Spiriti protettori
Spiriti protettori
Lo spirito protettore o custode che accompagna l’uomo e lo protegge è noto alla tradizione nordica come fylgja, hamingja, o vörðr.
Il concetto di fylgja f., il cui nome è verosimilmente connesso al verbo fylgja «seguire», potrebbe originariamente essere legato all’immagine della placenta come veste dello spirito di una persona. Esso si sviluppa da quello del hugr, che è il nocciolo spirituale dell’essere, capace di staccarsi dal corpo e di manifestarsi con altro aspetto (per lo più come animale, ma anche come nebbia, vapore, fumo o vento). Questo tipo di fylgja agisce attivamente nei confronti di altre persone (la forma animale assunta dipende evidentemente dall’atteggiamento verso colui cui è diretta l’azione). In questo caso il termine fylgja viene a essere in realtà un’espressione per hugr.
Talora la fylgja appare in forma animale al di fuori del corpo anche quando debba trasmettere un messaggio o fungere da presagio. Nella Saga di Njáll è riferito a esempio che un tale Þórðr vide la propria fylgja in aspetto di una capra tutta coperta di sangue, e Njáll ne dedusse che sarebbe morto entro breve tempo.
Uno sviluppo del concetto di fylgja come spirito protettore vero e proprio distinto dalla persona si ha quando essa si manifesta in aspetto di donna (è detta allora anche fylgjukona «donna che accompagna»). In questo caso è talora confusa con il concetto della hamingja o immaginata anche come una delle dísir.
La fylgja in aspetto di donna si manifesta generalmente come uno spirito protettore che accompagna l’uomo nel corso della vita: è il suo «custode» e al momento della morte si trasferisce presso un’altra persona della medesima famiglia. Nella Saga di Alfredo Poeta turbolento è narrato che il protagonista prima di morire vide la sua fylgja camminare sul mare dietro la nave su cui si trovava. Egli si separò da lei lasciandole in custodia il figlio, poi morì.
Il concetto di hamingja come spirito di fortuna che segue una stirpe è efficacemente espresso nella Saga dei valligiani di Vatnsdalr, dove essa accompagna tutti i componenti di una famiglia. Tuttavia la parola, se è corretta l’etimologia che la fa derivare da *ham -gengja «che va con un diverso aspetto», è riconnessa al motivo dello spirito dell’uomo che esce dal corpo e assume altra forma; essa si sovrappone a volte anche all’immagine della fylgja (che è a sua volta designata talora come ættarfylgja «fylgja della stirpe»).
Nella Saga di Víga-Glúmr è detto che il protagonista vide in sogno una donna (hamingja) che si dirigeva verso la sua fattoria; ne dedusse che suo nonno era morto poiché lo spirito protettore della famiglia veniva a prendere dimora presso di lui. Nel termine hamingja è espresso anche il concetto di «fortuna» (il che sottolinea una connotazione meno individuale rispetto alla fylgja): ciò appare anche nel termine úhamingja, che ha senso di «sfortuna».
L’idea dello spirito protettore come nucleo centrale della persona che partecipa della vita del mondo oltre il mondo è espresso nel termine vörðr m. lett. «guardiano». Anch’esso vive nel corpo, ma può uscirne per compiere azioni magiche. Nella Saga di Erik il Rosso è ricordato che per compiere una seduta di magia era indispensabile recitare dei canti detti varðlokur (f.pl.). Questa parola significa probabilmente «[canti che sanno] attrarre il vörðr [fuori del corpo]».
L’immagine del vörðr come spirito della persona che talora la precede (come suono o come segno) preannunciandone la venuta è conservata nel vocabolario norvegese in termini quali vardyvle, vardøger, in svedese vård ha anche senso di alter ego o spirito della persona che si manifesta come preannuncio della sua presenza; cfr. anche il danese vare, var(e)dyr «spirito custode» e lo scozzese di derivazione nordica warth «spettro».
Il concetto di spirito protettore, le cui diverse denominazioni e manifestazioni risultano spesso fra loro confuse e sovrapposte, è dunque legato tanto all’apparizione dello spirito in forma animale quanto all’idea di «fortuna». Tutte queste immagini sono a loro volta considerate come emanazione e manifestazione del nucleo spirituale dell’essere, immagine dell’anima cui è assegnato il compito di vegliare sul corpo.