Sigurðr e i Nibelunghi (seconda parte)

Sigurðr e i Nibelunghi (seconda parte)

Signy aveva avuto dal marito due figli. Un giorno mandò il maggiore, che aveva allora dieci anni, da Sigmundr per vedere se poteva aiutarlo a vendicare suo padre. Sigmundr ne provò il coraggio dicendogli di impastare della farina nella quale era nascosto un serpe. Ma poiché il ragazzo non ebbe il coraggio di farlo, egli venne ucciso su consiglio della madre. L’anno seguente Signy mandò da Sigmundr il figlio minore, ma anche a lui toccò la medesima sorte.

Ora accadde che mentre Signy si trovava nella sua casa, venne da lei una maga. Signy disse alla maga che voleva cambiare aspetto con lei. Così fecero e quella sera la maga si coricò accanto a Siggeir, mentre Signy andò nella foresta e chiese asilo per la notte a Sigmundr suo fratello. Egli la trovò bella e attraente, perciò le chiese di coricarsi accanto a lui. Così fu per tre notti di seguito. Poi ella tornò a casa e riprese il suo aspetto. Dopo qualche tempo diede alla luce un figlio maschio che ebbe nome Sinfjötli. Sinfjötli crebbe robusto e forte. Aveva cinque anni quando fu mandato da Sigmundr. Prima di mandarlo, Signy fece per lui come aveva fatto per i precedenti: ella gli cucì addosso una camicia, prendendo insieme pelle e carne; poi gliela tirò via e la pelle rimase attaccata alle maniche. Egli tuttavia osservò che quella era una cosa da poco per i Völsungar. Questa volta, allorché il ragazzo dovette impastare la farina per il pane, non si lasciò impressionare dal fatto che vi fosse mescolato qualcosa di vivo. Sigmundr però gli disse che non avrebbe mangiato quel pane poiché vi era stato impastato insieme un serpe velenosissimo. Si ricorda che Sigmundr poteva assumere il veleno senza subirne danno. Sinfjötli tollerava il veleno esteriormente, ma non poteva mangiarne né berne.

Ora va detto che Sigmundr e Sinfjötli vissero insieme nella foresta e conquistarono ricchezze uccidendo delle persone. Accadde una volta che essi giunsero a una casa e là trovarono due uomini addormentati. Costoro erano preda di un incantesimo e sopra di loro erano appese delle pelli di lupo. Ogni nove giorni venivano liberati dalla magia e potevano riprendere l’aspetto umano. Sigmundr e Sinfjötli indossarono le pelli di lupo e non poterono più liberarsene. Presero la natura di lupi e parlavano il linguaggio dei lupi. Andarono nella foresta, ma ciascuno doveva stare per conto proprio. Essi però si accordarono, perché in caso di pericolo l’uno chiamasse l’altro. In seguito Sigmundr chiamò in aiuto il figlio per uccidere sette persone, ma altrettanto non fece Sinfjötli quando fu assalito da undici uomini. Egli li uccise tutti e ne rimase gravemente ferito. Si racconta che fu risanato miracolosamente dopo che Sigmundr ebbe messo sulla ferita la foglia di una pianta portentosa datagli da un corvo, i cui benèfici effetti aveva potuto osservare su un gatto selvatico. Infine i due tornarono alla casa dove avevano trovato le pelli di lupo: ora potevano togliersele. Subito le gettarono nel fuoco e le bruciarono così che nessuno più ne fosse danneggiato. In aspetto di lupi essi avevano compiuto grandi imprese.

