Sigurðr e i Nibelunghi (terza parte)

Sigurðr e i Nibelunghi (terza parte)

Reginn istigava Sigurðr a cercare di arricchirsi: per questo gli disse che sapeva dove avrebbe potuto trovare un grande tesoro e che c’era una storia in proposito. Sigurðr volle che gli fosse narrata.

19 gennaioUna volta Odino, Hœnir e Loki se ne andavano in giro per il mondo; giunsero a una cascata che aveva nome Andvarafors. Un nano di nome Andvari viveva nella cascata in forma di luccio e in quel luogo si procurava il cibo. Avvenne ora che Otr, fratello di Reginn, che stava presso la cascata in forma di lontra, avesse catturato un salmone e lo mangiasse a occhi chiusi. Loki lo colpì a morte con una pietra, e gli dèi si rallegrarono della preda: con un colpo solo avevano catturato lontra e salmone; poi scuoiarono la lontra. Giunsero in seguito a una fattoria il cui padrone aveva nome Hreiðmarr: era un uomo molto potente e un grande conoscitore di magie. Essi gli chiesero asilo per la notte, ma dissero di non aver bisogno di cibo e mostrarono le loro prede. Quando Hreiðmarr vide la lontra chiamò i suoi figli, che erano Reginn e Fáfnir, fratelli di Otr: egli disse che il loro congiunto era stato ucciso e anche chi aveva commesso il delitto. Allora gli dèi furono fatti prigionieri e per aver salva la vita dovettero promettere un guidrigildo: avrebbero dovuto riempire la pelle della lontra con oro e ricoprirla tutta esternamente con oro rosso. Gli dèi mandarono Loki a procurarsi l’oro. Loki si recò da Rán e prese la sua rete, poi tornò ad Andvarafors, gettò la rete davanti al luccio e quello vi saltò dentro. Per aver salva la vita, il nano Andvari dovette promettere di consegnare tutto l’oro che teneva nella sua dimora di pietra. Quando il nano ebbe dato a Loki tutto l’oro, trattenne per sé un anello, ma Loki gli ingiunse di consegnare anche quello. Il nano pregò che glielo lasciasse, perché – disse – grazie a quell’anello avrebbe di nuovo potuto accrescere le sue ricchezze. Loki però rispose che da quel momento in poi egli non avrebbe dovuto possedere più neppure un soldo, così prese l’anello e uscì. Allora Andvari maledisse l’oro e proclamò che quell’anello sarebbe stato la rovina di chiunque l’avesse posseduto. Loki rispose che lo riteneva giusto e che avrebbe comunicato quella profezia a chiunque avesse avuto a che fare con l’anello. Così se ne andò, ritornò da Hreiðmarr e mostrò l’anello a Odino che lo tolse dal mucchio. Gli dèi consegnarono l’oro a Hreiðmarr, la pelle della lontra fu riempita quanto più possibile e quando fu colma venne rizzata in piedi. Poi gli dèi ricoprirono la pelle con l’oro, disponendolo a strati. Odino invitò Hreiðmarr a verificare che la pelle fosse completamente coperta; quello si avvicinò, guardò attentamente e vide spuntare un baffo, perciò ingiunse di coprire anche quello. Odino tirò fuori l’anello prezioso di Andvari e nascose quel pelo. Loki allora riferì a Hreiðmarr la profezia di Andvari.

I figli di Hreiðmarr, Fáfnir e Reginn, pretesero dal padre una parte dell’oro come ricompensa per la morte del fratello, ma egli rifiutò di cederne anche una minima parte. Così i due fratelli presero una decisione malvagia: uccisero il padre per impadronirsi dell’oro. Hreiðmarr morente chiamò a sé le figlie, Lyngheiðr e Lofnheiðr, e le pregò di prendere vendetta della sua morte. Lyngheiðr rispose che non toccava a lei punire le malefatte del fratello; allora Hreiðmarr la invitò a concepire un figlio maschio che potesse un giorno vendicarlo.

Reginn chiese a Fáfnir di dividere l’oro in parti uguali, ma Fáfnir rifiutò decisamente ingiungendogli di andarsene e minacciandolo, in caso contrario, di spedirlo dal padre. Reginn chiese consiglio alla sorella Lyngheiðr, ed ella lo invitò a tralasciare l’inimicizia. Così Reginn se ne andò e Fáfnir si prese tutto l’oro, poi salì su Gnitaheiðr, dove si preparò una tana. Là, trasformatosi in serpe, giaceva sul tesoro; egli aveva l’elmo del terrore che era stato di Hreiðmarr: esso si chiama così perché tutti gli esseri umani che lo vedono si spaventano.

Tutte queste cose narrò Reginn a Sigurðr, dicendogli come in seguito a questo fatto egli fosse giunto da re Hjálprekr e fosse divenuto suo fabbro. Reginn preparò per Sigurðr una spada, perché voleva che uccidesse Fáfnir. Tuttavia Sigurðr rifiutò le prime due spade che Reginn aveva forgiato per lui perché si erano infrante quando le aveva provate contro la pietra. Sigurðr chiese a sua madre i pezzi della spada che era stata di suo padre Sigmundr e questa volta Reginn ne trasse per lui una spada che ebbe nome Gramr: era così affilata che una volta in cui Sigurðr la tuffò nell’acqua tagliò di netto in due un ciuffo di lana da lui gettato nella corrente; con quella spada Sigurðr fendette l’incudine di Reginn fino al ceppo. In seguito egli andò a trovare un uomo di nome Gripir, che era il fratellastro di sua madre: costui era saggio e conoscitore del futuro. Sigurðr lo interrogò per sapere quale sarebbe stato il suo destino; seppur malvolentieri, Gripir gli rivelò ogni cosa come si sarebbe svolta.

