Sigurðr e i Nibelunghi (quarta parte)
Sigurðr e i Nibelunghi (quarta parte)
Sigurðr si allontanò da quel luogo e salì verso Hindarfjall, dirigendosi a sud verso il Paese dei Franchi. Sul monte vide una gran luce, come fuoco che ardesse, splendente fino al cielo. Quando giunse là, trovò un bastione di scudi. Entrò nel bastione e vide che là dentro giaceva un uomo addormentato con tutta l’armatura. Per prima cosa gli tolse l’elmo dal capo. Allora capì che era una donna. La corazza era aderente come se fosse cresciuta assieme alla carne. Con la spada Gramr fendette la corazza e gliela tolse; ella allora si destò, si mise a sedere, vide Sigurðr e domandò chi avesse sciolto i vincoli che la tenevano prigioniera di quel sonno. Sigurðr disse il suo nome e le domandò il proprio. Ella prese un corno colmo di idromele e gli offrì la bevanda del ricordo. Poi rivelò di chiamarsi Sigrdrifa. Era una valchiria. In una battaglia aveva protetto un guerriero anziché un altro contro il volere di Odino e il dio l’aveva punita pungendola con la spina del sopore; inoltre aveva stabilito che ella non avrebbe più ottenuto la vittoria e che non si sarebbe sposata. «Ma», aggiunse, «io gli risposi che facevo voto di non sposare alcun uomo che conoscesse la paura.» Poiché ella conosceva notizie di tutti i mondi, Sigurðr le chiese di insegnargli la saggezza. Ella allora gli porse un calice di birra e gli donò le rune: erano le rune della gioia, le rune della vittoria, le rune della birra, le rune dei parti, le rune contro i marosi, le rune dei rami, le rune dell’eloquio, le rune della mente. Poi ancora lo istruì con saggi e preziosi consigli. Predisse infine che egli non avrebbe avuto lunga vita a causa di lotte spietate. Poi Sigurðr e Sigrdrifa si scambiarono promessa d’amore.
Sigurðr cavalcò via. È detto che egli possedeva armi splendide tutte adorne d’oro; inoltre voleva sempre primeggiare fra i guerrieri e gli eroi. Era bello d’aspetto, con lo sguardo acutissimo, forte, robusto, saggio e dotato di abilità nel parlare.
Sigurðr cavalcò finché giunse alla dimora di un re potente che si chiamava Heimir. Costui era sposato con la sorella di Brunilde che aveva nome Bekkhildr, dal momento che se ne rimaneva a casa e aveva imparato i lavori femminili. Brunilde invece con elmo e Corazza prendeva parte alle battaglie. Là Sigurðr incontrò Brunilde, ella gli parve bellissima e desiderò possederla. Era una fanciulla orgogliosa e fiera, tuttavia Sigurðr riuscì ad avere un colloquio con lei e, benché ella già sapesse che il destino dell’eroe sarebbe stato quello di sposare un’altra donna, egli le giurò che non voleva avere nessun’altra e le diede l’anello dono di Andvari. Così essi rinnovarono i loro giuramenti.
C’era un re che si chiamava Gjúki e aveva in moglie una donna di nome Crimilde. Ella era una conoscitrice di magia. Gjúki aveva tre figli maschi di nome Gunnarr, Högni e Gothormr e una figlia che si chiamava Goðrún. Essi erano detti Nibelunghi. Goðrún fece sogni angosciosi e si recò da Brunilde perché li interpretasse. Brunilde allora prese a parlare con lei dei re più potenti che ci fossero e le disse di Sigurðr che di gran lunga li sopravanzava tutti. Goðrún capì che Brunilde sapeva ogni cosa di Sigurðr a motivo del suo amore per lui. Poi Brunilde interpretò i sogni di Goðrún e disse di tutte le cose come sarebbero andate per lei, per Goðrún, per Sigurðr e per i loro congiunti. Goðrún assai rattristata tornò alla casa paterna.
Ora avvenne che Sigurðr partì con tutto l’oro e cavalcò via con Grani, finché giunse alla casa di Gjúki. Aveva un aspetto così maestoso che pareva un dio piuttosto che un essere umano. Crimilde si accorse di quanto egli parlasse di Brunilde e di quanto amore avesse per lei; ella però pensava che sarebbe stata una grande fortuna se avesse sposato la figlia di Gjúki. Perciò una sera, mentre stavano a bere, si avvicinò a Sigurðr e gli offrì da bere. Sigurðr prese il corno e bevve. Allora ella gli disse: «Re Gjúki sarà tuo padre, e io tua madre, Gunnarr e Hògni i tuoi fratelli. Tutti pronuncerete dei giuramenti e nessuno sarà pari a voi». Sigurðr accettò volentieri e dopo aver bevuto quella bevanda non pensò più a Brunilde. Si trattenne là per qualche tempo, prese in sposa Goðrún e si legò con giuramenti con i suoi fratelli. Con loro fece numerose spedizioni ed essi compirono grandi imprese, uccidendo molti figli di re.
In seguito Crimilde suggerì a suo figlio Gunnarr di chiedere in sposa Brunilde, dicendo che Sigurðr avrebbe potuto accompagnarlo. Si prepararono dunque per quel viaggio e giunsero dal padre della fanciulla. Egli disse che ella stessa avrebbe dovuto decidere. Allora si recarono da Heimir, ma egli diede loro la medesima risposta. Disse anche che la dimora della fanciulla non era lontana, e ancora che ella avrebbe accettato soltanto l’uomo che si fosse mostrato capace di cavalcare attraverso il bastione di fuoco che circondava la sua casa.