Dopo un po’ di tempo Sigmundr decise di cercare vendetta per il padre. Si recarono allora alla reggia di re Siggeir e là si nascosero. Il re e Signy avevano due figli piccoli. Essi si trastullavano gettando dell’oro sul pavimento e correndo a prenderlo. Ora un anello rotolò via, finendo nel luogo in cui si trovava Sigmundr. Allora il bambino corse a cercarlo e vide due uomini robusti e feroci con le armi. Egli corse nella sala e disse a suo padre quello che aveva visto. Il re sospettò che si ordisse un inganno contro di lui. Signy rivelò a Sigmundr e a Sinfjötli che i ragazzi li avevano traditi e li sollecitò a ucciderli. Sigmundr non voleva farlo, ma Sinfjötli non si lasciò intimidire, li uccise entrambi e li gettò nella sala davanti al re. Siggeir chiamò i suoi ed essi furono assaliti; si difesero con coraggio, ma alla fine vennero sopraffatti e incatenati. Il re li lasciò così tutta la notte, pensando quale morte avrebbe potuto dar loro, che fosse la più lenta possibile. Perciò il giorno dopo fece costruire un grosso tumulo di pietra e zolle. Poi fece innalzare dentro al tumulo una pietra piatta, così grande da occupare tutta l’altezza del tumulo e che non potesse essere superata. Infine fece rinchiudere nel tumulo Sigmundr e Sinfjötli, ciascuno da una parte, perché pensava che fosse peggio per loro non essere insieme, ma tuttavia potersi sentire. Mentre stavano ricoprendo il tumulo di zolle, venne Signy e gettò della paglia nel tumulo a Sinfjötli, dicendo ai servi di tenere nascosta questa cosa al re. Essi acconsentirono e il tumulo fu chiuso.

Quando si fece notte, Sinfjötli disse a Sigmundr che pensava che Signy avesse portato loro della carne da mangiare, nascondendola nella paglia. Cercò la carne, ma trovò invece che nella paglia era nascosta la spada di Sigmundr; egli la riconobbe dall’impugnatura, perché nel tumulo era buio. Allora lo disse a Sigmundr ed entrambi se ne rallegrarono. Con quella spada, capace di tagliare anche la pietra, essi poterono fendere la roccia che li separava, aprire il tumulo e uscirne. Poi andarono alla reggia. Là tutti dormivano. Essi portarono della legna e appiccarono il fuoco.

Quando il re domandò chi avesse appiccato il fuoco, Sigmundr rispose e disse i loro nomi, e anche che non tutti i Völsungar erano morti. Egli invitò sua sorella a uscire per mettersi in salvo: ella gli rispose rivelando tutto quel che aveva fatto perché suo padre fosse vendicato e anche che Sinfjötli era suo figlio. Ora aveva ottenuto vendetta e dunque non voleva vivere più a lungo. Disse infine: «Ora morirò con re Siggeir tanto volentieri quanto malvolentieri ho vissuto con lui». Poi baciò Sigmundr e Sinfjötli, diede loro l’addio e tornò nella casa, dove trovò la morte con re Siggeir e tutti i suoi.

È narrato che in seguito padre e figlio si procurarono navi e guerrieri e Sigmundr cacciò il re che si era insediato al posto di Völsungr. Inoltre egli sposò Borghildr ed ebbe da lei un figlio di nome Helgi, che fu un famoso eroe.

Avvenne in seguito che Sinfjötli, figlio di Sigmundr, e un altro re, fratello di Borghildr moglie di Sigmundr, si invaghirono della medesima donna ed entrambi volevano prenderla in moglie. Essi risolsero la questione combattendo e Sinfjötli uccise il rivale. Poi si diede alla guerra e alle scorrerie, sempre ottenendo la vittoria. In autunno tornò a casa dal padre, ma subito Borghildr gli ordinò di andarsene; Sigmundr allora le offerse un guidrigildo per il fratello, poiché – disse – non serviva a nulla litigare con le donne, ed ella accettò. Poi fu fatto il banchetto in memoria del morto e Borghildr serviva la birra. Ella prese del veleno, lo versò in un corno e lo offrì a Sinfjótli. Ma quando egli guardò nel corno capì che conteneva del veleno, allora disse a Sigmundr che la bevanda era torbida. Sigmundr prese il corno e bevve: come è noto il veleno non gli faceva alcun male. Allora Borghildr venne con un altro corno e tutto andò come prima. La terza volta in cui gli porse il corno, ella gli rivolse parole di biasimo, se non avesse bevuto. Egli parlò con Sigmundr come prima. Quello rispose: «Filtralo con i baffi, figlio!» Sinfjötli bevve e subito morì.

