Proiettili-razzo Katiuscia
Proiettili-razzo Katiuscia
Katiuscia fu il nomignolo affibbiato ai proiettili a razzo sovietici di maggior impiego, la cui storia inizia tra il 1930 ed il 1935, anni nei quali l’ingegnere russo Petropavlosky compì gli studi atti alla creazione di un razzo a proiettile capace di abbattere mezzi corazzati ed aerei, presso i laboratori di dinamica dei gasi di Leningrado. Alla morte di Petropavlosky le sperimentazioni vennero portate avanti dai suoi collaboratori, tra i quali, per le doti di ingegno e raziocinio, spicca la figura di Andre Kostikov. Essi si occuparono non tanto di migliorare il razzo in sé e per sé, quanto di ideare un meccanismo di lancio che fosse quanto più duttile e performante nell’utilizzo: idearono così un lanciarazzi a rotaie (ed a canne multiple) che, data la forma ed in ricordo di un antico pezzo d’artiglieria a più canne costruito nel passato, venne battezzato Organo di Stalin.
Montati su autocarri o su mezzi cingolati, questi lanciarazzi fecero la loro prima comparsa sui campi da combattimento il 15 luglio del 1941 e la loro utilizzazione aumentò in maniera quasi esponenziale sino agli ultimi giorni della guerra.
I razzi sovietici utilizzavano un propellente solido ed erano caratterizzati dal calibro estremamente variabile: da 8 mm sino ad un massimo di 300 mm, con una gittata compresa tra 2 ed 8 km. Il loro impiego era quindi costituito dall’appoggio all’artiglieria campale da medio calibro. Solitamente venivano nascosti in zone defilate e venivano scoperti solo pochi attimi prima del lancio, che veniva eseguito in massa esaurendo in breve tempo tutti i razzi: il motivo di questa manovra era costituito dal fatto che queste armi, piuttosto voluminose, costituivano un facile bersaglio.
Il tipo di bomba a razzo più utilizzato, il Katiuscia appunto, era quello di 13 cm di calibro (BM 13) costituito da un proietto simile a quello di artiglieria di medesimo calibro, nella cui parte posteriore veniva montato un tubo alettato contenente la carica di lancio. Il proietto-razzo pesava complessivamente 42 kg, di cui 22 erano costituiti dalla carica di scoppio e 7 da quella di combustione. Nella parte posteriore del tubo era presente un ugello per lo sfogo dei gas. La carica di lancio era costituita da sette cilindri forati di polvere colloidale ed era innescata da un petardo di polvere nera che veniva fatta accendere mediante un contatto elettrico. Il proietto-razzo BM 13 raggiungeva la velocità di 300 m/s ed aveva una gittata utile pari a 5000 m.
L’Organo di Stalin, l’apparecchiatura da lancio, solitamente era costituito da una serie di rotaie doppie (nella maggior parte dei casi otto) , ciascuna delle quali lanciava due proietti-razzo. Il complesso veniva montato su di un autocarro a sei ruote o su un mezzo semicingolato, nella cui cabina di guida era presente il quadro dei comandi relativi all’accensione delle cariche (tutte insieme o singolarmente) ed ai congegni atti alla variazione dell’inclinazione delle rotaie.
L’Organo di Stalin non solo era dotato di una grande capacità devastatrice, ma soprattutto di un pauroso effetto demoralizzante per le truppe nemiche, dato che una sola divisione di Organi poteva lanciare contemporaneamente ben 3840 razzi. Esso rappresenta inoltre l’arma sovietica a reazione più utilizzata durante il secondo conflitto mondiale.
Pasquale Piraino