Numeri legati ai cicli dell’esistenza – Sette e Nove
Numeri legati ai cicli dell’esistenza – Sette
Assomma il quattro, in cui è espressa la simbologia del terreno, al tre, che manifesta il divino; è perciò numero di totalità. Indica una prima completezza del ciclo, il quale dovrà poi decadere nel numero otto e rinnovarsi nel nove. Nella vicenda di Völundr sono ricordate tre valchirie che si unirono in matrimonio con degli eroi: esse rimasero con loro sette anni, ma nell’ottavo soffrirono di nostalgia e nel nono «necessità li separò». Diverse sono le allusioni a periodi di tempo misurati nel numero sette.
Costantemente il sette, così come i suoi multipli, mostra di essere inteso come numero che simboleggia completezza ed equilibrio.
Numeri legati ai cicli dell’esistenza – Nove
È il numero in cui si esprime la compiutezza di un ciclo e il dominio su di esso poiché è il prodotto delle tre dimensioni dello spazio (inferi, terra, cielo) per le tre dimensioni del tempo (passato, presente, futuro).
Tutto ciò che allude a un periodo completo, dunque anche alla sua conclusione e al suo rinnovamento, sarà espresso nel numero nove. Esso è altamente magico poiché contiene la molteplicità che riconduce all’unità, è il risultato perfetto di ogni sforzo, la totalità racchiusa in se stessa.
Il mito nordico conosce innanzitutto i «nove mondi» (cioè le tre dimensioni di ogni singolo mondo) e le «nove radici» su cui l’albero cosmico, cioè l’universo stesso, si sostiene. Questa immagine combina al concetto della progressione dei cicli la visione della contemporanea esistenza, sul piano verticale quanto su quello orizzontale dell’essere, di mondi differenti sovrapposti e concentrici in cui trovano spazio le diverse entità. Un viaggio attraverso i nove mondi sarà dunque un itinerario che rende estremamente saggi: esso infatti garantisce la visione totale del mondo nella sua simmetrica opposizione celeste e infernale, oltre che terrena. Si ricordi che in alcune fonti sono citati anche nove cieli. Da nove madri, informa il mito, è generato Heimdallr, guardiano dell’universo, dio che veglia al limite dello spazio e del tempo. Esse sono forse le nove fanciulle che girano la mola del mulino del cielo dal quale vengono macinate le ere.
Ogni ciclo completo che debba produrre un frutto, nel bene come nel male, sarà misurato nel numero nove: nove notti Odino resta impiccato all’albero cosmico, in un sacrificio iniziatico immolato a se stesso: da ciò trarrà la conoscenza dei segreti del mondo riassunta in nove canti magici; nove notti Freyr, dio della fecondità, dovrà attendere prima di unirsi in matrimonio con Geròr. Anche il dio Njörðr e Skaði sua sposa, per il loro disaccordo sul luogo in cui abitare, decideranno di rimanere nove notti a Nóatùn, dimora di lui, e altre nove a þrymheimr, dimora di lei.
Un ciclo completo di male rappresentano certamente i nove lupi generati da una strega, così come un’immagine del potere infernale dei giganti sono le novecento teste di cui è dotata una di loro. In una fonte è detto di una strega che dovrebbe giacere nove miglia sotto la terra, cioè nel luogo in cui i demoni del male esprimono nello spazio il loro massimo potere.
Il simbolo del nove come compimento del ciclo ritorna anche nel racconto relativo al crepuscolo degli dèi, dove si dice che, al termine del duello mortale col serpe cosmico, Thor farà ancora nove passi prima di cadere, ucciso dal veleno che il serpe gli avrà sputato addosso. D’una arma magica che sola potrà uccidere il gallo che sta sull’albero cosmico (uccisione che avverrà secondo l’ordine delle cose solo nell’ultimo giorno) è detto che è conservata in uno scrigno chiuso da nove serrature.
Il nove, come numero del ciclo compiuto e pronto al rinnovamento, è legato particolarmente alla figura delle valchirie: sono loro infatti che segnano il compimento della vita dell’eroe e talora lo fanno rinascere. Per questo appaiono spesso in schiere di nove. Questa idea delle fanciulle sovrannaturali che devono apparire in numero di nove si ritrova a esempio nell’elenco delle nove ancelle che stanno accanto a Menglöð, così come nella citazione delle nove figlie di Njörðr, o di Thor.
Nel suo racconto sulla grande festa sacrificale di Uppsala, Adamo da Brema riferisce che essa si teneva ogni nove anni e aveva la durata di nove giorni, durante i quali venivano sacrificati nove individui per ogni tipo di vittima.
Il numero diciotto ripete generalmente la simbologia del nove del quale raddoppia il valore.