovava vicino a un tempio dedicato a Freyr e che non cessava mai di produrre raccolto. Toponimi che alludono allo stesso concetto sono, a esempio, Vitazgjöf, ora Ödsmål, e Vitdallsgeff, nome ormai scomparso, in Norvegia.

Freyr fu senza dubbio un dio molto amato. La predilezione per lui è riflessa nell’Invettiva di Loki, là dove è detto che egli è di conforto alle creature. Nel Dialogo di Skírnir viene definito «condottiero degli dèi», il che sottolinea anche le sue qualità guerriere.

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