Stuka
Stuka
L’aviazione militare del Terzo Reich, la Luftwaffe, grazie ai suoi meriti militari ha goduto di una fama e di un prestigio che ancora oggi, dopo oltre mezzo secolo dalla fine del secondo conflitto mondiale, non accenna a tramontare: le azioni eroiche ed ardite dei piloti tedeschi sono ormai destinate a rimanere indelebili nella storia quasi come lettere scolpite su marmo. Eppure, per quanto la variabile umana costituisca la prima e principale fonte di merito dell’aviazione tedesca, occorre ricordare che i successi della Luftwaffe risultano legati a doppio filo a quelli di un velivolo che ha caratterizzato la sua flotta: il Junkers Ju 87, soprannominato “Stuka” a causa della crasi della sua denominazione tecnica, Sturmkampfflugzeug ovvero “aeroplano da bombardamento in picchiata”.
La progettazione di questo auto velivolo è stata piuttosto lunga e travagliata, ma si può senza ombra di dubbio scrivere che questa iniziò ufficialmente nel 1935, quando la Luftwaffe espresse chiaramente la decisione di fornirsi di una grande flotta di aerei idonei alla manovra del bombardamento in picchiata. Come di consueto venne indetto un bando di concorso esteso a tutte le industrie del territorio tedesco e tra le varie alternative risultò più convincente quella proposta dalla ditta Junkers, che di fatto si aggiudicò il diritto di fornire alla Luftwaffe il mezzo desiderato. Nonostante questo, le prime consegne degli Junker 87 A1 non avvennero prima del 1937, dato che prima di giungere ad un modello definitivo le industrie Junkers, caratterizzate da quell’amore per la perfezione che è tipicamente tedesco, progettarono prima tre prototipi diversi e poi dieci velivoli preserie, così da potere fornire all’aviazione nazionale un aereo che fosse il più sicuro ed affidabile possibile.
Alla fine del 1937 3 Junkers A1 vennero inviati in Spagna, a supporto delle truppe franchiste, al fine di testare le effettive capacità di questi aerei sul campo: colsero successi tanto brillanti che immediatamente la Luftwaffe decise di acquistare un ulteriore ed ancor più numeroso gruppo di velivoli, lotto d’acquisto formato da una versione leggermente migliorata dell’A1, il Junker B1: questo è lo Stuka con il quale la Germania difenderà il proprio territorio dopo l’inizio del secondo conflitto mondiale.
Il B1 rappresentava fondamentalmente una versione potenziata del precedente A1: in particolare esso fu dotato di un motore molto più potente (1100 HP contro i 650 della precedente versione), di un abitacolo più funzionale e comodo per il pilota e di un carrello più aerodinamico. Esso inoltre anteriormente era stato dotato di due mitragliatrici da 7,9 mm. Le dimensioni dell’aereo erano invece rimaste immutate, così come la particolarissima forma delle ali, detta ad “ala di gabbiano rovesciata”. L’aereo era lungo 11,13 m, dotato di un’apertura alare di 13,8 m. A pieno carico (ovvero prima di avere sganciato le bombe) pesava 4250 kg e poteva raggiungere la velocità di 390 km/h a 4400 m d’altezza, con un’autonomia di 800 km. Esso inoltre era dotato di un sistema automatico che permetteva il recupero di un assetto orizzontale, infatti gli ingegneri tedeschi avevano previsto che a causa dell’accelerazione subita dal pilota durante la picchiata (rivolta verso l’alto) questi poteva subire un afflusso tanto copioso di sangue al cervello da svenire ed in questo stato si sarebbe schiantato al suolo con tutto l’aereo. Invece, grazie ad un sistema automatico, non solo la bomba veniva sganciata automaticamente non appena raggiunta una certa velocità, ma subito dopo partiva un azionamento della barra tale che l’aereo, pur nella peggiore eventualità dello svenimento del pilota, tornava immediatamente nella corretta posizione di volo, recuperando quota.
A pieno carico poteva trasportare fino a 500 kg di bombe, peso che di solito veniva ripartito o in una singola bomba da 500 kg oppure in una più grande da 250 kg accompagnata da cinque più piccole pesanti ognuna 50 kg. L’equipaggio era invece composto da due uomini.
La caratteristica principale di questo aereo, in vista della quale era stato progettato e grazie alla quale ha acquisito grande fama, è quella di potere bombardare il bersaglio non solo durante il volo stazionario, ma anche durante una picchiata, manovra che permetteva di annullare del tutto gli errori di traiettoria delle bombe. Queste venivano sganciate con una precisione tale da permettere la istruzione di piccoli obbiettivi come carri armati o sinanche casematte.
Una piccola curiosità è rappresentata dal fatto che gli Stuka venivano dotati di una coppia di sirene azionate dal flusso dell’aria, le “trombe di Gerico”. Esse avevano il compito di preannunciare l’arrivo in picchiata dell’aereo, aggiungendo un colpo di “teatralità” alla manovra di volo.
Gli Stuka rappresentarono la punta di diamante della Luftwaffe e le loro imprese durante le campagne di Polonia e di Francia sono ormai famose e note. Essi dovevano mantenere questo ruolo anche durante la controffensiva verso l’Inghilterra, ma purtroppo, essendo stati utilizzati per degli scopi completamente differenti da quelli iniziali, non riuscirono ad assicurare alla Luftwaffe il dominio dei cieli inglesi. Durante la Battaglia d’Inghilterra , sin dalle prime settimane di guerra aerea, dimostrarono tutti i loro limiti, dovuti alla scarsa velocità, alla relativamente difficoltosa maneggevolezza ed agli insufficienti armamenti difensivi: in pochissimo tempo gli Stuka divennero così facile preda dei caccia inglesi e furono immediatamente ritirati dalla battaglia.
Questo aviomezzo tornò protagonista nelle aree di guerra mediterranee. La Luftwaffe fece inoltre dono alla Regia Aereonautica Italiana di 40 Stuka (chiamati dalle truppe italiane “picchiatelli), la quale li utilizzò in Africa settentrionale e nel fronte orientale. La produzione venne cessata definitivamente nel 1944, a guerra ormai praticamente conclusa, dopo avere prodotto 5700 unità.
Pasquale Piraino