Carro veloce L35 e carro medio M13/40

Carro veloce L35 e carro medio M13/40

Nel giugno del 1940 l’esercito italiano entrò in guerra con una dotazione assolutamente insufficiente di mezzi corazzati. A dispetto però della falsa propaganda odierna, volta a fare apparire l’Italia del tempo come uno stato militarmente debole, occorre dire che il problema non fu costituito tanto dalla quantità di mezzi a disposizione, quanto dalla loro qualità. Ed ancora una volta occorre specificare che la qualità dei mezzi non era tanto deficitaria in sé e per sé, quanto non adatta al tipo di guerra cui l’Italia stava andando incontro. Nello specifico, i mezzi italiani avrebbero rappresentato un’assoluta eccellenza per il tipo di guerra simile al primo conflitto mondiale, ma non per il secondo: le strategie belliche avevano preso un’evoluzione che l’Italia di certo non si aspettava. E ad onor del vero bisogno dire che nemmeno uno stato come la Germania l’avevo messo in conto, ma quest’ultima manifestò una capacità d’adattamento assolutamente migliore rispetto a quella italiana e così riuscì per molto tempo a tenere un cantiere di guerra ampio 360°. Tale adattabilità non si può però scindere dalla diversa (e maggiormente felice) situazione industriale, figlia anche di una davvero fortunata condizione geografica.

L35

L35

Riguardo ai mezzi corazzati, le tre divisioni “Ariete”, “Centauro” e “Littorio” erano formate nella stragrande maggioranza da carri L35: questi erano mezzi senza alcun dubbio assolutamente validi ed efficaci per l’esplorazione del territorio e l’accompagnamento delle incursioni della fanteria (compiti per i quali erano stati progettati), ma non per operazioni prettamente offensive e di rottura delle linee nemiche. Questo fu un modo di operare assolutamente nuovo per le divisioni corazzate e l’Italia non si aspettava che le operazioni belliche potessero comprendere questa piega: quando ciò accadde, fu ormai troppo tardi e i coraggiosi soldati italiani pagarono a caro prezzo e sul campo la mancanza di lungimiranza dei loro superiori.

Il carro veloce L35 faceva parte della categoria dei carri leggeri (da cui la “L” della sigla); tale categoria comprendeva tutti i mezzi caratterizzati da un peso inferiore alle 5 tonnellate. I carri medi (“M”) andavano dalle 5 alle 15 tonnellate, mentre quelli superiori alle 15 tonnellate erano classificati come pesanti (“P”). Il carro L35 era stato creato dalla Ansaldo, in collaborazione con la Fiat, attraverso una serie di studi, collaudi e successive modifiche che impegnarono i tecnici italiani dal 1929 sino al 1935. Tali studi furono condotti al fine di ideare un carro che fosse simile all’inglese Carden Loyd Mk VI, che nel 1928 aveva particolarmente impressionato lo stato maggiore italiano.

L35

L35

Come scritto sopra, al momento del suo ingresso in servizio il carro L35 rappresentava uno dei migliori carri in assoluto della sua categoria: non a caso ne vennero richiesti svariati ordinativi da parte di molteplici stati come Afghanistan, Austria, Bolivia, Brasile, Bulgaria, Cina, Grecia, Irak e Ungheria. Le sue caratteristiche erano le seguenti: era lungo 3,15 m, largo 1,40 m, alto 1,28 m; con l’equipaggio al completo (composto da due uomini) pesava 3,5 tonnellate; i suoi armamenti erano costituiti da 2 mitragliatrici abbinate Fiat modello 1935 o Breda modello 1938, con una riserva di 3200 colpi. La sua corazzatura 13,5 mm sulla parte frontale e posteriore, mentre si riduceva a 6 mm sul fondo e superiormente. Il motore Fiat-Spa CV 3 alimentato a benzina assicurava una velocità su strada pari a 42 km/h e permetteva di superare pendenze massime pari a 45°. Oltre la versione “base”, vennero ideate altre versioni di L35 tra le quali ricordiamo l’ L35/lf, dotato di lanciafiamme, e l’ L35/c, mezzo dotato di cannoncino controcarro Solothurn da 20 mm.

Il carro L35, estremamente mobile e leggero, dimostrò di essere anche un buon arrampicatore operando bene in terreni accidentati e montagnosi, distinguendosi positivamente durante la guerra d’Etiopia e di Spagna. Durante il secondo conflitto mondiale, quando fu lanciato in campo aperto contro i carri di nuova generazione avversari (mezzi studiati per una strategia differente), manifestò tutti i suoi limiti che lo posero in una condizione d’assoluta inferiorità.

Soldati tedeschi con L35 a Modena, Maggio 1944

Soldati tedeschi con L35 a Modena, Maggio 1944

Nonostante fosse l’unico carro armato utilizzabile in numero consistente allo scoppio delle ostilità, già nel 1939 se ne interruppe la produzione. Nel 1940 entrò in servizio l’ L40, un nuovo carro leggero da 6 tonnellate che, a differenza del suo predecessore, era dotato di una torretta girevole.