Reginn incitava insistentemente Sigurðr a uccidere Fáfnir. Sigurðr tuttavia volle prima vendicare suo padre, perché – disse – sarebbe stato motivo di scherno per i figli di Hundingr se avessero saputo che egli si preoccupava prima di guadagnarsi dell’oro che di vendicare Sigmundr. A quello scopo re Hjálprekr procurò a Sigurðr delle navi. Avvenne ora che, quando furono in mare, essi incapparono in una violenta tempesta e passarono sopravvento davanti a un promontorio, trovandosi in difficoltà. Sul monte videro un uomo che faceva loro cenno e domandava chi comandasse le navi. Reginn gli rispose che si trattava di Sigurðr e a sua volta gli domandò il nome. Quello rispose di essere conosciuto con diversi appellativi, quindi disse che voleva un passaggio. Essi lo fecero salire a bordo ed egli calmò la tempesta. Poi Sigurðr lo interrogò su molte cose ed egli rivelò quali fossero i segni propizi ai guerrieri in procinto di dar battaglia.

Essi giunsero alla terra dei figli di Hundingr e l’uomo scomparve. Sigurðr e i suoi presero a saccheggiare e a uccidere nelle terre dei figli di Hundingr, poi ingaggiarono con loro una violenta battaglia e li sterminarono tutti. Così tornarono da re Hjálprekr con molte ricchezze. Reginn ricordò a Sigurðr che gli aveva promesso di uccidere Fáfnir.

Sigurðr e Reginn si recarono dunque a Gnitaheiðr e trovarono le tracce di Fáfnir, là dove egli strisciava verso l’acqua. Reginn consigliò a Sigurðr di scavare una buca e di nascondervisi per colpire il drago da sotto, trafiggergli il cuore e ucciderlo. Tuttavia non volle rispondere quando Sigurðr gli domandò come avrebbe potuto difendersi dal sangue del serpe; anzi lo accusò di non essere coraggioso come i suoi congiunti e se ne andò. Sigurðr prese a scavare una buca. Venne allora un vecchio con la barba cadente e gli domandò che cosa stesse facendo. Sigurðr glielo disse. Il vecchio rispose: «Questo è un cattivo consiglio. Fa’ diverse buche e lascia che il sangue vi scorra dentro. Tu mettiti in una e colpisci il serpe al cuore». Poi scomparve. Sigurðr fece come quello aveva detto.

Il serpe venne strisciando verso l’acqua e sputando veleno, che cadde sulla testa di Sigurðr: questi allora gli vibrò da sotto un colpo con la spada e gli inferse una ferita mortale. Allora Fáfnir sì scosse muovendo la testa e la coda. Sigurðr uscì dalla buca ed essi si videro. Fáfnir domandò chi fosse colui che lo aveva colpito a morte. Dapprima Sigurðr tenne nascosto il proprio nome per timore della maledizione di un moribondo; poi tuttavia rivelò il nome e la stirpe e pose a Fáfnir molte domande sul mondo e sugli dèi. Prima di morire Fáfnir suggerì a Sigurðr di tornare a casa e di non prendersi l’oro, perché lo avrebbe portato alla rovina; gli disse anche che Reginn lo avrebbe tradito.

Intanto Reginn, che mentre Sigurðr uccideva il serpe se n’era rimasto in disparte, tornò nel momento in cui Sigurðr stava ripulendo la spada nell’erba. Egli prese a lodare l’impresa di Sigurðr, poi tagliò il cuore di Fáfnir e bevve il sangue che sgorgava dalla ferita. Reginn disse che Sigurðr doveva prendere il cuore di Fáfnir e arrostirlo per lui, mentre lui si sarebbe messo a dormire. Sigurðr gli rinfacciò di essere rimasto in disparte mentre egli uccideva Fáfnir e disse che a nulla sarebbe valsa la spada che Reginn aveva forgiato per lui se l’animo non fosse stato valoroso.

Poi Sigurðr prese il cuore di Fáfnir e lo arrostì su uno spiedo. Quando ritenne che fosse pronto e il sangue schiumò dalla ferita, lo toccò con un dito per capire se fosse cotto del tutto. Allora si scottò, così si mise il dito in bocca. E quando il sangue del cuore di Fáfnir gli toccò la lingua egli divenne capace di comprendere il linguaggio degli uccelli. Allora udì due cinciallegre che cinguettavano su un ramo. Esse parlavano di lui e suggerivano che mangiasse il cuore del serpe; dicevano anche che Reginn meditava di ucciderlo per vendicare il fratello. Sarebbe stato saggio da parte sua liberarsi di Reginn e restare unico padrone dell’oro. Sigurðr allora mozzò la testa a Reginn, mangiò il cuore di Fáfnir e bevve il sangue di entrambi. Ancora udì le cinciallegre che gli suggerivano di raccogliere l’oro e discorrevano del suo destino. Poi egli si recò a cavallo alla tana di Fáfnir e la trovò aperta. Le porte, i battenti e gli stipiti così come le pareti erano di ferro. Sigurðr prese l’oro, lo sistemò sul dorso di Grani e cavalcò via.

Share

Comments are closed.