Fonte
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Geografia mitologica
Fonte
La simbologia universale della fonte come sorgente di vita in perenne rinnovamento è presente anche nella mitologia e nella tradizione nordica. Nel racconto di Snorri, tre sono le fonti in cui è contenuto il mistero della vita; esse stanno presso le tre radici dell’albero cosmico e così si chiamano: Hvergelmir, Mimisbrunnr e Urðarbrunnr.
Hvergelmir «bacile (o meglio «pozzo») risonante» è il pozzo delle origini che si trova in Niflheimr, il mondo infero. Secondo il mito, ha origine dalle gocce che cadono dalle corna del cervo Eikþyrnir, il quale bruca le foglie di Léraðr (da identificare con l’albero della vita). Da Hvergelmir originano gli Elivàgar, i fiumi cosmici. Il luogo in cui si trova Hvergelmir è nel mondo infero, perciò, si dice, è popolato di serpenti: questi alla fine del mondo tormenteranno i cadaveri dei morti. In Hvergelmir dunque sono contenuti i segreti del mondo infero così come quelli celesti (è detto infatti che origina dall’albero cosmico). Ivi è contenuta anche la scienza dei mondi e delle origini, poiché esso fu creato all’inizio del ciclo. Per questo i fiumi che ne nascono separano i mondi e scandiscono con il loro scorrere la misura de] tempo.
Un’altra fonte in cui è celata la sapienza antica è Mimisbrunnr «fonte di Mimir», situata presso quella radice dell’albero cosmico che si stende nel mondo dei giganti. Costoro sono esseri sapientissimi perché la loro stirpe conserva il ricordo del mondo delle origini di cui furono i primi abitatori. Mimir, in particolare, è fra loro uno dei più sapienti: egli rinnova la propria scienza bevendo alla fonte. Odino stesso per poter avere un sorso di quell’acqua preziosa ha dovuto lasciare in pegno un occhio. Nella fonte di Mimir è parimenti nascosto il corno o l’orecchio (o l’udito) di Heimdallr, dio che veglia al limite dello spazio e del tempo. È detto nei miti che nell’ultimo giorno, quando cielo e terra tremeranno, Odino cavalcherà verso la fonte di Mimir per chiedere consiglio.
Una terza fonte, collocata da Snorri presso la terza radice dell’albero cosmico, quella che si protende nel cielo, ha nome Urðarbrunnr «fonte di Urðr ( = destino)». Presso di essa gli dèi tengono consiglio. Ivi abitano anche le tre nome, che stabiliscono la sorte degli uomini. Due cigni, dai quali è discesa la razza di volatili che così si chiama, vivono presso Urðarbrunnr e lì si nutrono. Qui va forse collegato il nome mitico Brunnakr «campo della fonte», che è forse in relazione con la fonte di Urðr: esso è tuttavia riferito a Iðunn, dea che custodisce le mele dell’eterna giovinezza.
Il concetto della fonte come dispensatrice di vita in perpetuo rinnovamento (dunque di immortalità), di sapienza, purificazione e salute, si intreccia con l’idea che essa rappresenti un luogo in cui si è vicini alla divinità. Un culto delle fonti fu senz’altro presente nel Paganesimo scandinavo, come mostra il fatto che esso è testimoniato anche dopo la cristianizzazione nonostante l’avversione dell’autorità ecclesiastica, che dovette infine accettarlo collegandolo alla venerazione dei santi. La più famosa delle numerose fonti oggetto di culto fu senza dubbio quella citata da Adamo da Brema, situata sotto l’albero sacro presso il famoso tempio di Uppsala e nella quale venivano immerse le vittime. D’una «fonte sacrificate» (blótkelda f.) si parla in una saga, in cui si riferisce di sacrifici umani.
Il mito nordico conosce anche un’altra fonte, citata nel racconto relativo a Bil e Hjùki, la fanciulla e il fanciullo che furono tolti dalla terra da Odino e seguono ora la luna, come si vede di quaggiù. Di loro è detto che furono presi dal dio mentre si allontanavano da una fonte detta Byrgir «[luogo] recintato» o forse «[ciò che] rinchiude» o «cela» portando sulle spalle un secchio detto Sœgr «rumore», «pioggia» o «mare» con il bastone Simul «nastro», «corda» (dunque «barra di sostegno»?). Questo mito piuttosto oscuro, che è inteso generalmente come riferimento alle macchie lunari, trova forse una più soddisfacente spiegazione se lo si metile in relazione col fenomeno delle maree (di cui porrebbe essere immagine l’atto di attingere acqua da una fonte).