Eaco

Eaco

a) Il dio del fiume Asopo (che taluni dicono figlio di Oceano e di Teti, altri di Posidone e di Pero, altri ancora di Zeus e di Eurinome) sposò Metope, figlia del fiume Ladone, dalla quale ebbe due figli e dodici o venti figlie.

Eacob) Alcune di esse furono rapite e violentate in varie occasioni da Zeus, Posidone o Apollo, e quando sparì anche Egina, la più’ giovane di tutte e sorella gemella di Tebe, una delle vittime di Zeus, Asopo ne andò in cerca. A Corinto seppe che il colpevole era, ancora una volta, Zeus, e lo trovò infatti che abbracciava Egina in un bosco. Zeus, che era disarmato, fuggì ignominiosamente tra i cespugli e si trasformò in roccia finché Asopo si fu allontanato; poi risalì all’Olimpo donde scagliò le sue folgori contro il dio del fiume. Asopo si muove tuttora a fatica per via delle ferite ricevute e sul suo letto si trovano a volte dei carboni ardenti.

c) Liberatosi così dal padre di Egina, Zeus la portò nell’isola di Enone o Enopia, dove si giacque con lei in forma di aquila o di fiamma, e gli amorini si riunirono attorno al loro giaciglio porgendo doni d’amore. Col passare del tempo, Era scoprì che Egina aveva generato a Zeus un figlio chiamato Eaco, e mossa dalla collera decise di sterminare gli abitanti di Enone, dove Eaco allora regnava. Essa fece dunque guizzare un serpente in uno dei fiumi dell’isola, e l’animale avvelenò l’acqua e vi depose migliaia di uova; ben presto migliaia di serpenti strisciarono per i campi e contaminarono l’acqua di tutti gli altri fiumi. Una tetra penombra e un calore insopportabile gravavano sull’isola, che Eaco aveva chiamato Egina, e il pestilenziale Vento del Sud soffiò senza sosta per quattro mesi. Si disseccarono i campi e i pascoli e cominciò la carestia. Ma gli isolani erano tormentati soprattutto dalla sete, e quando la loro scorta di vino fu terminata, strisciarono faticosamente verso i fiumi più vicini, dove quasi tutti morivano non appena bevevano l’acqua avvelenata.

d) Ogni appello a Zeus fu vano; i supplici emaciati e le bestie destinate al sacrificio cadevano morti prima di giungere agli altari, e infine ben poche creature di sangue caldo rimasero in vita.

e) Un giorno Zeus rispose alle preghiere di Eaco con il bagliore di un lampo seguito dal tuono. Incoraggiato da questo segno favorevole, Eaco supplicò Zeus di ripopolare l’isola deserta, concedendogli tanti sudditi quante erano le formiche che trasportavano chicchi di grano presso una quercia lì accanto. L’albero, nato da una ghianda di Do-dona, era sacro a Zeus; e mentre Eaco pregava, si scosse e un fremito passò tra le sue foglie, sebbene non soffiasse alito di vento. Eaco, benché atterrito, non fuggì, ma baciò ripetutamente il tronco dell’albero e la terra in cui affondava le radici. Quella notte, in sogno, vide una pioggia di formiche cadere dai rami della sacra quercia e subito balzare su dal suolo trasformate in uomini. Quando si destò, scacciò il ricordo del sogno dalla sua mente, come se si trattasse di ingannevole fantasia; ma all’improvviso ecco la voce di suo figlio Telamone che lo chiamava perché venisse a vedere una schiera di uomini che si avvicinavano al palazzo: appena li scorse, Eaco riconobbe i volti degli uomini che gli erano apparsi in sogno. I serpenti erano spariti e la pioggia cadeva abbondante dal cielo.

f) Eaco, rese grazie a Zeus, divise la città e le terre circostanti tra il nuovo popolo che chiamò dei Mirmidoni, cioè «formiche», e i cui discendenti danno tuttora prova delle virtù proprie di quegli animali: tenacia, sagacia e pazienza. Questi Mirmidoni seguirono poi Peleo nel suo esilio e combatterono a Troia accanto ad Achille e a Patroclo.

g) Ma taluni dicono che gli alleati di Achille, i Mirmidoni, furono così chiamati in onore di re Mirmidone, la cui figlia Eurimedusa fu sedotta da Zeus sotto forma di formica, e per questa ragione le formiche sono sacre in Tessaglia. E altri ancora narrano di una Ninfa chiamata Mirmece, che quando vide la sua compagna Atena inventare l’aratro, si vantò d’averlo inventato per prima e per punizione fu trasformata in formica.

h) Eaco, che sposò Endide di Megara, ebbe larga fama per la sua pietà e fu tenuto in sì grande onore che tutti ambivano di posare gli occhi su di lui. I nobili eroi di Atene e di Sparta volevano combattere ai suoi ordini, benché egli avesse fatto di Egina la più inaccessibile delle isole Egee, affondando massi nei pressi della riva per proteggersi dai pirati. Quando tutta la Grecia soffrì di una terribile siccità in seguito all’assassinio del re arcade Stinfalo compiuto da Pelope o, come altri dicono, in seguito all’assassinio di Androgeo compiuto dagli Ateniesi, l’oracolo di Delfi consigliò ai Greci: «Chiedete a Eaco di pregare perché la siccità cessi!». Al che ogni città mandò un messaggero a Eaco che salì sul monte Panellenio, la più alta vetta dell’isola, indossando il manto dei sacerdoti di Zeus. Lassù egli sacrificò agli dèi e alle sue preghiere rispose un sordo brontolio di tuono, le nubi oscurarono il cielo e violenti rovesci di pioggia inzupparono tutta la terra di Grecia. Eaco dedicò allora un santuario a Zeus sul monte Panellenio, e ogni nube che ne avvolga la vetta è sempre stata da quel giorno sicuro presagio di pioggia.