Sigmundr allora lo portò fra le braccia per un lungo cammino e giunse a un fiordo stretto e allungato; là c’era un’imbarcazione con un uomo. Questi disse che lo avrebbe traghettato, ma quando il cadavere fu messo sull’imbarcazione, essa fu del tutto carica. Allora il battelliere disse che Sigmundr avrebbe dovuto andare via terra, poi spinse l’imbarcazione al largo e scomparve.

Sigmundr tornò a casa e cacciò la regina, che poco tempo dopo morì. Egli rimase a governare il regno ed era il miglior guerriero e il miglior re.

In seguito Sigmundr si recò a sud verso il Paese dei Franchi e là giunse presso il re Eylimi e ne ebbe in sposa la figlia Hjördis. Avvenne però che un altro re, figlio di Hundingr, desiderava la stessa fanciulla e per questo, essendo ella stata maritata a Sigmundr, raccolse un esercito e mosse contro il rivale. Sigmundr non si sottrasse allo scontro e benché fosse ormai vecchio combatteva valorosamente. Durante la battaglia tuttavia venne un uomo con un cappello cadente e un mantello scuro; aveva anche un occhio solo e teneva in mano una lancia. Costui avanzò verso Sigmundr e brandì la lancia davanti a lui. Quando re Sigmundr colpì forte, la spada urtò contro la lancia e si spezzò in due. Da quel momento la fortuna abbandonò Sigmundr, il quale cadde in quella battaglia con Eylimi e molti dei suoi.

Il figlio di Hundingr tuttavia non poté trovare la fanciulla, poiché era stata mandata nella foresta con una schiava. Perciò ritenne di avere sterminato tutta la stirpe dei Völsungar e di non dover temere più nulla da quella parte.

Durante la notte però Hjördis andò sul campo di battaglia e là incontrò Sigmundr morente. Egli le disse che Odino aveva voluto la sua morte. Le consigliò anche di raccogliere i pezzi della sua spada, perché da essi ne sarebbe stata forgiata una nuova, arma eccellente, per il figlio maschio che ella attendeva da lui. Poi morì.

Reginn

Reginn

Hjördis scambiò gli abiti con la schiava. In seguito giunse in quel luogo un vichingo di nome Álfr, figlio di re Hjálprekr; egli trovò le due donne, le interrogò e non ebbe difficoltà a riconoscere quale di loro fosse la vera figlia di Eylimi. Allora la condusse con sé e la prese in moglie. Hjördis diede alla luce il figlio di Sigmundr, che ebbe nome Sigurðr. Era un bambino dagli occhi acuti e superiore agli altri in ogni cosa. Sigurðr venne allevato presso la corte di re Hjálprekr. Il padrino di Sigurðr si chiamava Reginn, figlio di Hreiðmarr. Egli era un nano sapiente, feroce e conoscitore di magie: allevò Sigurðr, lo istruì e lo amò molto. Gli suggerì anche di farsi donare un cavallo dal re. Hjálprekr disse che Sigurðr poteva scegliere il cavallo che preferiva. Il giorno seguente Sigurðr andò nella foresta e incontrò un vecchio con una lunga barba che gli era sconosciuto. Quello gli domandò dove andasse. Rispose che doveva scegliersi un cavallo e chiese un buon consiglio. Il vecchio allora gli fece condurre i cavalli a un fiume; essi spinsero gli animali dove l’acqua era più profonda e tutti nuotarono verso la riva, tranne uno. Sigurðr scelse quello. Il vecchio disse che quel cavallo era figlio di Sleipnir e che egli avrebbe dovuto allevarlo con cura perché sarebbe diventato il migliore. Poi scomparve. Sigurðr chiamò il cavallo col nome di Grani. L’uomo che aveva incontrato era Odino.

Share

Comments are closed.