Gli Alleati hanno davvero vinto la Seconda guerra mondiale?

Gli Alleati hanno davvero vinto la Seconda guerra mondiale? La meravigliosa e democratica coalizione ha davvero sconfitto il male assoluto?
Non sono domande pleonastiche visto la schizofrenia – a ben settantacinque anni dal termine delle ostilità – nel mettere in campo ogni mezzo (sempre democratico!) pur di “bannare” chiunque osi evocare dagli inferi uomini, donne e bambini che hanno avuto la sfortuna (o la fortuna, dipende dai punti di vista. Sempre che sia concesso averne) di vivere nella Germania degli anni ’30 e ’40. Sempre che non si tratti di “giusti”, perché in tal caso interviene una catarsi liberatrice solo nel nominarli.
Lasciamo stare le leggi emanate subito dopo il ’45 per evitare la ricostituzione di partiti che si richiamassero agli allora recentissimi regimi (in fondo avevano un senso. A quel tempo c’era ancora qualche sopravvissuto dai teatri di guerra che sarebbe stato in gradi di imbracciare un fucile e le ideologie non erano morte*).

Veniamo quindi a oggi, e alla successiva domanda: chi odia chi?
È una questione di prospettiva (ammesso e non concesso che non sia un reato soltanto il pensare a un mondo in cui esista la terza dimensione: l’altezza). Se è odio illustrare un mondo che fu e se lo è studiarlo affinché se ne scopra ogni sfaccettatura, allora si dovrebbe odiare l’intera Storia. Ma si sa benissimo che ciò non avviene. Non c’è bisogno che qui si scenda nel dettaglio di quante pagine del passato si sarebbero dovute strappare per non macchiarsi le mani di sangue nello sfogliarle e nemmeno che si rammentino gli “eroi” glorificati delle varie rivoluzioni e pseudo-liberazioni. Vero è che ai vincitori di ogni epoca è umano strizzare l’occhio, ma è altrettanto vero che non è raro che ad alcuni perdenti si sia concesso l’onore delle armi. Con un’eccezione. Un’eccezione che è stata – e lo è costantemente oggi – giustificata. Ma può “quel” passato odiare? Possono “quei” defunti odiare? No, non possono! L’odio è un sentimento che necessita di sostanza vivente. Quindi non è “quel” passato che odia, ma sono – i viventi – che odiano “quel” passato. E chi non lo fa – perché non ha ragione di farlo, perché è uno studioso o anche perché non vede solo il male – è anch’egli vittima della stessa sorte. Quindi si odia tanto “quel” passato, quanto il presente quando non odia. È evidente, pertanto, chi odia chi.

Ma qual è la ragione di questo odio?
Ne esiste una, quella più evidente e costantemente ripetuta, che serve da motivazione immediata. Un mantra di anni, di mesi, di giorni che non necessita di particolari conoscenze storiche, che va diritto allo stomaco della massa. Un’esposizione di fatti che fagocita tutto e non lascia spazio a niente. Non è permessa alcuna libertà di movimento intellettuale in questo museo degli orrori. Tutto è cristallizzato a quei giorni del ’45. E così deve restare. Alcuni hanno cercato di mettere in discussione i reperti: sappiamo come è andata a finire. Lo hanno fatto in nome della ricerca storica o erano invece di quella sottospecie di zombie neonazi giunti da un passato che nemmeno conoscono e perfetti per accreditare ipotesi fantasiose di un ritorno dei morti viventi? Basterebbe scorrere le biografie di quegli studiosi per avere una risposta. Anzi per averne anche una seconda: perché fossero tanto pericolosi. E qui i destini degli studiosi e delle macchiette si separano: gli uni perseguitati, gli altri spesso liberi (salvo quando non esagerano) a far da comparse – spesso inconsapevoli – di un teatro dell’assurdo. Ma qui si separa anche il destino di chi, invece di fossilizzarsi in una ricerca che viene ostacolata con ogni mezzo – non da ultimo legislativo -, si dedica alla scoperta dell’altra ragione di quell’odio sopracitato. Della ragione più… “sottile”.
Ed è qui che si spalanca un passato che non può che non essere combattuto. Un passato in cui la parola “popolo” in ogni sua declinazione è centrale. Un passato di “socialismo” e “nazionalismo” tutt’altro che marxista, tutt’altro che patriottardo. Un passato di riforme.
Halt! Achtung Minen!
Gli organismi di vigilanza ci mettono poco, davvero poco, a percorrere la strada dell’imputazione per apologia. Quindi occorre esporre con distacco. Non parlare in prima persona, ma far parlare il passato.

«Ciò che essi odiano, è la Germania che offre un “cattivo” esempio, innanzitutto la Germania sociale, la Germania della nostra legislazione sociale del lavoro, che odiavano già prima della guerra mondiale, e che odiano ancora oggi. È la Germania dell’assistenza che odiano, la Germania della compensazione sociale; è la Germania del superamento delle differenze di classe che odiano! La Germania che odiano è quella che per sette anni si è sforzata di consentire ai suoi cittadini una vita decorosa! La Germania che odiano è quella che ha eliminato la disoccupazione che essi, con la loro ricchezza, non sono invece riusciti a sconfiggere! La Germania che sulle proprie navi offre un alloggio decente agli operai, ai marinai, è ciò che essi odiano, perché hanno la sensazione che il loro stesso popolo potrebbe esserne contagiato! E odiano perciò anche la Germania della legislazione sociale, quella che festeggia il Primo Maggio come giorno nazionale del lavoro; la odiano! Odiano la Germania che ha avviato la battaglia contro le classi. Questa Germania la odiano proprio. Odiano perciò innanzitutto anche la Germania sana, la Germania della salute pubblica, la Germania che si occupa dei suoi Volksgenossen, la Germania che lava i bambini, quella dove i bambini non hanno i pidocchi e che non tollera cattive abitudini: come ora ammettono sulla loro stampa, questa è la Germania che odiano!». Da Adolf Hitler, Discorsi. La lotta per la libertà della Grande Germania, Thule Italia editrice, 2019, Roma

Sì, far parlare il passato, ma a bassa voce, purché non si disturbi il mondo di pace, di equità sociale, di appagamento che con tanta fatica è stato creato. Sì, ma senza esagerare. Perché anche un’immagine di volti sorridenti può turbare quelle certezze così faticosamente raggiunte. E allora:

Gli Alleati hanno davvero vinto la Seconda guerra mondiale? La meravigliosa e democratica coalizione ha davvero sconfitto il male assoluto?

Restare liberi è il peggior sgarbo che possiamo fare.
Marco Linguardo

(*) L’affermazione che le ideologie siano morte, poi, non è detto che sia veritiera.

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