Essi trovarono la casa e videro il bastione di fuoco tutto intorno. Gunnarr allora spronò il cavallo verso le fiamme, ma quello si tirò indietro. Egli allora chiese a Sigurðr di poter montare Grani e Sigurðr acconsentì. Gunnarr spinse Grani verso le fiamme, ma Grani non volle muoversi. Gunnarr perciò non poteva oltrepassare il bastione di fuoco. Allora Gunnarr e Sigurðr cambiarono aspetto fra loro e Sigurðr montò a cavallo con la spada Gramr in mano e gli speroni d’oro ai piedi. Quando Grani riconobbe gli speroni del padrone cavalcò attraverso il bastione di fuoco. Oltrepassate le fiamme, Sigurðr trovò una bella casa e là dentro c’era Brunilde. Ella domandò chi fosse quell’uomo. Egli disse di essere Gunnarr, figlio di Gjúki, e le offerse di diventare sua moglie. Ella accettò poiché era stato capace di attraversare il bastione di fuoco. Sigurðr rimase da lei tre notti e si coricarono nel medesimo letto. Quando andarono a dormire, egli prese la spada Gramr, la tolse dal fodero e le mise in mezzo a loro. Inoltre le tolse l’anello dono di Andvari che in precedenza le aveva dato e le donò un altro anello dal tesoro di Fáfnir. Quindi tornò attraverso il fuoco dai suoi congiunti. Brunilde allora andò dal suo padrino e gli disse che aveva deciso di seguire Gunnarr, poiché era stato capace di attraversare il bastione di fuoco. Ella aveva creduto che Sigurðr fosse l’unico in grado di farlo, e con lui aveva scambiato giuramenti sul monte: quello era stato il suo primo uomo. Heimir rispose che ora doveva essere com’era. Brunilde disse che Àslaug, figlia sua e di Sigurðr, doveva essere allevata da Heimir. Quindi divenne la sposa di Gunnarr.
Un giorno Brunilde e Goðrún andarono al fiume a lavarsi i capelli. Brunilde guadò dalla riva verso il centro del fiume, dicendo che non voleva bagnarsi i capelli con l’acqua in cui Goðrún aveva sciacquato i suoi poiché aveva un marito più coraggioso. Goðrún ribatté che Sigurðr era il più coraggioso di tutti, poiché aveva ucciso Fàfnir e Reginn e si era impadronito della loro eredità. A sua volta Brunilde ribatté che Gunnarr aveva cavalcato attraverso il bastione di fuoco, cosa che Siguròr non aveva osato fare. Goðrún allora rise e le rivelò la verità: come prova le mostrò l’anello dono di Andvari che Sigurðr le aveva tolto. Quando Brunilde riconobbe l’anello si fece pallida come una morta. Tornò a casa e quella sera non disse più una sola parola.
In seguito ella divenne triste e taciturna, meditando continuamente su come era stata ingannata, e decise di vendicarsi. Inutilmente Goðrún cercò di consolarla; il suo dolore crebbe smisuratamente, tanto che si mise a letto e vi rimase a giacere come se fosse morta. Il dispiacere maggiore le veniva dal fatto che non aveva potuto avere Sigurðr. Nessuno riusciva a distoglierla dai suoi pensieri. Sigurðr andò da lei e le disse che avrebbe desiderato che fosse sua moglie, che non si era ricordato dei giuramenti fatti e che non l’aveva riconosciuta finché ella non aveva sposato Gunnarr. Quello era per lui il più grande dolore. Ella rispose che aveva giurato di sposare l’uomo che avesse osato cavalcare attraverso il bastione di fuoco. «Voglio mantenere questo giuramento», disse, «oppure morire.» Sigurðr le disse che, piuttosto che ella morisse, avrebbe lasciato Goðrún. Brunilde rispose: «Io non voglio avere te, né nessun altro». In seguito Brunilde istigò Gunnarr a uccidere Sigurðr e suo figlio. Altrimenti, affermò, egli avrebbe perso il regno, le ricchezze, la vita e anche lei. Gunnarr amava Brunilde sopra ogni cosa. Egli dunque chiamò suo fratello Högni e gli disse che voleva uccidere Sigurðr; tuttavia, poiché erano vincolati a lui da un giuramento, fecero compiere il misfatto a Gothormr loro fratellastro, che era ancora giovane e non legato da alcuna parola. Presero della carne di serpe e di lupo, la cucinarono e gliela diedero da mangiare. Gothormr andò da Sigurðr di mattina, mentre quello giaceva a letto. Dapprima fu spaventato dall’acutezza dello sguardo dell’eroe e per due volte dovette tornare indietro. Ma la terza volta trovò Sigurðr addormentato e lo trapassò con la spada sicché la punta si conficcò nel letto. Sigurðr si destò per la ferita, prese la spada Gramr e gliela scagliò contro: essa raggiunse Gothormr e lo fendette in due, i piedi caddero da una parte, la testa e le mani da un’altra. È detto che alla morte di Sigurðr vibrarono le coppe nella sala e starnazzarono le oche nel cortile.