i) Apollo e Posidone presero con sé Eaco quando edificarono le mura di Troia, ben sapendo che, se un mortale non avesse partecipato a quel lavoro, la città sarebbe stata inespugnabile e i suoi abitanti avrebbero potuto sfidare gli dèi. Essi avevano appena terminato la loro fatica allorché tre serpenti dagli occhi grigi cercarono di scalare le mura. Due scelsero le parti costruite dagli dèi e morirono precipitando a terra. Il terzo, con un grido, si scagliò verso il punto costruito da Eaco e riuscì a entrare in città. Apollo allora profetizzò che Troia sarebbe caduta più di una volta, e che i discendenti di Eaco, della prima e della quarta generazione, sarebbero stati tra i suoi conquistatori; come infatti accadde nel caso di Telamone e di Aiace.

j) Eaco, Minosse e Radamanto erano i tre figli di Zeus cui il dio avrebbe volentieri risparmiato le pene della vecchiaia. Le Moire tuttavia non lo permisero e Zeus, accettando di buon grado il loro verdetto, diede un buon esempio a tutti gli altri olimpi.

k) Quando Eaco morì, divenne uno dei tre giudici del Tartaro, ed è chiamato anche a far da arbitro nelle contese che possono accendersi tra gli dèi. Altri aggiungono che egli ha in mano le chiavi del Tartaro, impone un pedaggio e controlla se le ombre sono state guidate laggiù da Ermete contro la volontà di Atropo.

Approfondimenti

1) Le figlie di Asopo rapite da Apollo e da Posidone rappresentano probabilmente un collegio di sacerdotesse della Luna che officiavano nella valle dell’Asopo a nord-est del Peloponneso, una terra molto fertile conquistata dagli Eoli. Il ratto di Egina pare ricordi la successiva conquista achea di Fliunte, una città che si trovava presso le sorgenti dell’Asopo, e l’inascoltato appello dei loro vicini per avere aiuti militari da Corinto. Eurinome e Teti, i nomi della madre di Asopo, erano antichi appellativi della dea-Luna, e «Pero» ricorda pera, una sacca di cuoio ricollegandosi dunque, come pure «Egina», all’egida di pelle di capra di Atena.

2) Il mito di Eaco riguarda la conquista di Egina effettuata dai Mirmidoni Ftioti, il cui emblema tribale era una formica. In precedenza, a quanto pare, l’isola era occupata dai Pelasgi che prati cavano il culto della capra, e la loro ostilità nei riguardi degli invasori è provata dal mito di Era che avvelena le acque dei fiumi.

Secondo Strabone, che cercava sempre di dare una spiegazione logica dei miti, ma raramente li esaminava abbastanza a fondo, il suolo di Egina era coperto da una coltre di ciottoli e gli Egineti presero il nome di   Mirmidoni   perché, a somiglianza delle formiche, dovevano scavare a lungo prima di poter coltivare i loro campi, ed erano inoltre trogloditi (Strabone, Vili 6 16). Ma la leggenda tes-salica di Mirmece è un semplice mito delle origini:   i Mirmidoni

Ftioti si vantavano d’essere autoctoni, come le formiche, e difesero con tanta lealtà i diritti della loro grande sacerdotessa, la Formica Regina, che   l’ellenico   rappresentante   di   Zeus   dovette   sposarla   diventando anch’egli   una   formica ad honorem.   Se   Mirmece fu davvero   un   appellativo   della   Dea   Madre   nella   Grecia   settentrionale, può darsi che essa si attribuisse il merito d’aver inventato l’aratro, poiché l’agricoltura   venne   praticata in quella regione da emigranti giunti dall’Asia Minore prima ancora che gli   Elleni arrivassero ad Atene.

3) I colonizzatori ftioti di Egina fusero in sèguito i loro miti con quelli degli invasori achei giunti da Fliunte sul fiume Asopo; e poiché codesti   Fliunzi avevano mantenuto rapporti religiosi con l’oracolo della quercia di Dodona, la leggenda narra che le formiche caddero da una quercia, anziché sbucare dal suolo.

4) Nel mito originario, Eaco probabilmente riusciva a far cadere la pioggia non rivolgendo un appello a Zeus, ma compiendo dei riti magici simili a quelli di Salmoneo. La sua funzione di giudice nel Tartaro, accanto a Minosse e a Radamanto, ci lascia supporre che il codice egineta fosse stato adottato in altre parti della Grecia. Probabilmente tale codice riguardava il diritto civile e commerciale più che quello penale, a giudicare dal fatto che, nell’epoca classica, il talento egineta fu riconosciuto ovunque come l’unità di misura dei metalli preziosi. Questo talento era di origine cretese e corrispondeva a cento libbre di peso.

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