Sempre nel 1940 (in particolare in primavera) furono disponibili un centinaio di carri armati medi M11/39 (dove la prima cifra indica il peso in tonnellate, mentre la seconda l’anno di produzione), chiamati anche M11 o M39. I prototipi di questi carri erano stati presentati allo stato maggiore italiano già nel 1938, ma tra modifiche, miglioramenti e ritardi vari furono resi disponibili, nei cento esemplari richiesti, solo due anni dopo. L’ M39 non fu un modello riuscito, anzi era affetto da tante gravi problematiche da essere un carro obsoleto ancora prima di essere messo in produzione: non a caso i tecnici inglesi lo giudicarono come il peggiore carro dell’epoca. Nonostante questo, da quell’enorme fallimento che fu l’M39 si riuscì ad imparare qualcosa e così proprio da questo “errore in corsa” ebbe origine il carro italiano di massa M13/40 (o M40) che, insieme alla sua versione modificata M41, costituì il nerbo delle forze corazzate italiane durante l’ultimo conflitto mondiale.

Carri M14-40 in Libia, 1941

Carri M14-40 in Libia, 1941

Gli studi relativi all’M40 erano iniziati nel 1938. In principio non doveva essere altro che un cannone semovente da 47/32 ovvero l’unico semovente armato da accoppiare all’artiglieria contro-carro. Partendo dall’idea di un semovente però si cominciò pian piano a sviluppare un progetto la cui struttura e funzione era più simile a quella di un carro armato piuttosto che ad un affusto semovente. I soliti ritardi (che caratterizzano tutta la storia dell’avventura italiana nel secondo conflitto mondiale) dovuti a collaudi, migliorie, ulteriori collaudi e lunghi tempi di produzione, fecero sì che i primi 15 prototipi di tale carro non fossero consegnati prima del luglio del 1940. La costruzione venne affidata all’Ansaldo-Fossati di Genova, mentre i motori furono forniti dalla Fiat-Spa di Torino: alla fine del 1940 tale carro era già presente presso le forze armate italiane in numero pari a 250 esemplari.

L’M40 pesava quasi 14 tonnellate con equipaggiamento completo; era lungo 4,9 m, largo 2,3 m e alto 2,2 m; era dotato di un equipaggio formato da 4 uomini: un capocarro-tiratore, un porgitore, un mitragliere-marconista ed un pilota; l’armamento principale era costituito da un cannone controcarro 47/32 in torretta girevole con 87 colpi, quello secondario da 4 mitragliatrici Breda mod. 1938 calibro 8 mm, con un riserva di colpi pari a 2592 cartucce; le mitragliatrici erano così distribuite: una era abbinata al cannone, due alla casamatta, una era invece spostabile per il tiro contraereo o fuori dal carro. La corazzatura variava da un minimo di 6 mm ad un massimo di 42 mm. Il motore Fiat-Spa 8T M.40 diesel a 8 cilindri a V da 11.140 cm³ assicurava una velocità pari a 30 km/h su strada ed a 15 km/h su terreno accidentato, con un’autonomia pari a 210 km nel primo caso e 150 km nel secondo.

L’M40 rappresenta il primo carro che mise in serie difficoltà le forze nemiche, specialmente quelle inglesi nell’Africa settentrionale, e dati i brillanti risultati sul campo si decise di apportare migliorie a questo carro medio. Nel 1941 si dotò l’M40 di un motore più potente e questo portò ad un nuovo modello, l’M14/41; sempre nel 1941 gli M40 in servizio ed i nuovi M41 furono dotati di una ricetrasmittente, infine nel 1942 si sostituì il motore Fiat-Spa Diesel con uno a benzina: il nuovo M42 fu un carro caratterizzato da un forte aumento di manovrabilità e velocità.

A differenza dell’ L35, l’M40 (ed i successivi modelli) fu un carro capace di mettere in serie difficoltà le forze nemiche. Era tanto performante che gli inglesi in Nordafrica, in particolare durante lo scontro a Mechili, non riuscirono a far breccia nelle difese italiane gestite dal generale Valentino Babini (un esperto carrista, precedentemente comandante delle truppe pesanti italiane in Spagna) e della sua Brigata Corazzata Speciale. Battendo in ritirata, gli inglesi furono inseguiti dai carri M italiani (che si dimostrarono superlativi anche nella loro funzione di caccia anticarro) e quel giorno gli inglesi persero ben 35 unità pesanti: la sconfitta fu tanto cocente da far desistere gli inglesi dallo sfondare la linea italiana. Il successo dei mezzi italiani in Africa non potè che aumentare quando entrarono in servizio gli M42 ed anche quando, visto l’aumento delle forze nemiche divenuto quantitativamente schiacciante, fu necessario l’intervento dell’alleato tedesco, le truppe corazzate italiane non sfigurarono per niente accanto a quelle teutoniche, dimostrandosi protagoniste dell’avanzata sino ad El Alamein. Dopo che la guerra prese la ben nota piega a favore degli Alleati, gli M40 italiani continuarono a difendere i territori conquistati con effetti sempre più ridotti, sino alla definitiva resa delle truppe dell’Asse in Tunisia nel 1943.

Pasquale Piraino

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